Crepol e Dublino: il coltello è drammatico protagonista

Mentre il mondo dei legittimi possessori di armi arranca tra carta bollata, discrezionalità della pubblica amministrazione somministrata con il contagocce e la spada di Damocle di vedersi ritirare i titoli abilitanti al primo starnuto, il coltello continua a seminare vittime in tutta Europa.

Strumento immediato e letale, si presta a esercitare violenza estrema nelle mani di chiunque, dal preoccupante fenomeno delle bande giovanili al terrorismo, islamico e non

In Francia, a Crepol, un commando assalta un locale a caccia di “bianchi”
Nella notte di sabato 18 novembre, nel piccolissimo centro abitato di Crepol, non lontano da Grenoble, un gruppo di giovani provenienti dai quartieri periferici e disagiati della vicina Romans-sur-Isère (33 mila abitanti), ha atteso che volgesse al termine la festa del paese, che riuniva circa 450 persone, per poi assaltare all’arma bianca gli avventori, ferendo una ventina di persone e uccidendo un ragazzo di 16 anni. Inizialmente i media locali ipotizzavano una sorta di scontro tra bande, ma le testimonianze trapelate nei giorni successivi riferiscono di come più di uno tra gli appartenenti al commando abbia gridato frasi come “siamo a caccia di bianchi”. La notizia occasiona alcune riflessioni.

Come al Bataclan, ma con coltelli e mannaie
Il primo pensiero va al triste e impattante episodio del Bataclan di Parigi, nel novembre del 2015, anche perché la ricorrenza di eventi è dato da tenere sempre monitorato quando si è in “aria di terrorismo”. Anche nel caso di Crepol, come peraltro in molti altri, il target prescelto è un locale di intrattenimento, luogo ovviamente ad altissima frequentazione e di solito scarsamente presidiato, se non a fini di gestione della folla di avventori.

Sotto questo profilo l’evento di Crepol ricorda da vicino anche la strage compiuta alla discoteca di Reina di Istanbul la notte di capodanno del 2017, allorché un commando armato fece irruzione nel locale uccidendo 39 persone e ovviamente eliminando in primis la security del locale.

I presidi di sicurezza sono bersaglio primario e simbolico
Come nel caso del Reina e come in numerosissimi altri casi, il commando ha neutralizzato la sicurezza esterna al locale prima di accedervi e provare a massimizzare l’efficacia dell’azione.

Qualche considerazione sul punto:

  • rimuovere i presidi di sicurezza è ovviamente necessario per poter proseguire più o meno indisturbati nella propria azione criminosa.
  • la divisa (o comunque il ruolo di protezione di siti e persone ricoperto da ogni operatore della security) è obiettivo simbolico, poiché attaccare chi dovrebbe ricoprire il ruolo di difensore (cane da pastore, secondo linguaggio ormai noto divulgato efficacemente da Grossman) lancia un messaggio alle potenziali vittime (pecore) veramente di estrema loro vulnerabilità.

Modalità e strategie da vero jihad
In questo caso l’assalto è avvenuto con evidente scarsità di mezzi, se rapportato all’uso di armi automatiche del caso Bataclan, circostanza però che non ha frenato gli assalitori, che con coltelli e mannaie impiegati hanno comunque seminato morte e terrore.

Il coltello, come da tempo ormai è noto, è strumento di facile reperibilità e occultabilità, a bassissimo costo, acquisibile da chiunque in qualsiasi grande magazzino e letale nelle mani pressoché di chiunque. L’esito cruento del suo impiego, poi, è in grado di urtare la sensibilità di tutti e dunque in grado di seminare il messaggio di morte e terrore a livello globale, tramite la circolazione di notizie in tempo reale garantita dal web.

In ogni caso, le modalità con le quali è stato condotto l’attacco riprendono proprio il modus operandi più tipicamente appartenente all’attacco con armi da fuoco (shooting), azione ad alta potenzialità offensiva e tipicamente ascrivibile al novero degli attacchi suicidi, quantomeno nella forma del suicide by cop, vale a dire quella tipologia di azioni in cui l’assalitore mette in conto la propria morte per mano dell’intervento delle forze di sicurezza.

Questa volta, l’esito suicida sembra invece non essere stato perseguito, quasi seguendo alla lettera quanto pubblicato tempo fa da Daesh proprio in tema di stabbing, allorché caldeggiava anche la modalità “campagna duratura”, proprio attraverso attacchi condotti con l’intento di sopravvivere.

Sarà interessante capire l’origine di questo gruppo, spontanea oppure coordinata con altre realtà e reti.

I veri first responder
Come sempre, i primi soggetti in grado di frapporsi tra gli assalitori e le potenziali vittime sono stati i presenti all’evento.

In questo caso, tra l’altro, la cronaca riporta di una vera e propria compagine di persone che ha reagito all’evento, forse a testimoniare il fatto che si sta diffondendo la consapevolezza che, di fronte questa tipologia di eventi così capillari e in questa epoca, chi fa da sé fa per tre. I tempi di intervento delle forze di sicurezza, infatti, soprattutto nei piccoli centri non garantiscono il contenimento del numero di vittime quanto una reazione che si scateni immediatamente sul posto.

A Dublino un uomo accoltella i bimbi in uscita da scuola
Il 23 novembre, invece, in Irlanda un uomo naturalizzato irlandese ha accoltellato adulti e bambini all’uscita di una scuola elementare, mentre i bimbi venivano ordinati in fila per raggiungere un club doposcuola, dopodiché è stato fermato dai passanti. Un’adolescente e una maestra sembrano versare in gravi condizioni.

In questo caso le autorità sembrano per ora escludere il movente terroristico, ma l’episodio mostra certamente i tratti tipici di precisi intenti.

Come ad Annecy: quando il target sono i bimbi
L’episodio riporta immediatamente alla mente quanto perpetrato da Abdalmasih H, siriano di 31 anni, rifugiato da anni in Svezia, che ha impersonato il più macabro degli scenari antico-testamentari e interpretato alla lettera le indicazioni che organizzazioni come Daesh divulgano ormai da anni.

È ovvio che rivolgere un attacco verso creature indifese come bambini in tenera età rende lo scenario ancora più raccapricciante e impressionante, proprio in linea con l’obiettivo di diffusione massima del terrore tipico dei player jihadisti. È uno scenario che, inoltre, è in grado di attivare in tutti noi, occidentali cresciuti sotto l’effetto del modellamento di dottrine mediorientali, un’impressione ancor più radicata, perché si tratta di fenomeno assolutamente tipico di quella tradizione che, in un modo o nell’altro, è stata esportata in Occidente nella sua rivisitazione ellenistica, vale a dire il cristianesimo.

Nella tradizione riferita dall’antico testamento, infatti, l’uccisione di bambini in fasce, specialmente primogeniti e addirittura dati al rogo, era usanza diffusa presso quei popoli e particolarmente gradita ai loro comandanti militari.

Questo aspetto, non trascurabile, rende la vicenda ancora più impressionante, non solo perché come si è detto la vile aggressione è stata rivolta nei confronti di bimbi indifesi, ma anche perché è in grado di attivare inconsciamente in ciascuno di noi una ulteriore profonda crisi identitaria: sono davvero loro gli interpreti più fedeli del modello antico testamentario?

Ancora i passanti come primi responder
Un rider di Deliveroo ha riferito di aver visto una giovane aggredita da un uomo con un coltello e di essersi subito fermato colpendo l’aggressore con il casco, senza esitare: “È stato puro istinto, ed è successo tutto in pochi secondi. È caduto a terra“, le sue parole.

L’intervento di altri passanti ha poi consentito il disarmo dell’assalitore e la sua consegna alla polizia, nel frattempo sopraggiunta.

I disordini seguenti
Come si è detto, le autorità tendono a escludere specifiche spinte terroristiche in questo caso. L’attacco è comunque avvenuto in una zona della città particolarmente calda per l’aumento esponenziale di delinquenza, degrado e senzatetto.

In ogni caso, l’episodio ha ovviamente alimentato la reazione di movimenti anti-immigrazione, che alimentano anche via web la crescente generica intolleranza.

Dopo l’accoltellamento, si sono riscontrati veicoli dati alle fiamme e scontri con la polizia, a opera di gruppi accusati di strumentalizzare l’incidente.

Tensioni sociali al limite
In un mondo che conduce intere guerre a colpi di disinformazione e controinformazione a noi non resta che arrenderci davanti all’evidenza che non conosceremo mai l’esatta ricostruzione dei fatti, con la voglia però di provare a trarre comunque alcune considerazioni.

Le tensioni sociali ormai registrano picchi senza ritorno nella vecchia Europa. Un’immigrazione incontrollata impoverisce chi ospita e non garantisce nulla a chi arriva, genera inevitabilmente intolleranza da un lato e rabbia dall’altro; le condizioni economiche medie registrano sempre più insoddisfazione e rabbia in chi vede progressivamente chiudere imprese, cedere potere decisionale a organi sovranazionali e in definitiva una crescente povertà che nessuno si spiega, se non a questo punto con una volontaria decisione e strategia; lo scollamento crescente tra cittadini e istituzioni (all’interno delle quali chi indossa una divisa è certamente il più identificabile) rende sempre più difficile il lavoro delle forze di sicurezza e sempre più alto il senso di abbandono del cittadino.

Il fenomeno delle bande giovanili
Non ultimo, è ormai all’ordine del giorno venire a conoscenza di giovanissimi accoltellati per futili motivi, dalla micro-delinquenza urbana, che si occupa di taglieggiare e rapinare i coetanei, al fenomeno delle bande giovanili, che registra aggregazione di giovani sotto una bandiera qualsiasi (tifo sportivo, provenienza dallo stesso quartiere, etnia e chi più ne ha più ne metta).

Adolescenti accoltellati agli angoli delle strade, maxi-risse in cui decine di giovani si scontrano con mazze e coltelli in assenza di canali sani in cui veicolare la loro rabbia e necessità di misurarsi con il mondo… anche in questi contesti il coltello è minaccia subdola e letale.

Lezioni apprese
Dal nostro microscopico angolo visuale, episodi come questi impongono di rinforzare qualche concetto, che appare ormai consolidato, proprio a uso e consumo del cittadino, su cui ricadono scelte politiche e coltellate:

  • Tutti noi dobbiamo mappare (mettere in conto che possa accadere) eventi del genere in qualsiasi contesto della nostra società. Questo significa quanto meno mantenere un buon livello di attenzione a ciò che accade intorno a noi (situational awareness), perché accorgersi in anticipo dell’insorgenza di una situazione di crisi ci consente maggiori opportunità di reazione, qualsiasi essa sia;
  • La sicurezza privata, che grossolanamente possiamo riassumere nelle tre figure della guardia particolare giurata, dell’operatore fiduciario non armato e dell’addetto al controllo accessi nei pubblici locali (ex buttafuori) necessita di più alta e diversa considerazione e organizzazione.
  • I cosiddetti soft target (obiettivo non presidiati “robustamente” dalla security) sono per ovvie ragioni obiettivi altamente paganti per questo genere di attacchi, qualsiasi ne sia la causa scatenante. Chi è chiamato a presidiarli ha quindi bisogno di essere formato ed equipaggiato anche in vista di tali eventi, in ossequio alla regola secondo cui chi analizza i rischi deve considerare non solo eventi ad alta probabilità di accadimento, ma anche eventi a bassa probabilità ma ad altissimo impatto, se mai si dovessero verificare.

Solo per fare in esempio, nel Regno Unito chi si occupa della sicurezza nei locali di intrattenimento e spettacolo è inquadrato dal Sia (Security industry authority) quale operatore della sicurezza a tutti gli effetti e addirittura dal 2022 è fatto obbligo per chi occupa delle guardie private che svolgano la professione individualmente, di fornire loro corpetti e protezioni anti-taglio e antitrauma, alla stregua di dispositivi di protezione individuale e ovviamente a tutela della salute del lavoratore.

In conclusione, il messaggio è per tutti lo stesso: che si indossi una divisa o che si cammini per la strada o festeggi in un locale, la minaccia è tra noi.