Vent’anni di legge quadro

La legge 157/92 sulla caccia compie 20 anni. Il Cncn e le associazioni aderenti a Face Italia (Fidc, Enalcaccia, Anlc e Anuu Migratoristi) si sono riunite in una tavola rotonda per discutere della legge sotto il titolo emblematico La legge 157 tra passato, presente e futuro

La legge 157/92 sulla caccia compie 20 anni. Il Cncn e le associazioni aderenti a Face Italia (Fidc, Enalcaccia, Anlc e Anuu Migratoristi) si sono riunite in una tavola rotonda per discutere della legge sotto il titolo emblematico La legge 157 tra passato, presente e futuro. A presiedere l’incontro è stato chiamato l’avv. Innocenzo Gorlani, che fu uno dei padri, sotto il profilo giuridico-tecnico della legge stessa. Per sapere dove si va è bene sapere da dove si viene ha esordito Gorlani, ripercorrendo il tormentato iter politico della legge, la cui definizione procedeva in parallelo a quella della legge-quadro 394 sulle aree protette. Le due leggi-quadro costituirono un terreno di continui scontri e mediazioni con gli ambientalisti, al punto che si diede precedenza a quella più cara agli ambientalisti, approvata a fine 1991, mentre la 157, "bloccata" per qualche mese, secondo molti solo per intimorire il mondo venatorio, fu "liberata" mesi dopo su pressione dell’allora presidente Cossiga. Gorlani ha sottolineato il radicale cambiamento di prospettive introdotto dalla 157/92: la fauna, e non più la caccia, è al centro della legge, e il diritto, sempre contestato dagli anticaccia, di accesso ai fondi agricoli da parte del cacciatore non è più "libero", ma subordinato all’inserimento delle aree in un territorio cacciabile, definito e gestito sotto forma di Atc o Ca. Le specie cacciabili, infine, sono scese da 69 a 42, a conferma di una normativa che pone la tutela della fauna al centro dell’attenzione. L’anziano giurista ha poi accennato all’uso spesso improprio delle deroghe, attuato per contrastare le limitazioni poste in sede europea, e al pericolo che comporterebbe modificare la legge: non fatevi tentare da cambiamenti o modifiche della legge statale o da interventi attraverso leggi regionali – ha concluso Gorlani, lasciando intendere che i rischi di percorso superano abbondantemente i benefici possibili. Il microfono è passato a Gianluca Dall’Olio, presidente della Federcaccia che ha sottolineato come, malgrado oggi la responsabilità della fauna selvatica sia dei cacciatori, non tutto sia andato nel verso giusto nell’attuazione della legge 157: lo stato, come organo competente, è assente e non può essere sostituito da Ispra o altre figure tecniche. Inoltre la legge comunitaria ha ridotto lo spazio di manovra sui calendari mettendo in grave difficoltà le regioni. Il Ddl Orsi, che avrebbe dovuto costituire un fatto migliorativo della legge, è stato l’occasione di un nulla di fatto e ha mostrato debolezza del mondo venatorio. Dopo avere ammesso che ci sono stati errori da parte della associazioni venatorie, Dall’Olio ha affermato: Concordo sul fatto che non ci si debba lasciare tentare da avventati tentativi di modifica, tuttavia sarà necessario intervenire per una vero adeguamento europeo. Potremo cercare di strappare una decade o una specie in più, ma dobbiamo occuparci anche della aree non ancora "gestite" o non adeguate alla stessa legge 157.

Dopo un breve intervento di Lamberto Cardia, presidente Enalcaccia, che ha ricordato il ruolo decisivo del cacciatore quale figura di tutela dell’ambiente, è stato Marco Castellani, vice presidente Anuu, a riportare al centro dell’attenzione l’attualità, sottolineando l’urgenza di intervenire per ridurre l’ormai endemico proliferare di ricorsi all’emissione di ogni legge o norma regionale sulla caccia. Primo passo è far pagare i ricorsi di tasca propria agli ambientalisti (oggi i costi sono a carico del contribuente – ndr) ha proposto Castellani, ma anche limitare la facoltà di ricorrere indiscriminatamente su tutto, bloccando in alcune regioni l’attività venatoria in attesa di sentenza.

Infine, ha preso la parola Alberto Benatti dell’Associazione nazionale Libera Caccia, che si è espresso criticamente sull’eccessivo invito alla prudenza emerso dagli interventi precedenti, ricordando l’imminente abolizione delle provincie e la necessità di intervenire tempestivamente in materia di caccia.

Gli interventi si sarebbero potuto chiudere qui, per passare ad un giro di domande o a riflessioni più approfondite. Invece, in ossequio a un teatrino buonista, si è chiamato a gran sorrisi sul palco Osvaldo Veneziani, presidente della sola associazione venatoria che non aderisce a Face Italia e che rivendica un approccio molto "collaborativo" con le associazioni ambientalista. Protagonista di un dualismo insanabile, come affiliata a una compagine politica che dà spazio a varie formazioni ambientaliste, Arcicaccia ha, però, esperienza in politica, alleanze e mediazioni superiori alle altre associazioni, e l’intervento di Veneziano lo ha dimostrato. Anziché entrare nel merito di ciò che divide (le modifiche alla 157) o motivare la posizione isolata della propria associazione nell’ultimo biennio, il presidente Arcicaccia ha puntato il dito sulle parti non sviluppate della legge 157, dalla gestione piena di aree grigie di alcuni Atc al mai realizzato ritorno fiscale verso le regioni, per dilungarsi poi sul tema dell’abolizione delle provincie e del rischio che tutto ciò che in tema venatorio è in testa ad esse sfugga di controllo o sia affidato a enti inadeguati. Il tema della fine delle provincie è divenuto il vero oggetto dell’attenzione: lo ha ripreso Giovanni Ghini di Cncn, esortando le associazioni a proporre tempestive soluzioni perché la fine delle province, salvo dispositivi eccezionali, è tra soli otto mesi. In una sala con meno di trenta spettatori, l’avvocato Gorlani ha chiuso con un intervento ispirato nuovamente alla prudenza, una tavola rotonda che lascia tanti punti interrogativi aperti e la sensazione generale d’incapacità di incidere nella politica e distanza dalla gente, che non sembra migliorare col tempo e lascia perplessi. Una perplessità condivisa da Gianluca Bardelli, rappresentante del Ministero presso il Comitato Tecnico faunistico venatorio nazionale presente al convegno, che, a microfoni spenti, ha espresso rammarico per l’atteggiamento scarsamente realistico delle associazioni, più preoccupate dei propri equilibri interni che della gestione faunistica del territorio. (Alex Guzzi)