Il giornale di Vicenza si è occupato di caccia, con una lunga intervista a Maria Cristina Caretta, presidente di Confavi: alla domanda sul perché i cacciatori siano considerati un po’ rozzi, la Caretta risponde: “Si tratta di un luogo comune e rappresenta il risultato di un approccio culturale sbagliato, frutto di una scarsa conoscenza della realtà di cui si parla. Chi pratica l’attività venatoria senza ombra di smentita è una persona dalla fedina penale perfettame…
Il giornale di Vicenza si è occupato di caccia, con una lunga intervista a
Maria Cristina Caretta, presidente di Confavi: alla domanda sul perché i
cacciatori siano considerati un po’ rozzi, la Caretta risponde: “Si tratta di
un luogo comune e rappresenta il risultato di un approccio culturale sbagliato,
frutto di una scarsa conoscenza della realtà di cui si parla. Chi pratica
l’attività venatoria senza ombra di smentita è una persona dalla fedina penale
perfettamente pulita, requisito essenziale perché gli venga rilasciato il Porto
d’armi dalle autorità competenti. Quanti tra gli appartenenti al frastagliato
arcipelago delle organizzazioni animal-ambientaliste può vantare in modo così
omogeneo tali credenziali? L’ho constatato più volte: chi più contesta la
caccia, meno la conosce. Chi caccia è un ambientalista per definizione, perché
tutela l’ambiente, ma non per moda bensì per necessità. Ogni cacciatore sa che
se non c’è ambiente non ci può essere fauna e se non c’è fauna non ci può
essere neppure attività venatoria. Condizione indispensabile quindi per poter
garantire un futuro all’esercizio dell’attività venatoria è la salvaguardia del
patrimonio ambientale. È molto più facile prendersela con i cacciatori che
scagliarsi contro i colossi della chimica, dal momento che i principali
finanziatori di monte di queste organizzazioni animal-ambientaliste sono
proprio le multinazionali che disseminano di veleni l’ambiente a danno non solo
della fauna selvatica e dell’ambiente, ma anche della salute dei cittadini”.
