Come si classificano le armi?

La legge 110 del 1975 divide le armi da fuoco in due grandi categorie: quelle da guerra e quelle comuni da sparo. Ma non è finita lì

La legge 110 del 1975 divide le armi da fuoco in due grandi categorie: quelle da guerra e quelle comuni da sparo, le quali, a loro a volta, rientrano nella grande famiglia delle armi proprie, cioè di quelle armi la cui naturale destinazione è l’offesa alla persona. Per le armi da guerra, la possibilità di detenzione da parte del privato cittadino è ridotta a casi rarissimi, mentre le armi comprese nel secondo gruppo sono quelle destinate al commercio e possono essere a loro volta suddivise in altre categorie: le armi catalogate sportive, le armi lunghe i cui calibri rientrano tra quelli consentiti per la caccia e le armi comuni vere e proprie. Discorso diverso meritano le armi antiche che, comunque, non essendo da guerra rientrano necessariamente tra le armi comuni: per loro, la normativa in vigore ammette la detenzione fino a un numero di otto, dopo di che è necessario richiedere il rilascio della licenza di collezione. Nelle prime tre categorie rientrano: – i fucili con una o più canne ad anima liscia, a ripetizione manuale o semiautomatica (non a ripetizione automatica, cioè a raffica); – i fucili con due canne ad anima rigata; – i fucili con due o tre canne miste ad anime lisce o rigate; – i fucili, le carabine, i moschetti con canna ad anima rigata a ripetizione manuale o semiautomatica (non a raffica); – i revolver; – le pistole sia monocolpo sia semiautomatiche; – le armi ad aria compressa, sia lunghe sia corte, idonee a recare offesa alla persona; – le repliche moderne delle armi ad avancarica che non rientrino tra le armi antiche