Chi frequenta pregiudicati non può diventare Gpg (e perde le armi)

Con sentenza n. 07828 pubblicata l’8 settembre 20222, la sezione Terza del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da un cittadino che si era visto rifiutare dalla locale prefettura il decreto di nomina a guardia giurata (provvedimento al quale è seguito il divieto di detenzione delle armi e la revoca del porto di fucile per Tiro a volo), perché nel corso di numerosi controlli svolti sul territorio dall’autorità di pubblica sicurezza, “l’appellante è stato trovato in compagnia di soggetti gravati da pregiudizi di polizia, essendo le frequentazioni con soggetti censurati ostative alla formulazione di un giudizio favorevole in ordine al possesso dei requisiti soggettivi della buona condotta e dell’assoluta affidabilità, indispensabili per coloro che intendono svolgere le delicate mansioni affidate alle guardie giurate”.

L’interessato aveva proposto ricorso al Tar della Puglia, il quale però aveva ribadito la legittimità dell’azione della prefettura, ritenendo non fondate le ragioni dell’appellante secondo il quale le frequentazioni con pregiudicate sarebbero state risalenti nel tempo e sporadiche. Il Consiglio di Stato ha osservato sul punto che “Il Giudice di prime cure ha, in primo luogo, dato risalto al fatto che i controlli subiti dal ricorrente in compagnia di soggetti inaffidabili sono spesso avvenuti a bordo di autovetture, desumendo da tale circostanza che non potesse trattarsi, come sostenuto dal ricorrente, di incontri occasionali. In secondo luogo, il primo Giudice ha ribadito che il diniego del porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando invece un’eccezione al generale divieto di detenere armi, che può ammettersi solo in favore di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il buon uso delle stesse. Il Tar adito ha poi aggiunto che la valutazione che compie l’Amministrazione, in qualità di Autorità di pubblica sicurezza, è caratterizzata da ampia discrezionalità, sindacabile sotto i profili del travisamento dei fatti e di manifesta illogicità, e che, nel caso di specie, i provvedimenti gravati si riferiscono a fatti e circostanze precisi, da cui congruamente l’Amministrazione ha dedotto un giudizio di insussistenza del requisito soggettivo”.

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, argomentando che “sussiste in capo all’Amministrazione l’obbligo di valutare, con la discrezionalità tipica sottesa al rilascio delle autorizzazioni di polizia, a maggior ragione in un ambito di particolare delicatezza quale quello che implica comunque l’uso delle armi, l’irreprensibilità del richiedente, non in termini assoluti e lato sensu etici, bensì, con un approccio finalistico, in funzione proprio dei contenuti specifici della richiesta avanzata. Si è, altresì, precisato che la peculiarità del ruolo della guardia particolare giurata, chiamata a tutelare l’integrità del patrimonio altrui, tanto che il legislatore annette allo stesso il riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio (art. 138, ultimo comma, T.U.L.P.S., aggiunto dall’art. 33, comma 1, lett. d) della L. 1° marzo 2002, n. 39), impone un’attenzione particolare nell’esercizio di tale discrezionalità, non richiedendo necessariamente un giudizio di vera e propria pericolosità sociale dell’interessato (cfr. Cons. St. sez. III, 10 luglio 2018, n. 4215). È, infatti, noto che l’inaffidabilità all’uso delle armi è idonea a giustificare l’adozione di misure con valenza tipicamente cautelare, senza che occorra dimostrarne l’avvenuto abuso. Tale valutazione, caratterizzata da ampia discrezionalità, ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per il fatto che vi sia la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili (cfr. Cons. Stato, sez. III, 1 agosto 2014, n. 4121). Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull’affidabilità del soggetto e sull’assenza di rischio di abusi, per certi versi più stringente del primo, atteso che il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2016, nr. 922; Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987). Sulla scorta dei suesposti principi, la giurisprudenza ritiene esigibile nei confronti delle guardie particolari giurate una condotta improntata al massimo rispetto della legalità, evitando con accortezza situazioni ambigue e comunque non adeguate ai compiti propri della qualifica stessa….(omissis)… Dall’istruttoria è infatti emerso che l’interessato è stato controllato undici volte unitamente a diversi soggetti aventi a carico pregiudizi e precedenti penali, in molte occasioni a bordo di autovetture: in quattro occasioni, l’ultima delle quali nel 2016, l’appellante è stato identificato insieme a un soggetto segnalato per rapina, furto, reati in materia di stupefacenti, oltraggio, resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli”.

Il Consiglio di Stato ha concluso affermando che “Del resto, la frequentazione di persone gravate da procedimenti penali e di polizia assume un’indubbia importanza in sede di valutazione della affidabilità del richiedente al fine della nomina a guardia particolare giurata; gli organi del Ministero dell’interno ben possono rilevare come tali frequentazioni possano dare luogo a rischi, specie con riferimento alla possibilità che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi (cfr. Cons. St., sez. III, 27 marzo 2018, n.1905). Quanto detto a maggior ragione in relazione al riconoscimento di qualifiche cui accede un titolo agevolato di porto d’arma, la cui custodia impone un’attenzione al contesto comprensibilmente accentuata. Al riguardo, peraltro, non vi è ragione di discostarsi dall’affermazione del Consiglio di Stato secondo la quale gli organi del Ministero dell’Interno ben possono rilevare come certe frequentazioni «possano dare luogo al rischio che l’arma sia appresa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa”.