Cz Vz 38 calibro 9 corto: una Doppia azione tormentata

Quella della Vz 38 cecoslovacca è una delle storie più particolari, nel panorama delle armi corte per impiego militare: sia per il suo travagliato excursus produttivo, complice la concomitante invasione della Cecoslovacchia da parte della Germania di Hitler, sia soprattutto per le sue inusuali caratteristiche tecniche, a partire dallo scatto in sola Doppia azione senza sicure manuali, una assoluta anomalia per gli anni Trenta, in anticipo di decenni rispetto a tendenze che oggi vengono considerate normali. Per tutti questi motivi e considerando il non elevato numero di esemplari prodotti (circa 45 mila in tutto), rappresenta indubbiamente un interessante pezzo da collezione per l’appassionato di armi militari del XX secolo. Abbiamo avuto la possibilità di fotografarne un esemplare in eccellenti condizioni, facente parte di una importante collezione di armi venatorie, sportive ed ex ordinanza di pregio che la Tfc di Villa Carcina (Bs) sta gestendo.

Una storia tormentata
Alla metà degli anni Trenta, l’esercito cecoslovacco aveva già in servizio una pistola semiautomatica di produzione nazionale, rappresentata dal modello Vz 24 in calibro 9 corto, realizzata dall’evoluzione di un progetto del tedesco Josef Nickl, noto per aver concepito numerosi progetti per la leggendaria Mauser.

Si tratta di un’arma tutto sommato ben concepita che, tuttavia, raccolse nel tempo alcune lamentele da parte dei reparti che la ricevettero in dotazione, principalmente focalizzate sulla sensibilità allo sporco e alla mancanza di regolare manutenzione e alla scarsa prontezza di impiego con particolare riferimento allo scatto in sola Singola azione. Per questo motivo, già nel maggio del 1936 si svolse un incontro tecnico preliminare tra i vertici dell’esercito cecoslovacco e con la partecipazione di Frantisek Myska in rappresentanza della Cz di Strakonice. Myska è stato uno dei più importanti progettisti della Cecoslovacchia, già artefice della pistola Vz 27 in calibro 7,65 mm, derivata dalla Vz 24 ma con significative semplificazioni per equipaggiare la polizia e la gendarmeria. Uno dei punti fermi posti alla progettazione dell’arma corta di nuova generazione fu posto dal tenente colonnello Zelinka ed era rappresentato dal fatto che l’arma avrebbe dovuto avere uno scatto in Doppia azione, come già l’azienda aveva sperimentato con successo con il modello 35 (poi presentato sul mercato commerciale come Vz 36) tascabile in 6,35 mm.

I primi campioni sperimentali furono prodotti nella seconda metà del 1936 e prevedevano un design molto particolare: per agevolare al massimo lo smontaggio e la manutenzione, la canna era incernierata al telaio in corrispondenza della volata e il carrello, destinato a scorrere intorno a essa, poteva essere agevolmente sganciato dalle proprie guide di scorrimento sul fusto semplicemente azionando un cursore laterale. Il design fu ulteriormente affinato nel corso del 1937 e, per il 20 dicembre di quell’anno, fu ordinato da parte del ministero della Difesa un lotto pilota di 25 esemplari, con 2 caricatori per ciascuna arma, al costo di 55.250 corone. La produzione fu eseguita nel gennaio del 1938 e questi esemplari furono assegnati in valutazione a 12 diversi reparti, individuati dallo Stato maggiore della Difesa che, in una riunione del 15 marzo 1938, valutò anche il prevedibile fabbisogno, identificandolo in circa 40 mila esemplari. Il 29 marzo del 1938, le indicazioni ricevute dai reparti furono compendiate in un elenco di perfezionamenti, riguardanti alcuni malfunzionamenti riscontrati nell’impiego. Il 9 aprile dello stesso anno, fu convocata una commissione tecnica, che dispose una valutazione comparativa rispetto alla Vz 24 d’ordinanza nel corso della quale furono identificate e risolte le cause dei malfunzionamenti riscontrati con gli esemplari di pre-serie. La commissione fu nuovamente convocata per il 30 aprile 1938, nell’occasione fu approvata l’entrata in servizio della nuova pistola con la denominazione Vz 38, l’adozione fu ufficializzata con un apposito provvedimento dell’esercito il 1° giugno 1938. In un successivo provvedimento della metà di giugno, il ministero della Difesa dispose che la commessa di 40 mila esemplari fosse interamente evasa entro il 30 giugno del 1939.

L’invasione e le commesse
In realtà, solo 20 esemplari di pre-serie, con matricolazione compresa tra 250042 e 250061 (la serie matricolare era stata fatta iniziare convenzionalmente da 250000) furono consegnati per i test di approvazione, entro l’11 marzo 1939. Il 14 marzo 1939, Adolf Hitler annunciò l’invasione della Cecoslovacchia a uno sbigottito presidente Emil Hácha (al quale era stato donato l’esemplare con matricola “1” in finitura lusso, oggi conservato al museo dell’esercito di Praga) e le truppe della Wehrmacht completarono l’occupazione già il 16 marzo. La macchina logistica nazista considerò, tuttavia, utile proseguire la produzione dell’arma secondo i piani stabiliti, visto che l’attrezzamento dei macchinari all’uopo predisposti era già pronto. Il primo lotto di 2 mila esemplari fu completato entro la fine del luglio 1939 e alla fine di agosto i primi 4.100 esemplari furono inviati all’heereszeugamt di Ulm, per l’accettazione. In servizio. Con l’adozione ufficiale da parte delle forze armate tedesche, il 29 febbraio 1940, la denominazione dell’arma secondo la terminologia ufficiale germanica fu mutata in “Pistole 39(t)”, laddove la “t” rappresentava l’indicazione del Paese di produzione (tschechisch). La produzione fu completata nel dicembre del 1939, con la realizzazione di un totale di 41.314 esemplari. A questi, va aggiunta una ulteriore produzione di 1.000 esemplari realizzata dietro richiesta del Reichsarbeitsdienst (organizzazione del Reich destinata alla gestione del servizio lavorativo obbligatorio dei giovani, abbreviato Rad): i primi 300 esemplari furono consegnati al Rad nel luglio del 1940 e alla fine dello stesso anno fu completata la commessa con gli ulteriori 700 pezzi.

Si parla anche di un ulteriore ordine di 3.000 esemplari per la luftwaffe (l’aeronautica militare tedesca), ma gli esemplari compresi nel range matricolare dichiarato dalle fonti consultate (tra 240000 e 243000) fanno in realtà parte della commessa per la polizia bulgara (si veda lo specifico riquadro nell’articolo). Sono anche noti sul mercato collezionistico ulteriori esemplari, probabilmente assemblati sul finire del secondo conflitto mondiale da semilavorati, sprovvisti di scritte e matricolazione ma dotati di accettazione waffenamt tedesca “WaA76”. Le 41 mila armi prodotte sotto controllo tedesco sono, invece, tutte dotate delle classiche accettazioni cecoslovacche, costituite da un leone rampante su canna e otturatore, dalla sigla “E7”, dal leone rampante e dalla data “39” sul lato destro del telaio. Si trovano sul mercato collezionistico, di tanto in tanto, anche esemplari con waffenamt delle SS, sui quali però sono stati avanzati dubbi di originalità.

Un ridotto quantitativo di esemplari, pari a soli 1.731, fu ceduto alla Finlandia che, in quel periodo, era alla disperata ricerca di armi corte e lunghe per contrapporsi all’invasione da parte dell’Unione sovietica e per la successiva guerra di continuazione: queste armi (delle quali fa parte l’esemplare fotografato in questo servizio) si possono riconoscere per il punzone “SA” inscritto in un rettangolo (suomen armejia) apposto dall’esercito finlandese, sia sul telaio, sia sul fondello del caricatore.

Come è fatta
La Vz 38 è una pistola semiautomatica di concezione estremamente inusuale per l’epoca: è costituita da un telaio-impugnatura, all’estremità anteriore del quale è incernierata la volata della canna, che può quindi basculare verso l’alto e in avanti ma resta sempre solidale al telaio. Intorno alla canna scorre il carrello-otturatore, che è agganciato al fusto per mezzo di una guida che può essere sganciata azionando un pulsante posto sul lato sinistro del telaio medesimo. Quindi, dovendo smontare l’arma per la manutenzione ordinaria, si spinge in avanti il pulsante e si ruota il complesso canna-otturatore verso l’alto, a quel punto è possibile semplicemente sfilare l’otturatore dalla canna e il gioco è fatto. La molla di recupero resta inserita nel fusto, agisce sull’otturatore per mezzo di un guidamolla coassiale che si aggancia per mezzo di un piolo sporgente, al quale fa riscontro un foro all’estremità anteriore del carrello. Sollevando il gruppo canna-otturatore, quindi, cessa il vincolo con la molla di recupero, che viene ripristinato richiudendo il complesso e riagganciando l’otturatore alla sua guida di scorrimento.

L’arma non prevede alcuna sicura manuale, il cane è di tipo esterno con cresta rotonda, sprovvista di qualsivoglia rigatura o zigrinatura di presa, visto che non è contemplato il funzionamento in Singola azione. Il cane prevede un dente inferiore che funge da monta di sicurezza, che si ingaggia con lo scarrellamento e ha il compito di tenere il cane leggermente staccato dal percussore. Premendo il grilletto, la barra di scatto sul lato sinistro aggancia un piolo laterale sul cane e lo trascina in armamento, finché non interviene lo scappamento che lo sgancia e ne consente l’abbattimento sul percussore, determinando la partenza del colpo. Il movimento retrogrado del carrello aziona il disconnettore che abbassa la barra di scatto, consentendo il reingaggio del piolo del cane rilasciando il grilletto. Il sistema di scatto è estremamente elementare e facilmente accessibile, facendo scorrere la cartella di protezione sul lato sinistro del fusto verso il basso sulle proprie guide a coda di rondine, dopo aver rimosso l’impugnatura in bachelite vincolata al fusto per mezzo di una vite per lato. Il percussore è vincolato al carrello per mezzo di una piastrina a ghigliottina, semplice da sfilare anche sul campo nell’eventualità di una necessità di manutenzione straordinaria. L’estrattore è invece spinato al carrello ed è visibile sul lato destro di quest’ultimo.

La canna è lunga 119 mm e la lunghezza totale, appena inferiore ai 200 mm, qualifica questa Vz 38 quasi come una full size in 9×19 mm: invece, il calibro adottato è il medesimo della Vz 24, cioè il 9×17 mm o 9 corto o .380 auto per dirla all’americana. Il caricatore è monofilare, della capacità di 9 colpi (uno in più rispetto alla Vz 24 di serie, ma fu realizzato un piccolo lotto di armi modificate per avere capacità di 9 colpi), il sistema di chiusura è a massa semplice, soluzione pressoché ubiquitaria all’epoca con questo calibro. Il caricatore è vincolato all’arma per mezzo del classico dente a molla alla base dell’impugnatura, appena alle spalle di esso si trova l’anello per il fissaggio dell’eventuale correggiolo in cuoio da passare intorno al collo del tiratore per scongiurare lo smarrimento accidentale dell’arma nella foga della battaglia. Gli organi di mira sono tipici dell’epoca, costituiti da un mirino a mezzaluna fresato sul blocco incernierato della volata della canna, e da una tacca di mira a “U” innestata a coda di rondine sul carrello. Le finiture sono di buon livello, coperte da una bella brunitura blu scuro, lucida.

Un giudizio retrospettivo
Lo scatto in sola Doppia azione rappresenta pressoché un unicum tra le armi militari semiautomatiche del XX secolo, indubbiamente semplifica, e di molto, la meccanica dell’arma e consente una assoluta prontezza di impiego (a patto di tenere il colpo in canna), congiunta a una notevole sicurezza d’uso, molto superiore rispetto a una qualsiasi semiautomatica con Azione mista facoltativa e sicura manuale. Proprio l’assenza di sicure manuali garantisce la massima velocità e istintività d’uso in situazioni di concitazione. Per contro, lo scatto in Doppia azione è molto pesante (oltre 5.000 grammi), il che non consente più di tanto buone prestazioni in termini di precisione intrinseca, anche se ovviamente con il debito affiatamento e un regolare allenamento sia possibile ottenere risultati più che sufficienti per le normali distanze previste d’impiego.

La procedura di smontaggio, in pratica senza alcuna componente sfusa a parte il carrello otturatore, è avanti di decenni rispetto alla propria epoca e resta un caposaldo assoluto della progettazione.

Perché non ebbe fortuna? Al di là delle caratteristiche dello scatto e della meccanica in sé e degli indubbi pregi progettuali (che si riverberano anche sulla facilità di produzione in serie), il principale motivo per il quale la macchina bellica tedesca non ritenne di avvantaggiarsi di quest’arma è da identificarsi nella peculiarità del calibro utilizzato, cioè il 9 corto, che non faceva parte in sostanza della catena di produzione militare germanica dell’epoca. Come è noto, il calibro “ufficiale” delle armi corte tedesche (nonché delle pistole mitragliatrici) era il 9×19 mm, ma in subordine il calibro più utilizzato era il 7,65 mm Browning, per il quale erano in servizio un notevole numero di semiautomatiche tedesche, quali le Walther Pp e Ppk, Mauser 1934 e più tardi Hsc, Sauer 38H e così via. Quindi, non stupisce che sotto il controllo nazista sull’opificio di Strakonice si sia preferito far uscire per tutta la durata del conflitto il maggior numero possibile di pistole Vz 27, piuttosto che le Vz 38. Così come non stupisce che in Italia, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, a fronte di poco meno di 20 mila pistole Beretta 34 prodotte sotto controllo tedesco, il quantitativo di Beretta 35 in 7,65 mm realizzato sia stato di oltre 100 mila esemplari. Ciò nonostante, nel corso del conflitto le fabbriche tedesche di munizioni hanno prodotto a livello militare anche il 9 corto, persino con bossolo in ferro laccato, ma si è trattato di una produzione in piccola serie.

L’articolo completo su Armi e Tiro di dicembre 2021

 

Scheda tecnica
Produttore: Ceska Zbrojovka, Strakonice
Modello: Vz38
Calibro: 9 corto
Funzionamento: semiautomatico, chiusura labile
Alimentazione: caricatore amovibile monofilare
Numero colpi: 9
Lunghezza canna: 119 mm
Lunghezza totale: 195 mm
Altezza: 143 mm
Spessore: 29 mm
Scatto: sola Doppia azione (Singola e Doppia azione per la variante bulgara)
Percussione: cane esterno
Sicura: monta di sicurezza sul cane (sicura manuale a leva sulla variante bulgara)
Mire: mirino fisso, tacca di mira innestata a coda di rondine
Materiali: acciaio al carbonio, guancette in bachelite
Finiture: brunitura nera lucida
Peso: 910 g
Qualifica: arma comune da sparo
Quantità prodotte: circa 45.000 esemplari