Biden: la mappa delle possibili restrizioni

Gli analisti, confrontando le affermazioni fatte prima e durante la campagna elettorale da Joe Biden, hanno stilato una “classifica” delle restrizioni in materia di armi, suddividendola tra “probabili” e “possibili”

Così come il suo ultimo predecessore Dem, cioè Barack Obama, anche il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden rischia di passare alla storia come il più grande venditore di armi al mondo: la notizia della sua elezione ha infatti dato un’ulteriore accelerazione alle vendite di armi negli Stati Uniti, già a livelli record da marzo per le paure legate alla pandemia e ai disordini sociali collegati alla protesta del Black lives matter. Tra le aziende quotate in borsa, Smith & Wesson lo scorso settembre ha dichiarato un aumento delle vendite del 141 per cento nell’ultimo trimestre, mentre il margine di profitto lordo è aumentato del 42 per cento. Per Ruger si parla di un aumento del 53 per cento e di dividendi a fine anno pari a 5 dollari per azione. A movimentare gli acquisti c’è ovviamente il timore dell’introduzione di restrizioni da parte del nuovo presidente, misure peraltro che furono annunciate fin dai primissimi passi della sua candidatura alla presidenza, ancor prima che iniziasse la campagna elettorale vera e propria. Così, gli analisti si sono soffermati sulle differenti affermazioni rilasciate dal candidato, stilando una “hit parade” delle possibili restrizioni, sulla base della maggiore o minore probabilità.

Tra le restrizioni definite “probabili” c’è l’estensione totale del background check, la verifica tramite il database Fbi prima dell’acquisto di un’arma, per escludere che l’acquirente abbia precedenti penali o psichiatrici. Il background check sarebbe applicato non solo sulle vendite di armi nelle armerie, ma anche nelle fiere e tra privati (transazioni, queste ultime, che nella maggior parte degli Stati non sono in alcun modo soggette a vaglio preventivo). Altre misure ritenute “probabili” sono il divieto di vendita on-line tanto di armi da fuoco complete quanto di munizioni, parti di armi eccetera. Secondo gli analisti, Biden potrebbe anche introdurre un limite al numero di armi acquistabili nell’unità di tempo (per esempio una sola arma al mese).

Tra le restrizioni “possibili”, quindi tutto sommato meno incombenti rispetto alle “probabili”, vi sono tuttavia alcune delle iniziative più draconiane per il settore e, anche, di sapore fortemente antidemocratico, come la messa al bando delle carabine “di aspetto militare” (cosiddetti black rifle), non solo (come fece Bill Clinton) attraverso l’introduzione di limitazioni alla vendita, ma anche attraverso la confisca obbligatoria ai proprietari, dietro indennizzo (cosiddetto buyback). Secondo gli analisti, Biden sarebbe disposto a introdurre queste misure anche con un ordine esecutivo, quindi saltando (o condizionando fortemente) il vaglio parlamentare. Sarebbe comunque soggetto, a posteriori, al vaglio di legittimità del suo operato da parte dell’autorità giudiziaria (fino alla corte suprema che, lo ricordiamo, è saldamente in mani repubblicane), ma finché non fossero dichiarate incostituzionali, le misure contenute in un ordine esecutivo continuerebbero a produrre i loro effetti.

Altra iniziativa estremamente grave è quella di consentire la citazione in giudizio per responsabilità civile nei confronti delle aziende produttrici di armi, per i fatti illeciti commessi con uno dei loro prodotti. Questo inevitabilmente condurrebbe alla bancarotta tutte le principali aziende nazionali del settore, a partire da Remington arms. A supporto di questa tesi (che secondo la mentalità giuridica europea dei Paesi di Civil law appare quantomeno surreale), vi sono alcune dichiarazioni rilasciate da Biden in campagna elettorale, secondo le quali “il nostro nemico sono i produttori di armi, non la National rifle association”.

Tra le iniziative giudicate “improbabili” c’è quella di sottrarre fondi alle forze di polizia (in omaggio alla tendenza scaturita insieme al movimento Black lives matter di “defund the police”), ma sull’argomento il futuro presidente ha rilasciato dichiarazioni perlomeno altalenanti, dichiarando in alcune occasioni di essere favorevole ma in altre di ritenere necessario un aumento dei finanziamenti alle forze dell’ordine.