Civati: i cacciatori crescono grazie agli ultradestri?

Il politico Giuseppe Civati fornisce indicazioni quantomeno surreali sui cacciatori e le licenze di caccia, a commento della polemica di questi giorni sul conduttore Flavio Insinna. I numeri del ministero, però, lasciano pochi dubbi…

Era abbastanza prevedibile che dal ristretto ambito tra cacciatori e anti-caccia, la polemica innescata dalle affermazioni in diretta televisiva del conduttore televisivo Flavio Insinna suscitassero commenti da parte anche degli esponenti politici. In particolare è stato il politico di centro-sinistra Giuseppe (detto Pippo) Civati a riprendere e commentare la vicenda su Twitter, con un commento tuttavia che, al di là delle legittime opinioni pro o contro la caccia e pro o contro le armi, lasciano semplicemente esterrefatti.

“Nonostante miri in molti casi senza curarsene troppo all’estinzione delle specie animali, è la caccia che si sta estinguendo”, esordisce Civati, snocciolando poi una serie di dati statistici sul calo, appunto, del numero di cacciatori in Italia e sull’aumento della loro età media. E fin lì, nulla da dire, ci mancherebbe. Poi, d’improvviso, scatta l’iperbole: “In compenso, al diminuire dei cacciatori, sono aumentare le licenze per il porto di fucile per caccia. La ragione, la campagna sconsiderata di Salvini e altri ultradestri per la corsa alle armi per difesa personale”.

Eh?

Vediamo se è possibile districare la matassa: come si faccia ad affermare che i cacciatori sarebbero in diminuzione ma le licenze di porto di fucile per caccia sarebbero contemporaneamente in aumento, francamente non riusciamo a spiegarlo: un cacciatore senza licenza di caccia è abbastanza evidentemente un non cacciatore. E infatti, i numeri snocciolati da Civati appena poche righe sopra, sono per l’appunto quelli relativi alle licenze di caccia in corso di validità nei due periodi di tempo considerati (1980 e 2017). Giacché non è che ci siano poi così tanti metodi per contare i cacciatori, al di fuori dei porti d’arma in corso di validità. Anche perché senza porto d’armi, a caccia non ci puoi andare.

Si resta anche quantomeno sbigottiti sull’affermazione che la campagna sconsiderata (parole sue, del tutto legittime, ci mancherebbe) di Salvini sulla legittima difesa avrebbe scatenato irrefrenabile nei cittadini italiani il desiderio di sottoporsi all’esame di abilitazione per comprovare la propria abilità nel distinguere una quaglia da un tordo. Sono cose che succedono, lo sanno tutti. C’è poi, però, alla fine, il problema che il ministero dell’Interno lo scorso settembre ha diffuso i dati più recenti a disposizione in merito alle licenze in corso di validità (caccia, Tiro a volo, difesa personale) e, sorpresa sorpresa, le licenze sono in calo. Più nello specifico, le licenze di caccia sono calate di 14.620 unità tra il 2019 e il 2018, i porti di fucile per Tiro a volo di oltre il doppio, cioè di 36.750, i porti di pistola per difesa personale di 1.770 (ma erano già pochissimi). Tendenza, peraltro, che era già in atto nel 2017. E questi, purtroppo o per fortuna, sono numeri, non opinioni.

Civati chiosa nel gran finale le “molte questioni – delicate” che sarebbero ancora aperte: “oltre alla necessaria verifica su chi detiene armi da caccia ma non le usa per cacciare, la questione dell’autorizzazione della caccia nei fondi privati, la pericolosità di alcune situazioni e, se volete, anche un suo definitivo superamento”.

Ci permettiamo di aggiungere, tra le questioni aperte, quella dei politici che affrontano temi complessi e importanti senza evidentemente avere la benché minima idea di ciò di cui parlano.