Il Tar sconfessa il Consiglio di Stato

Può una questura rifiutare il rinnovo di un porto di fucile per caccia perché 56 (cinquantasei) anni prima il possessore commise un reato “bagatellare”? Per il Tar, no!

L’ormai grottesca vicenda dei “motivi ostativi” al rilascio o al rinnovo di un porto d’armi per chi abbia precedenti remotissimi nel tempo si arricchisce di un nuovo capitolo, questa volta per fortuna favorevole al malcapitato cacciatore. In questo caso, la questura di Trento aveva deciso di non rinnovargli il porto di fucile all’inizio del 2016, dopo decenni di rinnovi, perché nel 1960, appena 18enne, fu sorpreso “in atteggiamento di caccia” senza avere la licenza e condannato a 5 giorni di reclusione e 3.200 lire di ammenda. Non era ancora capitato, fino a questo momento, che una questura ritirasse o non rinnovasse un porto d’armi per vicende risalenti addirittura a 56 anni prima! Ma tant’è. Il cacciatore, tuttavia, non si è dato per vinto e, come riferito dall’edizione on-line dell’Adige, ha fatto ricorso al Tar, il quale ha annullato il provvedimento della questura argomentando che la “valutazione non debba essere di diniego automatico a fronte di una condanna ostativa, ma si deve valutare se l'imputato avrebbe potuto beneficiare della conversione in pena pecuniaria”.

In questo caso i giudici nell'accogliere il ricorso hanno tenuto conto della particolare tenuità del fatto. La sentenza penale "ostativa" era stata pronunciata dal pretore di Pergine il 24 febbraio 1961. “L'odierno ricorrente – si legge in sentenza – era stato sorpreso, nell'anno 1960, appena compiuto il diciottesimo anno di età, "in attitudine di caccia", recando con sé un fucile di caccia e sprovvisto della licenza di porto d'armi, e per tale fatto condannato, per la contravvenzione prevista dall'art. 699 c.p., alla pena di cinque giorni d'arresto, a fronte di una pena edittale detentiva all'epoca stabilita, per tale reato, "fino a sei mesi", ottenendo altresì il beneficio della non menzione”. All'epoca non era possibile la sostituzione della pena detentiva in pecuniaria, ma certamente l'allora giovane cacciatore era ampiamente entro il limite previsto dalla norma introdotta nel 1981. “Per quel che riguarda le modalità della condotta e l'entità del danno – sottolineano i giudici – esse appaiono oggettivamente circoscritte a profili di particolare tenuità, dovendosi altresì considerare, sotto un aspetto soggettivo, la giovane età dell'autore e la non abitualità del comportamento sanzionato”. Dunque in questo caso secondo il Tar “il diniego al rinnovo della licenza di porto d'armi non poteva essere disposto semplicemente in relazione alla natura "ostativa" del risalente reato per il quale il ricorrente aveva riportato la condanna, dovendosi invece ritenere l'autorità di pubblica sicurezza gravata dall'onere di considerare e valutare anche tutte le circostanze che hanno connotato la fattispecie”.