Le armi dell’attentatore erano fai-da-te

La direttiva Ue mette pastoie ai legali detentori di armi, i pazzi invece (come in Germania) le armi…. se le costruiscono da sole in barba a ogni pastoia!

Sarebbe quasi comico, se non fosse che, purtroppo, anche questa volta ci sono andate di mezzo persone innocenti: ieri in Germania un esaltato (pare) di estrema destra ha cercato di assaltare una sinagoga, senza riuscirci, ha quindi colpito a morte due passanti e ferito altre due persone prima di essere catturato dalla polizia. Le armi da lui utilizzate, guarda caso, non hanno in alcun modo “risentito” delle limitazioni introdotte ai legali detentori di armi in seguito all’approvazione della direttiva 2017/853, né avrebbero potuto essere in alcun modo influenzate da una qualsiasi disposizione draconiana rivolta ai legali detentori di armi: semplicemente perché tali armi sono… autocostruite. Sono, cioè, state realizzate artigianalmente dallo stesso attentatore, utilizzando sia componenti metalliche, sia polimeriche, queste ultime apparentemente realizzate con stampanti 3D. La risposta da parte dei benpensanti è, ovviamente, concentrata sul pericolo costituito dalle stampanti 3D, senza evidentemente soffermarsi sul fatto che le parti fondamentali delle armi erano realizzate in metallo e che le parti realizzate mediante stampaggio 3D potevano essere ottenute con la medesima facilità anche con sistemi di lavorazione tradizionali (anche, banalmente, intagliando del legno).

La direttiva 2017/853 ha avuto una genesi di anni: rispetto all’obiettivo ufficialmente prefissato, cioè quello del contrasto al terrorismo, risulta invece dedicata appositamente al disarmo o, quantomeno, a rendere più difficile la vita per i legali detentori e per le aziende produttrici, senza alcuna significativa contropartita in termini di sicurezza pubblica. Questo cosa vuol dire? Semplicemente che la soluzione al problema del terrorismo prescinde dalla ottusa banalità delle limitazioni sugli strumenti e richiede, invece, una analisi più ampia (ma anche, forse, meno spendibile demagogicamente per la classe politica) sul livello culturale dell’insegnamento scolastico (che è cosa diversa dai meri programmi didattici), sul rapporto tra il centro e le periferie delle grandi città, sull’effettiva integrazione dei flussi migratori e sugli altri mille problemi sociali della nostra vita occidentale. Finché non si comincerà a ragionare in termini ampi e concreti, ma solo in termini ristretti e ideologicamente orientati, si continuerà a proibire da una parte, a chi già la legge la rispetta. E, dall’altra, si continuerà a morire.