Selezione nelle aree urbane: come stanno le cose?

In questi giorni, con l’approvazione della legge di bilancio è venuto alla ribalta uno dei provvedimenti che essa contiene, che non ha nessun legame con la finanza appunto, ma riguarda la possibilità di intervenire al controllo delle specie di fauna selvatica che infestano le aree urbane e cittadine. Con estensione anche alla possibilità di intervenire in “zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane. Anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto”. Aggiunge “Qualora i metodi di controllo impiegati si rilevino inefficaci, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono autorizzare piani di controllo numerico mediante abbattimento e cattura” con parere affermativo dell’Ispra riguardo l’attuazione del metodo. Tutto questo per “tutela della biodiversità” e la “tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale”. Ci si può “altresì avvalere delle guardie venatorie, degli agenti dei corpi di polizia locale, con l’eventuale supporto, in termini tecnici e di coordinamento” del “comando unità per la tutela forestale dell’arma dei Carabinieri” e possono essere “attuati dai cacciatori iscritti negli Atc o comprensori alpini delle aree interessate previ corsi di formazione”. Facile capire che si intendano autorizzare i cosiddetti selecontrollori, ovvero cacciatori autorizzati alla caccia agli ungulati con arma rigata perché abilitati a tale forma di prelievo.

Su tali parole si è scatenata la grancassa animalista o pseudo protezionista, affermando che noi cacciatori saremmo autorizzati a fare caccia autonoma per strade, vie, piazze e sparare a tutto. In primis lupi, orsi, volpi e altri animali appartenenti alla fauna protetta. Sono decine gli articoli che mistificano tale provvedimento. E altrettante le reti televisive, locali e nazionali, che mandano in onda lamenti animalisti dei vari componenti l’arcipelago, a cominciare dal verde Angelo Bonelli, che lanciano l’allarme sicurezza per i cittadini e l’allarme strage per tutti questi animali sopraelencati. La disinformazione viaggia a mille, e qui si apre anche l’ennesima indegna pagina nei confronti del giornalismo. Che può essere anche di parte. Ma non può assolutamente, proprio per la sua doverosa osservanza al codice deontologico, cambiare la realtà di un provvedimento e buttarlo in pasto ai cittadini che naturalmente rispondono, nelle tante interviste, preoccupati per gli spari nelle piazze e per le stragi di animali protetti. Il giornalismo appunto ha il dovere di approfondire le notizie e riportarle esattamente, ed eventualmente dopo fare i propri commenti. Ma non stravolgere a proprio piacimento quanto è scritto o quanto avviene.

Al di là di questo noi possiamo solo dire, in relazione al provvedimento, ”finalmente”. È normale che dopo i disastri “parcologici” che hanno provocato invasioni di tanti animali nelle aree urbane, proprio per mancanza di controllo e di abbattimenti nelle troppe aree chiuse all’attività venatoria, finalmente ci si sia arrivati.

Il che non significa affatto che noi selecontrollori potremmo uscire la mattina e recarci a Piazza del Popolo a Roma e metterci a sparare ai cinghiali cittadini. O farlo con eventuali orsi di passaggio e lupi metropolitani. Per le volpi, ci dispiace denunciare la disinformazione, voluta e pretestuosa, di chi paventa il “pericolo abbattimento”: la volpe è sempre stata cacciabile.

Ancora una volta tali provvedimenti sottolineano il fallimento dell’animalismo “religioso”, che si è appropriato di intere aree nazionali per farci il bello e il cattivo tempo. E le amministrazioni urbane, che invece dei concertoni dovrebbero spendere i soldi per fare gestione dei rifiuti degna di questo nome, viste oltretutto le tasse che puntualmente vengono richieste ai cittadini. Per cui finiamola con la favola “dei cacciatori che hanno introdotto specie più prolifiche portandoli dall’Est”. E sulla fattibilità dell’eventuale esecuzione pratica degli abbattimenti, che, come ha spiegato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, “non è caccia ma controllo”. È abbastanza normale che, se ci sarà da intervenire con armi vengano chiamati a farlo i cacciatori selecontrollori. Che ci venga riconosciuto almeno questo. Se devo catturare e sedare un cavallo imbizzarrito chiamo un veterinario o il parroco? Se devo fare un trapianto cardiaco chiamo appunto un cardiochirurgo specializzato o mia zia commercialista? Se siamo additati come distruggitori della fauna significa che almeno siamo capaci di servirci di un’arma da caccia. Oltretutto questo reintroduce la questione dello status di “estinzione perenne” di certe specie, status che è tale solo per incentivare le donazioni alle associazioni animaliste. Se conoscono la Natura (ma la conoscono?) dovrebbero sapere che proprio per i suoi meccanismi è in continua evoluzione. E quello che oggi è in pericolo non lo è più magari dopo una ventina di anni. Per cui cambiano le regole e le priorità. Ma dietro l’estinzione perenne sappiamo bene quali interessi si muovono. Ed è ora che qualcuno li porti a galla.