Potente e maneggevole

Ha il telaio del 686 in .357 magnum, ma nel tamburo trovano posto 5 colpi calibro .44 magnum!
Fin dalle origini, nel 1964, il calibro .44 magnum si è sempre trovato “calzato” sul poderoso telaio “N” di Smith & Wesson, sviluppato pochi decenni prima per il primo calibro magnum moderno, cioè il .357. Anche in tempi a noi più recenti, si è cercato di offrire questa cameratura (ancora apprezzatissima per caccia, tiro e difesa negli Usa, malgrado l’introduzione di calibri ancor più performanti) in un formato più portatile e maneggevole intervenendo sui materiali (lega leggera allo scandio, titanio), ma non sulle dimensioni: parliamo in tal caso del revolver modello 329 Pd (Armi e Tiro, giugno 2003). Nel 2014, invece, è stato deciso di tentare per la prima volta l’innesto della corposa cartuccia .44 in un telaio differente, cioè quel “L-frame” sviluppato all’inizio degli anni Ottanta per la fortunatissima serie 586-686, allo scopo di consentire l’uso continuativo e intensivo di cartucce .357 magnum (“abuso” che mette un po’ in difficoltà il più piccolo telaio “K”) senza però i pesi e gli ingombri del telaio “N” del modello 27. Qualche misura di confronto, tanto per dare un’idea: il telaio “L” ha un tamburo di 39,5 mm di diametro, mentre il telaio “N” ha un tamburo di 43,3 mm di diametro. Lo scotto da pagare per questo “innesto” è ovviamente a carico della capacità di fuoco: se un 686 può arrivare a contenere fino a 7 cartucce calibro .357 magnum, il modello 69 in .44 magnum può contenere solo 5 cartucce, contro le 6 del telaio “N”. Che, d’altronde, sono poi le stesse cartucce contenute nei piccoli snub nose su telaio “J” in .38 e .357 sempre di Smith & Wesson, ma con la capacità in compenso di sbriciolare il muro dei 100 chilogrammetri di energia per ciascuna “bordata”. Per non parlare dell’effetto deterrente della caverna di volata… In realtà, rispetto al classico 686 ci sono altre novità. Innanzi tutto, manca il tipico pistoncino a molla che, inserendosi al centro dell’estremità anteriore della bacchetta di espulsione, forma il secondo punto di chiusura del tamburo. Al posto di questo sistema, c’è una sferetta caricata a molla in corrispondenza del giogo, che impegna una apposita tacca sull’estremità posteriore della carenatura sotto canna per la bacchetta estrattore. Di conseguenza quest’ultima ha un profilo piuttosto sottile, ma ciò ha consentito anche di ridurre conseguentemente l’altezza della carenatura, rendendola più compatta e filante. Per la massima maneggevolezza, inoltre, la carenatura è di tipo corto (vecchio stile, insomma), anziché arrivare fino alla volata come sul 686 tradizionale. Il punto posteriore di fissaggio del tamburo è, invece, quello tradizionale, cioè il perno che protrude dalla stella di estrazione e si inserisce nella sede al centro del telaio.

Altra novità interessante è che la canna è realizzata in due pezzi: il primo pezzo è costituito da un fodero esterno che comprende carenatura per l’estrattore e mirino e si innesta sul fusto per mezzo di uno scalino inferiore che impedisce qualsiasi rotazione fortuita. Il secondo pezzo è la canna vera e propria, che si innesta dentro il fodero vero e proprio e, avvitandosi sulla filettatura del telaio, blocca il tutto saldamente in posizione. La canna è lunga 4,25 pollici (107 millimetri), che rappresenta un buon compromesso tra la possibilità di sfruttare le capacità balistiche del .44 e l’esigenza di mantenere una buona maneggevolezza e portabilità.
Gli organi di mira sono quanto di più classico per la tradizione di Smith & Wesson: il mirino è a lama, brunito, con inserto rettangolare in polimero rosso arancio, a cui fa riscontro la tacca di mira, brunita anch’essa, regolabile a click in altezza e derivazione. Il supporto della tacca, anch’esso brunito, è solcato da una fitta rigatura longitudinale antiriflesso che prosegue nella parte anteriore del telaio inox e sulla sommità del fodero della canna, fino alla rampa del mirino. Intorno alla “U” della tacca è previsto un filetto di colore bianco, che dovrebbe aiutare nella collimazione istintiva.

Lo scatto, nonostante le ormai imperanti microfusioni, è ancora all’altezza della fama di Smith & Wesson: la Doppia azione si è palesata fluida e costante con un peso di circa 5.500 grammi, mentre la Singola azione è risultata brevissima, netta e precisa con un valore di sgancio, adeguato a nostro avviso per la difesa, pari a 2.500 grammi. La prova a fuoco si è svolta nel poligono dell’importatore Bignami, sulla distanza di 15 metri, sparando a due mani, senza appoggio, con cartucce commerciali Hornady con palla Xtp di 200 grani e Fiocchi Sjsp di 240 grani. L’aspetto più interessante del nostro test è stato verificare come un’arma in realtà piuttosto piccola per questo calibro, sia risultata invece perfettamente controllabile e ben sfruttabile nel tiro mirato, senza eccessivo affaticamento per la mano né insorgenza di “timore reverenziale”. Occorre dire che, a fronte di una canna di soli 4 pollici (o giù di lì), l’uso estensivo di acciaio inox porta comunque la bilancia appena sopra il chilogrammo e, quindi, il peso addolcisce non poco le reazioni allo sparo. Specialmente considerando l’apporto delle guancette polimeriche anatomiche e avvolgenti, veramente straordinarie nell’assorbire il contraccolpo e, grazie alla texture laterale, nell’assicurare una presa salda in qualsiasi circostanza. La prova del 329 Pd (500 grammi, guancette in legno…) ci aveva obiettivamente logorati dopo soli 4 tamburi, con questo 69 invece siamo andati avanti a oltranza, occorre ribadirlo, senza alcun problema fisico. Per contro, occorre anche evidenziare che alcuni aspetti ci abbiano sorpreso in modo negativo, specialmente considerando la qualità alla quale Smith & Wesson ci ha sempre abituati: innanzi tutto, nonostante l’accorgimento della canna “manicottata”, si è palesato un certo disassamento tra il mirino e la tacca (disassamento non evidente dal punto di vista estetico, ma tuttavia presente), tanto da dover sparare, per cogliere il punto mirato, con la foglietta completamente sbandierata sul lato destro e alquanto sollevata rispetto alla posizione normale. L’altro aspetto negativo è stato riscontrare, fin da subito (quindi sia ad arma fredda, sia ad arma calda) un tenace incollaggio dei bossoli alle camere del tamburo, con entrambi i tipi a disposizione, tanto da dover picchiare la testa della bacchetta di estrazione sul bancone per provocarne alfine la fuoriuscita. Siamo, tuttavia, sicuri che questo inconveniente affligga semplicemente un esemplare sfortunato, in quanto nelle prove eseguite negli Stati Uniti in corrispondenza dello Shot show, nelle quali ci fu data ampia possibilità di provare a fondo quest’arma, tali inconvenienti non si manifestarono in alcun modo, malgrado le armi a disposizione avessero dovuto sparare un numero veramente inusitato di colpi di seguito senza alcuna pulizia.

Il riscontro in termini di precisione è stato, a nostro avviso, decisamente positivo, fermo restando che con un minimo di affiatamento in più con l’arma, potrà solo migliorare, così come con la ricarica.
​L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – febbraio 2017
Produttore: Smith & Wesson, smith-wesson.com
Distributore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 0471.80.30.00, fax 0471.81.08.99, bignami.it
Modello: 69
Tipo: pistola a rotazione
Calibro: .44 magnum
Funzionamento: tamburo basculante
Lunghezza canna: 107 mm (4,25 pollici nominali)
Lunghezza totale: 245 mm
Scatto: Singola e Doppia azione
Percussione: cane esterno, percussore a grano riportato nel fusto
Sicure: automatica che si interpone tra cane e fusto a grilletto non completamente premuto; rimbalzo del cane; manuale a chiavistello
Mire: mirino a lama con riferimento polimerico arancione, tacca di mira regolabile a click in altezza e derivazione con profilo bianco
Materiali: acciaio inox; cane, grilletto e pulsante di apertura in acciaio al carbonio; impugnatura in gomma
Finiture: satinatura opaca
Peso: 1.060 g
Qualifica: arma comune da sparo