L’arma è denunciata… ma non basta!

Non basta che l’arma sia denunciata per evitare guai in caso di verifica da parte dell’autorità: due sono (purtroppo) gli errori comuni compiuti specialmente da chi non ha dimestichezza con la normativa in materia di armi

Effettuare la denuncia dell’arma all’autorità di pubblica sicurezza è uno degli elementi chiave legati al possesso legittimo di armi, immediatamente (entro 72 ore) successivo all’acquisto. La denuncia non ha, tuttavia, una specifica scadenza nel tempo, ne consegue che possono trascorrere anche anni senza che venga rinnovata (se il detentore non vende le sue armi e non ne acquista di nuove). E in questi anni, possono succedere diverse cose che possono determinare conseguenze, se non si adotta la necessaria diligenza. Tra gli appassionati d’armi senz’altro sono tutti consapevoli della normativa e delle sue regole, tuttavia purtroppo più spesso di quanto si potrebbe pensare, si riscontrano tra coloro che detengono armi “regolarmente denunciate” almeno due distinti errori che possono costare cari. Ma quali sono?

Uno degli errori più comuni che vengono commessi in perfetta buona fede si riscontra quando il detentore di armi cambia casa e, di conseguenza, cambia anche l’indirizzo nel quale le armi sono detenute. In tanti, troppi casi il detentore non si preoccupa di rinnovare la denuncia con l’attuale indirizzo, presso l’autorità di pubblica sicurezza territorialmente competente, pensando che “tanto le armi sono denunciate”. Purtroppo non funziona così, l’articolo 58 del regolamento di esecuzione al Tulps (regio decreto 6 maggio 1940, n. 635) lo precisa esplicitamente, stabilendo che “In caso di trasferimento del detto materiale da una località all’altra del Regno, salvo l’obbligo di cui all’art. 34, 2° comma della legge, il possessore deve ripetere la denuncia di cui all’art. 38 della legge nella località dove il materiale stesso è stato trasportato”. Anche l’articolo 38 Tulps (regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), modificato dal decreto legislativo 204 del 2010, specifica che “La denuncia di detenzione di cui al primo comma deve essere ripresentata ogni qual volta il possessore trasferisca l’arma in un luogo diverso da quello indicato nella precedente denuncia”.

La logica sottesa a questo obbligo è abbastanza semplice da capire: lo scopo per il quale l’autorità di Ps chiede al cittadino di denunciare il possesso dell’arma è che si ha la necessità di sapere in ogni momento dove l’arma si trovi. Ed è chiaro che per riuscire a sapere questo, la denuncia (copia della quale è conservata agli atti dall’ufficio territorialmente competente di Ps) deve contenere l’indirizzo attuale delle armi e non quello di (ipotesi) vent’anni fa.

La sanzione prevista per il mancato aggiornamento della denuncia, secondo la recente giurisprudenza è quella prevista dall’articolo 17 del Tulps, che prevede l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 206 euro. Ne consegue anche che è lecito attendersi il sequestro delle armi e la revoca delle relative autorizzazioni.

Un altro caso molto frequente, purtroppo, è quello in cui il detentore di armi viene a mancare e gli eredi conservano le armi del defunto senza preoccuparsi di nulla perché, tanto, “sono denunciate”. Sì, ma sono ancora denunciate in capo al defunto! Appare evidente che la stessa logica secondo la quale l’autorità di pubblica sicurezza ha bisogno di sapere in ogni momento dove siano le armi, ispira anche la necessità che le armi medesime risultino intestate a una persona vivente, che ne è responsabile. In questo caso, uno dei fattori che può salvare gli eredi da pesanti conseguenze è il fatto che, spesso, l’arma che possedeva il defunto è sepolta in qualche baule o in soffitta con gli altri suoi effetti personali e i parenti neanche sono a conoscenza della sua esistenza. Nel caso, però, in cui gli eredi siano a conoscenza dell’esistenza delle armi e non provvedano a regolarizzarle a proprio nome, allora può configurarsi addirittura il reato di detenzione abusiva di armi severamente punito dagli articoli 2 e 7 della legge 895/67.

Quando si decide di cambiare casa e si prevede di portare le armi con sé, c’è una specifica procedura per fare le cose nel rispetto delle regole. È importante ricordare che, quando si arriva nel nuovo indirizzo, la nuova denuncia dovrà essere presentata immediatamente all’autorità di Ps territorialmente competente (quindi, per esempio, se le armi vengono trasferite nel pomeriggio del giorno X, la denuncia andrà presentata il mattino seguente) e non entro le 72 ore (perché le armi in realtà sono già nella “materiale disponibilità” del proprietario).

Per quanto riguarda le armi possedute da un parente che viene a mancare, in teoria varrebbe la regola di regolarizzarne la posizione, denunciandole in capo a uno degli eredi, entro le 72 ore (ma se si parla di rinvenimento di armi delle quali non si conosceva l’esistenza, l’articolo 20 della legge 110/75 parla addirittura di “effettuarne immediatamente il deposito presso l’ufficio locale di pubblica sicurezza”). Diciamo “in teoria” perché ci fa piacere pensare che neanche il più ottuso burocrate di questo mondo abbia il coraggio di andare a contestare il reato a un figlio o a una moglie che ha perso il proprio caro tre o quattro giorni prima, visto che evidentemente ci sono cose più urgenti alle quali dover provvedere e dovrà pur ancora esistere a questo mondo un briciolo di umana comprensione per il cordoglio.

Ciò premesso, appare evidente che la cosa non debba essere protratta oltre misura. In questi casi la soluzione corretta è quella di far presente, senza spostare le armi, l’esistenza delle armi stesse (con le relative denunce intestate allo scomparso, se presenti) all’autorità di pubblica sicurezza, che provvederà a ritirarle e a conservarle presso i propri uffici nell’attesa che l’erede designato faccia i necessari documenti per potersele intestare oppure indichi un soggetto in possesso di un porto d’armi al quale farle intestare.

È prassi di molte questure, se vi sono più coeredi (per esempio tre fratelli e a essere scomparso è il padre), consentire che uno dei coeredi si intesti le armi solo a fronte di una dichiarazione esplicita di rinuncia all’eredità da parte degli altri coeredi. In realtà a nostro avviso tale prassi è del tutto illegittima, in quanto il compito dell’autorità di Ps è quello di accertare che le armi vengano intestate a un soggetto che abbia i requisiti per detenerle. I risvolti legati al diritto civile per quanto riguarda l’eventuale divisione ereditaria non sono di pertinenza dell’autorità di Ps ma riguarderanno, eventualmente, le parti. Occorre tra l’altro ricordare che secondo il nostro ordinamento giuridico una rinuncia all’eredità “parziale”, quindi specifica per le sole armi da fuoco, è assolutamente nulla, come anche qualsiasi rinuncia all’eredità che sia sottoposta a condizione o a termine.