Come si misura la pressione delle cartucce?

Dall’alto medio evo ai giorni nostri, l’arma da fuoco ha sempre accompagnato l’uomo, per la caccia, la guerra e la difesa personale. Il principio alla base dell’arma da fuoco è un proiettile spinto ad alta velocità, grazie alla pressione generata dalla produzione di gas, tramite la combustione di un propellente: polvere nera, fino alla fine del XIX secolo, nitrocellulose dagli anni Ottanta dell’Ottocento fino a oggi. È una delle leggi fisiche più semplici da comprendere, che se la pressione sviluppata dal propellente è troppo poca, il proiettile non avrà sufficiente forza per esplicare gli effetti previsti, in termini di gittata e di efficacia terminale; se, però, la pressione è eccessiva, l’arma può danneggiarsi e persino scoppiare, con danni potenzialmente gravissimi per il tiratore e chi gli sia vicino. Appare quindi evidente che, fin dai tempi antichi, sia stato ritenuto necessario trovare sistemi che consentissero di quantificare la pressione sviluppata dalla polvere da sparo.

Come si misurava un tempo

Una tipica Epreuvette con acciarino a pietra focaia. La ruota graduata consentiva di quantificare l’apertura dello sportello.

Il primo sistema di misura, risalente almeno al XVII secolo, è la cosiddetta Epreuvette: si tratta, a tutti gli effetti, di una pistola con acciarino a pietra focaia, nella quale la canna è sostituita da un piccolo contenitore per la polvere, occluso da un coperchio rotante che viene tenuto in posizione da una molla. Il contenitore veniva riempito con una quantità precisa di polvere, che veniva quindi accesa con l’acciarino. I gas di sparo forzavano l’apertura del coperchio, tanto più forte era la polvere quanto maggiore era la rotazione del coperchio che, tramite una scala graduata, poteva essere quantificata con una certa precisione.

Un fucile italiano 1891 modificato con dispositivo Crusher.

Con l’avvento della retrocarica e delle polveri infumi, fu introdotto nell’uso il dispositivo Crusher, che veniva applicato su normali carabine oppure su complessi canna-culatta appositamente predisposti. Al suo interno era collocato un cilindretto di rame, che tramite un piccolo pistone riceveva la pressione direttamente dalla camera di scoppio, attraverso un foro ricavato nel bossolo (oppure dalla deformazione della parete del bossolo). I gas spingevano il pistone che schiacciava il cilindretto, essendo note le sue caratteristiche meccaniche era possibile, misurando lo schiacciamento, determinare a quale pressione fosse stato sottoposto. Questo sistema era tutto sommato abbastanza soddisfacente, ma aveva numerosi svantaggi: innanzi tutto, la preparazione dei cilindretti era molto lunga e complessa, in secondo luogo il cilindretto poteva solo indicare la pressione di picco, e non l’andamento della curva nel suo complesso; in terzo luogo, nel momento in cui vi fossero state tolleranze anche molto piccole tra il pistone di spinta e il cilindretto in rame, si verificavano false letture, a causa del cosiddetto “colpo d’ariete”.

Il sistema attuale

Trasduttore piezoelettrico Kistler.

Alla fine degli anni Cinquanta, si scoprì che alcuni tipi di cristalli di quarzo sono in grado di produrre una micro-corrente elettrica, nel momento in cui sono sottoposti a una pressione e questa corrente elettrica è proporzionale alla pressione che ricevono. Su questo presupposto sono nati i sistemi di misurazione della pressione a trasduttore piezoelettico, che ancor oggi si utilizzano. Il procedimento è abbastanza simile al sistema Crusher, c’è un foro nella camera di scoppio che comunica direttamente con la camera a polvere del bossolo, attraverso un foro. Rispetto al sistema Crusher, però, il trasduttore piezoelettrico ha numerosi vantaggi: il sistema ha una messa in opera molto meno laboriosa, i cristalli sono pressoché insensibili alle variazioni di temperatura, hanno una notevole durata, in più soprattutto consentono di tracciare tutta la curva della pressione e non soltanto il dato di picco. In combinazione con altri sensori, oggi la prova in canna manometrica della cartuccia consente di avere dati come il tempo di canna (Tc, cioè il tempo che intercorre tra l’accensione dell’innesco e l’uscita del proiettile dalla volata), il ritardo di accensione (Rt, cioè il tempo intercorrente tra l’accensione dell’innesco e il raggiungimento del 10 per cento della pressione di picco), l’integrale pressione-tempo (Int, cioè l’area della parte di grafico al di sotto della curva della pressione) e, ovviamente, la pressione massima. Disponendo opportuni cronografi davanti alla bocca della canna manometrica, si possono ottenere anche la velocità iniziale (generalmente a 2,5 metri secondo le norme Cip) e la velocità intermedia (generalmente a 25 metri). Tutti questi elementi sono molto utili alle aziende produttrici di munizioni o di propellenti, per la messa a punto dei loro prodotti. Due sono le aziende principali che forniscono questi trasduttori, l’elvetica Kistler e la statunitense Pcb piezotronics.

Questione di misure… e di standard
Uno degli aspetti forse più critici dell’evoluzione della misura delle pressioni nel corso degli anni, è che purtroppo con l’avvento del sistema piezoelettrico ci si accorse che i dati raccolti con il metodo Crusher erano, in realtà, non affidabili, perché decisamente al di sotto della pressione realmente sviluppata. Tra l’altro, si evidenziò che la differenza di pressione tra i due sistemi non seguiva un andamento strettamente proporzionale, quindi anche predisponendo un fattore di conversione, i risultati non sono sempre confrontabili con precisione. È per questo motivo che negli Stati Uniti, dove vige lo standard Saami (Sporting arms and ammunition manufacturer’s institute), la misura della pressione ottenuta con il metodo Crusher viene quantificata con una unità di misura appositamente stabilita, è che è il Cup (Copper unit pressure), mentre la pressione ottenuta con il metodo piezoelettrico è quantificata in Psi (pound per square inch, libbre per pollice quadrato). In Europa, dove vige lo standard Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili), i valori di pressione misurati con entrambi i sistemi vengono espressi in bar, ma per l’appunto è quindi importante specificare con quale metodo di misura sia stato ottenuto un determinato valore di pressione. Oggi, tutti i calibri omologati Cip hanno valori di pressione misurati con il medoto piezoelettrico.
A complicare ulteriormente le cose, c’è anche il fatto che i differenti standard internazionali adottati negli Usa (Saami), in Europa (Cip) e in ambito militare Nato, pur utilizzando oggi in tutti e tre i casi il sistema piezoelettrico (la Nato lo ha omologato nel 1967), non sono direttamente confrontabili, perché il criterio di misurazione della pressione non è perfettamente uguale.

Bossolo dopo la prova in canna manometrica a norma Cip.

In particolare, il sistema Cip prevede che la misura avvenga (grosso modo) al centro del bossolo, forando il bossolo medesimo con una punta di circa 2 millimetri di diametro; secondo il sistema Saami, la misura è sempre al centro (grosso modo) del bossolo, basandosi però sulla deformazione dell’ottone del bossolo, che non viene forato (cosiddetto conformal transducteur); il sistema Nato Epvat (Energy, pressure, velocity and action time) prevede che la misura venga effettuata appena oltre la bocca del bossolo, senza ovviamente forare quest’ultimo. Ecco perché, per esempio, si verificano discrepanze apparentemente molto ampie tra le pressioni di esercizio di calibri militari rispetto alle loro controparti civili (5,56×45 mm contro .223 Remington, per esempio).

Le pressioni secondo il sistema Cip
Secondo il sistema Cip, che vige in Europa, una qualsiasi cartuccia viene omologata con tre differenti dati pressori significativi, che sono denominati Ptmax, Pk e Pe. La Ptmax è il valore massimo che deve avere la pressione media rilevata; Pk è invece il valore di picco della pressione. Quindi, per un qualsiasi calibro omologato Cip, la media dei colpi di prova deve avere un valore non superiore a Ptmax, ma nessuno dei colpi di prova deve superare la pressione di picco Pk, che è il 15 per cento in più rispetto alla Ptmax. In pratica, è ammessa una tolleranza massima del 15 per cento rispetto alla media. Il valore Pe è invece quello fissato per le cartucce per la prova forzata delle armi, ed è il 25 oppure il 30 per cento (a seconda della classe di calibro) superiore rispetto al valore della pressione media Ptmax.