Il ministero svalvola su sciabole e spadini

Il ministero dell’Interno ha emanato una circolare, piuttosto surreale, che ribadisce la disciplina giuridica per sciabole, spadini e altre armi di rappresentanza

Il ministero dell’Interno ha pubblicato lo scorso 17 gennaio la circolare 557/PAS/U/000644/10171(20), con la quale ha inteso fornire risposta a una serie di quesiti ricevuti, in merito alla disciplina giuridica per sciabole, spadini e altre armi analoghe che vengono detenute e utilizzate principalmente per scopi cerimoniali e di rappresentanza. La circolare, in effetti, segue di quattro anni un documento di argomento e di senso analogo, pubblicato dal ministero della Difesa nel 2016 previo parere del ministero dell’Interno medesimo, nel quale fondamentalmente si giungeva alla medesima conclusione: se hanno punta e filo, sciabole e spadini sono da considerarsi a tutti gli effetti armi bianche e quindi necessitano di essere denunciati e ne è proibito il porto in modo assoluto, mentre se sono sprovvisti di punta e filo sono affrancati dall’obbligo della denuncia, restando sottoposti tuttavia all’obbligo del “giustificato motivo” per essere portati fuori dall’abitazione.

Ciò che rende abbastanza surreale il testo della circolare in oggetto è che, se le conclusioni alla quale giunge sono assolutamente inoppugnabili per quanto riguarda il comune cittadino, ma a determinare una confusione di base è il preambolo, nel quale si statuisce in pratica che la circolare è emanata in risposta agli uffici di Ps che chiedevano come comportarsi “qualora i detentori siano militari in servizio ovvero si tratti di loro eredi ed aventi causa”.

Ebbene, tra i militari in servizio e gli “eredi e aventi causa” c’è in realtà un abisso, quindi non si capisce come possano essere accomunati anche solo in parte. Per i militari in servizio, infatti, appare evidente che le facoltà e i limiti relativi all’arma bianca che sia loro assegnata in dotazione, con particolare riferimento alla possibilità di porto in uniforme nelle occasioni nelle quali ciò sia previsto, non sono determinati dal Tulps o dalla normativa in materia di armi, bensì dai relativi regolamenti militari e da specifiche norme di legge. Così come avviene, peraltro, per il fucile d’assalto o la pistola, che per la legge italiana sono armi da guerra. Appare quindi evidente che, per come è posta, la circolare ponga un evidente conflitto di competenze tra la sfera civile e quella militare ma, soprattutto, determini in capo a questori, prefetti e altri funzionari di particolare solerzia una vera e propria “caccia alle streghe” nei confronti del personale in uniforme in possesso di sciabole e spadini vari, con contorno di denunce per porto abusivo d’arma nel momento in cui la sciabola sfoderata al matrimonio del commilitone sia provvista, ohibò, addirittura di pericolosissima punta.

Da una normativa ormai obsoleta, qual è quella sulle armi bianche in Italia, continuano a derivare conseguenze sempre più assurde, che disperdono preziose energie da parte delle forze dell’ordine per dare la caccia a lucciole e falene. Fino a quando sarà necessario sopportare questo stato di cose? A quando una riforma seria della normativa sulle armi bianche?

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