L’escursionismo uccide più della mafia?

I legali detentori di armi uccidono più della mafia, è questo il refrain di una nota associazione anti-armi. Abbiamo provato anche noi a isolare singoli dati dal contesto, ottenendo risultati altrettanto ridicoli!

“Le armi legalmente detenute uccidono più della mafia”. È questo il ritornello che sempre più spesso viene ripetuto in modo pappagallesco da alcuni organi di informazione, tratto da una informazione a senso unico (perché priva di contraddittorio) fornita da una nota associazione anti-armi. La quale all’inizio del 2019 ha stilato, e costantemente aggiornato, un database relativo agli omicidi (o supposti tali, visto che sulla esattezza di compilazione di tale database esistono diversi dubbi) commessi da legali detentori di armi, comparato poi con i dati Istat 2018 relativi agli omidici commessi, in particolare, a scopo di furto/rapina o a scopo di mafia.

Da questo semplice confronto si pretende di desumere, e si diffonde, il concetto di una vera e propria “emergenza nazionale” che secondo i suoi propalatori richiederebbero con urgenza misure di contrasto al fenomeno. Misure, guarda caso, che prima ancora di incidere (forse) sull’impiego improprio delle armi legalemente detenute, avrebbero invece come effetto primario quello di far crescere a dismisura costi, balzelli e disagi per i legali detentori, con evidente effetto dissuasivo sulle attività del tiro, sul collezionismo e sul mondo della legale detenzione di armi nel suo complesso. Ma le cose stanno proprio così? Veramente no…

Appare abbastanza evidente, anche per chi non abbia cognizioni di statistica, che la mera esposizione di un dato che esprime un valore assoluto non ha una sua significatività di per sé. Non è un caso, per esempio, che nel momento in cui i più importanti istituti di statistica, italiani e non, si interessano (per esempio) di omicidi, oltre al dato assoluto venga fornito SEMPRE anche il rapporto di incidenza su una determinata popolazione (per esempio, ogni 100 mila abitanti). Per fare un esempio banale: sarà logico, forse, che negli Stati Uniti (popolazione: 327 milioni di abitanti) si verifichino più omicidi rispetto al Liechtenstein (popolazione: 38.547 abitanti)? Giacché è l’incidenza in proporzione a fornire la significatività al dato, e non il numero assoluto. In assenza del dato sul quale confrontare l’incidenza, il dato assoluto è del tutto privo di significato e di senso e, anzi, si presta a interpretazioni che possono sfociare nel grottesco. Qualche esempio? Se i 51 (sedicenti) omicidi commessi nel 2018 con armi legalmente detenute sono numeri, come si pretenderebbe, da vera e propria “emergenza”, allora evidentemente le 458 vittime di incidenti di montagna riscontrate dal Soccorso Alpino e spelologico nazionale nel 2018 sono numeri da vero e proprio stato di guerra, tale da imporre immediate contromisure come il blocco di tutte le località montane al transito escursionistico. Non si può ovviamente tacere, a tal proposito, la vera e propria strage che viene perpetrata ogni anno sulle strade d’Italia, con una vera e propria arma di distruzione di massa che è costituita dall’autovettura: secondo l’Istat nel 2018 sono stati 3.334 (tremilatrecentotrentaquattro) i morti causati da incidenti stradali, 612 dei quali erano pedoni, quindi vittime innocenti di investimento. In rapporto agli omicidi di mafia, parliamo di un “semplice” 3.200 per cento in più. Se, quindi, i 51 morti (ribadiamo: volendo dare credito a un database che invece evidenzia più di una criticità metodologica) per armi legalmente detenute sono una “emergenza”, allora quali termini potranno mai essere utilizzati per le morti sulla strada? “Genocidio” appare addirittura insufficiente per difetto.

Al di là delle evidenti forzature nel proporre come emergenziali numeri che, citati in elemento assoluto e avulsi dal contesto, non forniscono alcun significato logico (né tantomeno quando comparati con gli omicidi di mafia, o con quello che volete voi…), appare anche gracile la giustificazione secondo la quale non sia possibile fornire una comparazione perché il ministero dell’Interno non ha finora fornito un riscontro ufficiale sul numero totale di cittadini italiani legali detentori di armi. Ora, al di là che questo aspetto non è certamente giustificatorio del fatto che se non si possono fare statistiche corrette, non si comunque è giustificati a fare una comparazione con il primo dato che capita sottomano (purché potentemente immaginifico da un punto di vista propagandistico), anche non volendo attribuire alcuna valenza statistica al generico dato dei 4 milioni di legali detentori di armi riportato in modo spannometrico dallo stesso ministero negli anni passati (e riportato da altre fonti), in realtà un dato statistico preciso al momento esiste, ed è quello dei porti d’arma in corso di validità, che per il 2018 sarebbero 1.315.700. Ora, è abbastanza evidente che il numero totale di detentori legali di armi sarà sicuramente superiore (a nostro avviso anche molto, superiore) rispetto a questo dato, ma sicuramente non può essere inferiore. Quindi, l’incidenza potrà sicuramente risultare migliore, ma non peggiore. Orbene, mettendo in relazione i famosi, anzi famigerati 51 omicidi commessi nel 2018 (dando per scontata la veridicità dei dati della nota associazione antiarmi, malgrado in realtà si tratti di dati del tutto opinabili ma soprattutto privi di qualsiasi riscontro da parte di organismi super partes), si scopre guarda caso che l’incidenza di omicidi commessi dai legali detentori di un porto d’armi è dello 0,0039 per cento. Laddove invece si voglia dar credito al numero di 4 milioni di legali detentori di armi, la percentuale di incidenza crolla ulteriormente allo 0,0013 per cento. Numeri allarmanti? Obiettivamente, appare difficile poter sostenere questo con una qualche pretesa di autorevolezza.

Appare a tal proposito interessante fare un parallelo tra il “problema” degli incidenti mortali determinati dal possesso di autoveicoli e la (sedicente) “emergenza” delle morti dovute al legittimo possesso di armi. Facendo una brevissima proporzione tra il numero di cittadini patentati (i dati più recenti sono quelli del 2017), che è di 38.731.069, e il numero di incidenti stradali mortali avvenuti nello stesso anno, che è stato di 3.378, si ottiene che l’incidenza è più che doppia rispetto a quella degli omicidi legati al legittimo possesso di armi in rapporto ai possessori di porto d’armi, ovvero dello 0,00872 per cento. Se si vuole mettere in proporzione con il numero stimato di persone armate legalmente in Italia, la proporzione diventa di oltre sei volte.

Occorre a tal proposito osservare che i dati 2017 e 2018 sugli incidenti stradali mortali, seppur doppi nella loro incidenza rispetto ai dati legati al possesso legittimo di armi, sono decisamente inferiori a quelli relativi a soli 10 anni fa: nel 2007, per esempio, le persone decedute sono state 5.131 (l’equivalente di una piccola cittadina…). Come si è arrivati a questo risultato? Indubbiamente (e su questo non si discute) anche con idonee misure di contrasto al fenomeno che, però, guarda caso, hanno TUTTE avuto come denominatore comune l’andare a colpire coloro i quali NON rispettano le regole del codice della strada e NON coloro in quali invece lo rispettano. Vi sembra, per esempio, che a qualcuno sia venuto in mente di chiedere ai legali possessori di auto di lasciare i loro mezzi entro appositi autosilos, con possibilità di impiego solo per andare al lavoro, e non per girare nel cortile di casa propria (se lo si desidera)? O forse qualcuno ha proposto di mettere una bella tassa sulla patente, come è stato (per esempio) avanzato la scorsa primavera dal deputato pd Valter Verini per i possessori del tanto temibile porto d’armi sportivo? E invece no: guarda caso (tanto per fare un paio di esempi), la patente a punti, il Tutor sulle autostrade e il reato di omicidio stradale hanno proprio in comune il fatto di andare a colpire chi le regole non le rispetta, lasciando perfettamente indenni da oneri, balzelli e disagi coloro i quali hanno le carte in regola.

Con questo vogliamo dire che la normativa in materia di armi non possa essere migliorata? Falso! Perché, diversamente da quanto a qualcuno fa comodo pensare (e propalare con suggestivi sillogismi), noi NON siamo favorevoli a che le armi le abbiano (o possano averle) TUTTI. Qualcun altro invece parte dal presupposto che le armi non le debba avere “nessuno” e da ciò parte evidentemente la distorsione iniziale. Noi siamo favorevoli al fatto che i cittadini che hanno le carte in regola (e solo essi) possano coltivare la propria passione (collezionismo, tiro sportivo, caccia) in tranquillità, senza essere additati come maniaci potenziali e senza dover scontare costi e oneri che renderebbero (incostituzionalmente, tra l’altro) il possesso di armi solo una cosa per “ricchi”. Non possiamo, peraltro, accettare a cuor leggero soluzioni propalate da soggetti che non hanno la benché minima conoscenza del nostro settore, e che si fanno vanto di proporre accorgimenti, definiti peraltro “facili”, senza evidentemente avere la benché minima idea di ciò di cui stanno parlando. Perché, per esempio, un soggetto che detiene 12 armi sportive dovrebbe essere più pericoloso di uno che ne detiene 6, nel momento in cui il numero totale di cartucce detenibili non cambia? Ma l’hanno mai visto, gli anti-armi, un legale possessore di armi? Si sono accorti, sì, che abbiamo due braccia e due gambe come tutti gli altri esseri umani e non siamo fatti come i calamari?

Come si può ottenere un concreto risultato per la sicurezza pubblica e non solo per crociate ideologiche? Un primo importante passo (che non è la prima volta che sosteniamo, anche se ovviamente per qualcuno è più semplice far finta di niente…) è fare in modo che le informazioni già oggi disponibili nei database delle diverse amministrazioni siano reciprocamente disponibili e che, quindi, sia possibile per esempio interpolare il possesso di armi da parte di un determinato cittadino con determinate situazioni di rischio che possano essere evidenziate in altri ambiti (per esempio quello sanitario). Con questo sistema si otterrebbe l’enorme vantaggio di una verifica continua e permanente in background della permanenza dell’idoneità del cittadino alla detenzione di armi, anche negli intervalli tra le prescritte visite mediche, senza alcun onere aggiuntivo per tutti i detentori di armi che continuano ad avere i requisiti e il diritto di coltivare la propria passione. Senza “emergenze” e senza demagogia.