Zastava: vittoria storica!

La soddisfazione dell’avvocato Antonio Bana, fondatore del Cesdea e presidente di Assoarmieri, per il positivo epilogo del cammino giudiziario. Riparte rafforzata la procedura di dissequestro dei primi 35 esemplari e il necessario intervento per superare il difetto tecnico

Non nasconde la sua soddisfazione Antonio Bana dopo la sentenza di assoluzione emessa dal gup del tribunale di Brescia “perché il fatto non costituisce reato”, che segna una svolta auspicata, ma non scontata, nella surreale vicenda del sequestro di parecchie centinaia di Zastava M76. Presidente di Assoarmieri e del Cesdea (Centro studio di diritto europeo sulle armi), il noto penalista milanese ha giocato un ruolo fondamentale negli ultimi anni del travagliato cammino giudiziario, che ha coinvolto, loro malgrado, tanti appassionati e molti operatori del settore armiero. Dopo la sentenza del giudice dell’udienza preliminare, può così partire con maggior determinazione l’operazione di dissequestro e la conseguente operazione di “demilitarizzazione” dei primi 35 esemplari, di proprietà di appassionati che si sono rivolti all’avvocato Bana per veder tutelati i propri diritti.

Dal Cesdea riceviamo e pubblichiamo il comunicato che riassume brevemente la vicenda Zastava fino al positivo epilogo.

“All’udienza del 18 giugno, il gup del Tribunale di Brescia, Carlo Bianchetti, ha prosciolto tutti gli imputati della vicenda Zastava M76. Si tratta di un’indagine partita circa 10 anni fa, a seguito della scoperta che, in particolari condizioni fino ad allora ignote, le carabine Zastava M76 potessero accidentalmente operare in modalità di ciclo automatico, nonostante si tratti notoriamente di un’arma comune da sparo e per il tiro da lunga distanza. A seguito della scoperta di tale difetto la Procura di Brescia ha provveduto al sequestro di tutte le carabine Zastava M76 presenti sul territorio italiano (oltre 1.200 esemplari), a fronte di una perizia che ha lasciato molti dubbi sulla natura dell’operato. Tali armi circolavano in Italia sin dai primi anni duemila ed erano state classificate come armi comuni da sparo per ben due volte dalla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi del ministero dell’Interno e dal Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia. Ciononostante, la Procura della Repubblica si è sistematicamente opposta a qualsiasi istanza di dissequestro proposta dai proprietari in buona fede, anche se subordinata alla previa rimozione del difetto tecnico, e ha deciso di esercitare l’azione penale nei confronti dei (soli) imprenditori italiani che nel corso degli anni avevano importato e commercializzato correttamente tale modello.

Una prima svolta si è avuta il 26 novembre 2018 quando 10 proprietari, assistiti nella loro difesa dallo Studio Bana di Milano, hanno ottenuto il definitivo dissequestro da parte della Cassazione di alcune armi che non sparavano a raffica, ma a cui la Procura contestava la capacità dei caricatori da 10 colpi. Forti del giusto riconoscimento giuridico, l’Avv. Antonio Bana e Fabio Siena, che hanno seguito negli anni la vicenda, hanno ottenuto lo scorso dicembre il dissequestro di altre 35 carabine, con la statuizione di un precedente fondamentale da parte del Tribunale del Riesame di Brescia: chi ha acquistato l’arma in buona fede ha diritto a riottenerla, dovendosi solo far carico di epurare il difetto tecnico.

La vicenda, infine, si è conclusa con l’assoluzione in udienza preliminare di tutti gli imputati, tre dei quali difesi sempre dallo Studio Bana, perché il fatto non costituisce reato. Si apre ora la strada al dissequestro delle migliaia di armi che da quasi un decennio sono state sottratte ai loro legittimi proprietari, con un aggravio di spese sostenute in tutti questi anni tanto per la custodia e la giacenza delle stesse quanto per le perizie presentate all’epoca alla Procura della Repubblica di Brescia dove è nata tutta questa assurda vicenda.

Un ringraziamento va dato al supporto di Assoarmieri, che si è schierata sempre dalla parte dei suoi associati e appassionati coinvolti nella vicenda, nonché da CESDEA (Centro Studio di Diritto Europeo sulle Armi), che con i suoi professionisti ha supportato in modo puntuale le questioni sottese alla disciplina delle armi”.