Smith & Wesson 386 Pd calibro .357 magnum

Scarica qui lo sfondo per il tuo desktopVai alla galleria delle fotoAbbiamo già avuto modo di conoscere le virtù dello scandio con la prova dello Smith & Wesson 340 (Armi e Tiro, aprile 2002), un revolver specificamente progettato per offrire la massima leggerezza e occultabilità nel porto continuato. Rispetto al 340, invece, il revolver Smith & Wesson 386 offre dimensioni, capacità di fuoco e impugnabilità proprie di un’arma full size,… Scarica qui lo sfondo per il tuo desktop [

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] Abbiamo già avuto modo di conoscere le virtù dello scandio con la prova dello Smith & Wesson 340 (Armi e Tiro, aprile 2002), un revolver specificamente progettato per offrire la massima leggerezza e occultabilità nel porto continuato. Rispetto al 340, invece, il revolver Smith & Wesson 386 offre dimensioni, capacità di fuoco e impugnabilità proprie di un’arma full size, mantenendo nel contempo il peso entro livelli difficilmente eguagliabili. Il revolver 686 della Smith & Wesson in acciaio inox, con canna lunga 2,5 pollici, è un’arma per difesa che, a tutt’oggi, conta una folta schiera di affezionati estimatori. Tutti, però, sono concordi nell’attribuire al peso elevato il maggior limite di questa splendida arma. Per soddisfare gli appassionati che non vogliono rinunciare all’esuberanza del 357 magnum e alle qualità del revolver di medie dimensioni, che desiderano un’alternativa alle semiautomatiche compatte, leggere e bifilari, ma dall’utilizzo meno intuitivo e dall’affidabilità solitamente inferiore, bisognava contrapporre un moderno revolver compatto che, senza scendere alle dimensioni del telaio “J”, garantisse pur sempre un sensibile contenimento ponderale. Grazie al nuovo materiale con cui è realizzato il fusto, lega leggera addizionata con scandio, l’obiettivo è stato pienamente raggiunto: meno di 500 grammi con un tamburo della capacità di sette colpi, gli stessi della 686 magnum plus. Lo scandio è un elemento naturale che, aggiunto in pochi punti percentuale alla lega di alluminio utilizzata per i fusti delle armi, ne migliora sensibilmente le caratteristiche di resistenza e compattezza. Praticamente off limit fino a pochi anni fa, dal momento che quasi tutti i giacimenti si trovavano al di là della cortina di ferro, oggi comincia a essere valorizzato dall’industria e, come è naturale date le sue caratteristiche, comincia a fare capolino anche nel settore armiero civile. Lo Smith & Wesson 386 è un revolver ad azione mista, con telaio chiuso e tamburo incernierato sul lato sinistro, della capacità di sette colpi. È costruito sul telaio “L”, lo stesso che l’azienda ha utilizzato per la prima volta con i propri fortunati modelli 586 e 686. Dimensionalmente, si pone a metà strada tra il “K” (nato con il leggendario Military & Police calibro .38 special) e il più grande “N”, utilizzato per la prima volta con il modello 27 calibro .357 magnum e camerato per tutti i calibri più grossi e performanti (.41 magnum, .44 amagnum, .45 Long Colt, .45 Acp). Come abbiamo già detto il telaio, il giogo del tamburo e la carenatura della canna (barrel shroud) sono realizzati in lega leggera addizionata con scandio. L’aumento degli spessori e delle dimensioni ha consentito di eliminare, in quest’arma, il divieto di utilizzare palle di peso inferiore ai 120 grani, che invece caratterizza il piccolo Centennial 340. Comune alle due armi, invece, il blast deflector , il lamierino deflettore che protegge la parte superiore del telaio (top strap) dallo sfiato di gas ad alta temperatura che filtra tra tamburo e cono di forzamento. La canna è costituita da un cilindro in acciaio inox, con la consueta rigatura sinistrorsa a cinque principi, avvitata al telaio con filettatura nello stesso senso della rigatura. Ciò significa che, durante lo sparo, il proiettile che percorre la canna imprime a quest’ultima un movimento che la spinge ad avvitarsi con ancora maggior fermezza: una soluzione semplice per impiegare una canna di natura composita e non rischiare allentamenti indesiderati. La canna è forzata all’interno di un manicotto in lega allo scandio, la cui linea si discosta sensibilmente da quella tradizionale del 686. Ricorda, piuttosto, quella del modello 27 con canna di pari lunghezza (non più prodotto). Il profilo intorno alla canna, infatti, tende ad assottigliarsi verso la volata (è costante, invece, nel 686) e la carenatura che protegge l’asta dell’espulsore è più corta della canna stessa (nel 686 termina a filo con la volata). Si tratta, indubbiamente, di un tocco di classicismo indirizzato ai fan storici del marchio che, comunque, alleggerisce il profilo e dona eleganza all’insieme. Il tamburo è realizzato in titanio, con trattamento superficiale opaco, e ospita 7 cartucce. Il bordo anteriore è arrotondato per favorire l’inserimento in fondina o in cintura. Il sistema di blocco in chiusura del tamburo è quello canonico Smith & Wesson, adottato da oltre cent’anni su tutti i revolver costruiti dall’azienda: un pistoncino posteriore che protrude dal centro del tamburo per inserirsi nello scudo posteriore (entro una apposita bussola in acciaio, annegata nella struttura in lega), assistito da un secondo cilindretto che sporge dall’estremità anteriore della carenatura dell’estrattore per inserirsi in una cavità posta all’estremità anteriore dell’alberino. Il pulsante di sblocco del tamburo adottata la smussatura per facilitare l’utilizzo dei carichini (speed loader), ed è realizzato in acciaio al carbonio. Lo stesso materiale è utilizzato per il cane e il grilletto, entrambi tartarugati. Il grilletto è stretto e liscio, a vantaggio dell’uso in Doppia azione. La cresta del cane è di medie dimensioni e presenta, sulla cresta, profonde cuspidi per aumentare la presa del pollice. Il percussore è a grano riportato nel fusto. Appena sopra il pulsante di apertura è posto il blocco di sicurezza a chiavistello: inserendo una apposita chiave nel dispositivo e ruotandola in senso antiorario, si blocca l’azione e lo sparo è impossibile. La nuova proprietaria della della Smith & Wesson, la Saf-T-Hammer di Scottsdale, Arizona, deve la propria fortuna alla produzione di lucchetti e serrature per armi. In un periodo in cui la sicurezza delle armi ed il politically correct hanno un grande rilievo, la modifica pare ovvia. È, comunque, presente la classica stanghetta di sicurezza al cane che impedisce il contatto tra quest’ultimo e il percussore se il grilletto non è completamente premuto. La tacca di mira è regolabile in altezza e derivazione, con scatti micrometrici. La foglietta ha i bordi arrotondati e, stranamente, non presenta il tipico contorno bianco (white outline). Il mirino è a rampa e dispone del tipico riferimento di plastica rossa per facilitarne l’acquisizione in velocità. È fissato al copricanna per mezzo di una spina elastica, ed è rigato longitudinalmente in funzione antiriflesso. La versione satinata di questo revolver è, invece, dotata di un riferimento anteriore costituito da un cilindretto in fibra ottica. Al di sotto della tacca di mira si trovano tre fori filettati, utilizzabili per l’installazione dell’ottica. A nostro parere, si tratta di un particolare che, più che altro, testimonia la comune lavorazione con il 686: ci pare altamente remota, infatti, l’eventualità di installare un’ottica su un’arma destinata al porto per difesa. Le guancette sono le Hogue Bantam, realizzate in un unico pezzo di materiale sintetico morbido. Risultano considerevolmente più confortevoli delle sorelle minori installate sulla compatta 340, in quanto si estendono in altezza per tutto il fusto distribuendo, così, la sensazione di rinculo su una superficie più ampia del palmo della mano. Il “becco” presente nella parte inferiore consente un agevole posizionamento del mignolo. Come in altri revolver compatti è presente il portacorreggiolo, dalla dubbia utilità. L’evoluzione della tecnologia dei materiali ha consentito, a un’arma classica come il revolver, di potersi evolvere in un modo che solo dieci anni fa sembrava impensabile. L’ingresso in forze del titanio e di altri materiali aeronautici, infatti, ha reso nuovamente attuale questo ultracentenario progetto nel ruolo difensivo, dove oggi può contendere con successo il mercato alle semiautomatiche compatte monofilari. In quest’ottica, lo Smith & Wesson 386 si pone come perfetto ago della bilancia tra leggerezza, potenza e capacità di fuoco, senza dimenticare la assoluta affidabilità che caratterizza le pistole a rotazione. Insomma, il 386 è il veicolo ideale per quella “rivincita” che i tifosi del revolver attendono di prendersi nei confronti delle semiauto. La prova pratica, con molte più foto, la trovate su Armi e Tiro di luglio 2002 Produttore: Smith & Wesson, 2100 Roosevelt Avenue. Springfield, Ma 01102-2208 (Usa), tel. 00.18.00.33.10.852, fax 00.14.13.74.73.317, www.smith-wesson.com Importatore: Bignami spa, Via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 04.71.80.30.00, fax 04.71.81.08.99, www.bignami.it, info@bignami.it Modello: 386 Pd Scandium Tipo: pistola a rotazione Calibro: .357 magnum Impiego specifico: difesa Meccanica: telaio chiuso, tamburo ribaltabile sul lato sinistro Numero colpi: 7 Scatto: Azione mista Percussione: cane esterno, percussore inerziale Sicura: transfer bar automatica al percussore, manuale a chiavistello sul castello Lunghezza canna: 2,5 pollici (63,5 mm) Mire: mirino fisso, spinato alla canna; tacca di mira regolabile micrometricamente in altezza e derivazione Lunghezza totale: 191 mm Peso: 496 grammi Materiali: cilindro in titanio, fusto in lega leggera con scandio, canna in acciaio Finitura: anodizzata opaca Numero del Catalogo nazionale: 13.062 (arma comune) Prezzo: 1.180 euro circa, Iva inclusa