Avviata la raccolta di firme per abolire la caccia

Pubblicata in Gazzetta ufficiale la raccolta di firme per promuovere un referendum abrogativo della legge quadro sulla caccia

La Gazzetta Ufficiale n. 35 dell’11 febbraio dà conto della messa a verbale, da parte della corte di Cassazione, della richiesta di iniziare la raccolta di firme da parte di tredici rappresentanti di altrettante associazioni animaliste, per un referendum abrogativo della legge quadro sulla caccia, la 157/92. Gli stessi promotori hanno anche depositato la richiesta per un referendum per l’abrograzione del decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 26, di attuazione della direttiva 2010/63/Ue sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.

Da questo momento, i promotori hanno 90 giorni di tempo per raccogliere le 500 mila firme necessarie al referendum, che dovrebbe poi svolgersi nel 2022.

“Divieto di utilizzo del piombo in tutta Europa, sospensione dell’attività venatoria con il pretesto dell’influenza aviaria, sistematica decurtazione dei calendari venatori, parcomania dilagante che sottrae territorio agrosilvopastorale utilizzabile con percentuali di territorio che vanno ben oltre i limiti massimi previste dalle normative statali, attacchi sistematici ai portatori della Cultura rurale su tutti i mezzi di informazione, convocazioni delle sole associazioni animal-ambientaliste da parte del nuovo Governo con la costituzione su loro richiesta del Ministero della transizione ecologica, sono solo alcuni dei segnali inequivocabili che dimostrano la volontà di sferrare un colpo mortale alle attività portatrici della Cultura rurale, iniziando dalla caccia. Per chi ancora non lo avesse capito, è indispensabile unire urgentemente le forze di tutte le attività portatrici della Cultura rurale per sconfiggere i nemici comuni che ci vogliono annientare”, ha commentato l’europarlamentare di Fdi, Sergio Berlato.

Con perfetto tempismo, se un simile referendum avesse successo, soprattutto nella forma estrema prescelta dai promotori, avrebbe l’effetto di azzerare un ulteriore mezzo punto del Pil italiano, nel momento probabilmente di maggior crisi economica del Paese dal 1945. Al di là degli aspetti prettamente faunistici, si potrebbero verosimilmente stimare oltre 500 mila posti di lavoro persi.