Aria compressa: applicazioni concrete

I risvolti pratici del regolamento sulle armi di modesta capacità offensiva del 2001

Quando, il 5 ottobre scorso, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il nuovo regolamento sulle armi di modesta capacità offensiva, il settore armiero ha tirato un sospiro di sollievo. Atteso da quasi due anni, con esso diventava finalmente applicabile la legge 526 del 21 dicembre 1999, grazie alla quale parecchie armi comuni potranno subire una classificazione (o declassificazione nel caso in cui siano già state inserite nel Catalogo nazionale come armi comuni) ed essere vendute a maggiorenni senza alcun titolo di polizia. Al di là della soddisfazione, però, ci si è subito accorti (Armi e Tiro a pagina 34 del fascicolo di novembre 2001) che alcuni dei 16 articoli di cui si compone il regolamento non risultavano sufficientemente chiari da consentirne un’applicazione “senza rischio”. L’Assoarmieri si è attivata e ha convocata nella sua sede di Milano importatori e produttori aderenti all’associazione, per raccogliere proposte da sottoporre al ministero degli Interni, al quale sarà chiesto di intervenire con una circolare che faccia chiarezza in alcune “zone d’ombra” del regolamento. Alla riunione, eravamo presenti anche noi di Armi e Tiro, a rappresentare la voce di tutti gli appassionati preoccupati dal fatto che il nuovo regolamento, oltre alla “liberalizzazione”, porti con sé, tra le righe di un linguaggio non sempre comprensibile, anche i soliti pasticci all’italiana. In rappresentanza delle aziende dell’Assoarmieri erano presenti: Ermanno Adinolfi (Adinolfi-Fulpa di Monza e vicepresidente di Assoarmieri e del Cncn), Valerio Grilli (Bersaglio mobile di Reggio Emilia, accompagnato da Raffaele Mencarelli della Fas-Domino di Settimo Milanese), Maura Barale (Demarchi di Torino), Leone e Andrea Ambrosio (Paganini di Torino), Elena Gusmeri (Pedersoli di Gardone Val Trompia), e Massimo Pagani (Tfc di Villa Carcina). Allo stesso tavolo, erano presenti il presidente dell’Assoarmieri, Edgardo Fegro, membro della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi e degli esplosivi, assistito del segretario generale Mario Verducci, e Antonio Girlando, anch’egli membro della Commissione e direttore del Banco di prova di Gardone Val Trompia, organo al quale è stata affidata la verifica dei requisiti tecnici delle armi per le quali è chiesta la declassificazione. La maggior parte delle richieste di chiarimenti sollecitati dalla aziende presenti all’incontro si sono focalizzati sugli articoli del regolamento che riguardano l’importazione e la commercializzazione delle armi declassificate, ma particolare attenzione è stata riservata anche al comma 7 dell’articolo 2, riguardante la verifica di conformità di armi già detenute e denunciate come armi comuni, ma in possesso del requisito base (energia cinetica sviluppata inferiore a 7,5 joule) per ottenere la declassificazione. Girlando ha convenuto che la legge 526/99 «rende economicamente inattuabile la sanatoria per i privati cittadini», i quali per ottenere la declassificazione di vecchie carabine e o pistole dal basso valore commerciale si troverebbero costretti a sopportare costi elevati, oltre a procedure per nulla semplici. «Presupposto fondamentale», ha detto Edgardo Fegro, «per semplificare la vita ai cittadini sarebbe che le aziende chiedessero la declassificazione anche per vecchi modelli, in modo da sanare più situazioni possibili». Se l’arma avrà già ottenuto la conformità da parte della Commissione consultiva centrale, infatti, due sono le strade individuate e approvate nel corso della riunione, per agevolare il privato cittadino: la spedizione al Banco di prova per l’apposizione del punzone, tramite gli armieri (che potrebbero acquistare o prendersi in carico sul registro delle riparazioni le armi) oppure la spedizione da parte del cittadino stesso. La richiesta, che sarà sottoposta alla divisione competente del ministero, prevede che, in entrambi i casi, per ogni esemplare sia sufficiente l’apposizione del punzone da parte del Banco e non anche l’approvazione della commissione, che, in precedenza, avrà assegnato il numero di conformità richiesto non tanto dal singolo cittadino, ma dall’ importatore o dal produttore. Questa soluzione sembra anche a noi di Armi e Tiro certamente migliore rispetto a quella prospettata dal comma 7 dell’articolo 2 del regolamento. Molti, infatti, sono in possesso di vecchie armi, ma non hanno alcuna voglia di sopportare un’assurda trafila, identica a quella prevista per le aziende. Nei prossimi mesi vigileremo a che tale richiesta in favore degli appassionati, avanzata dall’Assoarmieri, sia accolta dal ministero. Molti altri quesiti sono sorti nel corso della discussione e con l’aiuto tecnico del direttore del Banco, il presidente Fegro sta preparando una relazione per sottoporli tutti ai dirigenti della divisione del ministero. Gli importatori hanno chiesto perché il regolamento non consideri valida la punzonatura apposta da Banchi di prova stranieri sulle armi ad aria compressa con modesta capacità offensiva, così come avviene per le armi comuni e per i Banchi di prova riconosciuti dalla Cip. La risposta è arrivata da Girlando: «Abbiamo avuto modo di verificare che armi bancate, per esempio, in Germania, erogavano un’energia superiore a 7,5 joule e questo si spiega perché la normativa italiana fa riferimento a un valore massimo di 7,5 da verificare per tutti i colpi della prova, mentre altri banchi hanno scelto i 7,5 joule come valore medio. Quindi, l’unico punzone che può garantire l’effettiva classificazione di un’arma di modesta capacità offensiva è quello impresso dal banco di Gardone». Dal direttore del Banco, anche un consiglio per importatori e produttori: «Anche dopo aver ottenuto il numero di conformità, vi consiglio, anche se non è previsto, di sottoporre a campione i lotti di armi prodotte o importate, per verificare che l’energia inferiore a 7,5 joule resti costante per tutta la produzione. Non è necessario venire al Banco, basta munirsi di un buon cronografo. È uno scrupolo che potrebbe evitare eventuali grattacapi a voi e ai vostri clienti». Sollecitato dalle osservazioni di Valerio Grilli della Bersaglio mobile, il gruppo di lavoro ha poi affrontato la delicata questione relativa alla verifica di conformità, prevista dal complesso articolo 2 del regolamento. I quesiti sollevati hanno riguardato la necessità di presentare anche una relazione tecnica corredata di disegni costruttivi e fotografie relativi all’arma e alle sue parti. Il parere di Fegro è che «è la potenza la cosa importante che deve essere certificata», concetto ribadito anche dal direttore del Banco: «Quando si effettua la richiesta per ottenere il numero di conformità, è necessario presentare anche le caratteristiche tecniche, ma se successivamente all’ omologazione l’arma subisce modificazioni che non ne aumentano l’energia oltre i 7,5 joule, non ci sono problemi». Vista la delicatezza della questione, tutti hanno concordato che la soluzione migliore, anche in questo caso, sia di chiedere un chiarimento al ministero degli Interni. Non è escluso, come hanno fatto notare alcuni, che un produttore possa apportare piccole variazione ad alcuni componenti (vedi la molla), senza, per questo, variare le prestazioni dell’arma. Sempre in tema di prestazioni balistiche, anche il disegno del sistema di funzionamento rappresenta una parte importante della documentazione da presentare al Banco. Nella grande famiglia dell’aria compressa sotto i 7,5 joule, infatti, ci sono armi che funzionano a molla, con la bomboletta tipo “seltz” oppure con il serbatoio-cilindro come le armi agonistiche. «Anche in questo caso», ha confermato Girlando, «sono indispensabili i disegni costruttivi di quelle parti che possono influenzare la variazione dell’energia, come la molla per l’aria compressa e la caratteristiche della bomboletta tipo seltz. Per le armi agonistiche, invece, abbiamo bisogno delle caratteristiche della molla della massa battente e se esiste la possibilità di apportare regolazioni da parte dell’utente. Di solito, questa regolazione avviene tramite una vite: abbiamo bisogno del disegno di quella vite, perché proviamo l’arma alla massima pressione consentita dalla regolazione. Se nella posizione di massima pressione l’energia resta sotto i 7,5 joule, allora all’arma è assegnata la declassificazione». In merito ai punzoni che ogni importatore o produttore deve provvedere ad apporre su ogni esemplare di “libera vendita”, il direttore del Banco di prova ha ricordato che «il punzone deve essere registrato presso il Banco di prova e che, a mio parere, deve essere specifico e diverso da quello identificativo utilizzato per le armi comuni. Non è necessario che il punzone riporti alcuna indicazione particolare». Al ministero sarà sottoposto anche il quesito relativo alla possibilità di un importatore di apporre il suo personale punzone su un’arma per la quale un’ altra azienda aveva già ottenuto in precedenza il numero di conformità, come avviene, per esempio, con armi comuni già inserite nel Catalogo nazionale, ma importate da aziende diverse da quelle che hanno chiesto la catalogazione. A proposito di armi già catalogate come comuni, un altro quesito che sarà sottoposto al ministero riguarda la possibilità di non dover ripresentare la relazione tecnica di armi che hanno già ottenuto la catalogazione come armi comuni, perché la relazione con tutte le caratteristiche è stata depositata con la domanda stessa della catalogazione. Molto semplificate risultano le procedure per il trasporto, per le quali i presenti alla riunione hanno chiesto una conferma: resta obbligatorio il nulla osta della questura per quanto riguarda l’esportazione, mentre non è più necessario per i trasferimenti di armi di modesta capacità offensiva tra il produttore o l’importatore e l’armiere. Discorso a parte per le repliche di armi ad avancarica. A esporre la situazione era presente Elena Gusmeri della Davide Pedersoli di Gardone Val Trompia: «La situazione delle repliche di armi ad avancarica è più semplice. Non abbiamo bisogno di alcun punzone, poiché le armi passano già dal Banco per la prova d sicurezza. Bisogna essere in grado di certificare, però, che l’arma prodotta o importata sia la replica fedele di un’arma realmente esistita. Non sono, cioè, ammesse armi di fantasia. «Per quanto riguarda la nostra azienda», ha spiegato Elena Gusmeri, «stiamo chiedendo agli armieri di collaborare, spedendoci le matricole di armi che hanno in giacenza. Dopo il riscontro con i nostri elenchi, se queste armi hanno le caratteristiche richieste dal nuovo regolamento, provvediamo a spedire noi stessi una certificato nel quale garantiamo la rispondenza dell’arma ai requisiti di legge. In questo modo, l’armiere non deve movimentare alcuna arma».