Sua maestà è arrivata!

La svizzera Astra arms propone una replica civile della mitica mitragliatrice Minimi. Si chiama Mg556.

È la versione civile (e sportiva…) della più famosa mitragliatrice leggera del mondo occidentale, la Fn Minimi: conservata la massima fedeltà estetica e meccanica, quasi 7 chilogrammi di puro divertimento (e collezionismo sfrenato)

Chiamatela Minimi, chiamatela M249, chiamatela come volete (e come è stata effettivamente denominata nella sua ormai lunga storia operativa), qualsiasi appassionato d’armi degno di questo nome, almeno di armi militari del XX secolo, a prima vista è perfettamente in grado di identificare l’argomento del discorso: parliamo della mitragliatrice leggera calibro 5,56×45 mm più famosa di tutto il mondo occidentale, concepita dal grande progettista belga Ernest Vivier, autore alcuni decenni prima di un altro grande successo militare, la mitragliatrice media Mag (ancora in servizio con l’esercito statunitense come M240, per esempio). Le mitragliatrici sono già di per sé un tema affascinante per l’appassionato, la Minimi in particolare è oggetto di ammirazione perché consente di coniugare una grande potenza di fuoco (800 colpi al minuto, a raffica) con una grande leggerezza, visto che il peso complessivo con 200 cartucce a stento arriva ai 10 chilogrammi. Se, però, le aziende produttrici di armi sportive hanno negli ultimi quarant’anni proposto praticamente qualsiasi modello di fucile d’assalto del dopoguerra in versione civile (cioè senza la raffica), non sono molte le aziende che si siano cimentate nella realizzazione di controparti “legali” e legalmente detenibili da parte dei privati cittadini delle mitragliatrici, in quanto spesso e volentieri si tratta di un collezionismo di nicchia, visti i costi e gli ingombri di queste armi che, ridotte alla condizione di semplici “carabine” (eliminando la raffica), presentano comunque caratteristiche di maneggio decisamente impegnative. Fa eccezione (meritoria!) la svizzera Astra arms, che ha deciso di realizzare una variante civile della M249, ribattezzata Mg556. Un sogno che diventa realtà, che non potevamo esimerci dal presentarvi.

L’azienda elvetica ha lavorato in modo da salvaguardare al massimo l’estetica dell’arma militare, favorita in questo anche dal fatto che l’originale a raffica presenta una originale soluzione di alimentazione che prevede la possibilità di scegliere tra l’alimentazione a nastro (con maglie disintegrabili M27) e l’alimentazione con i classici caricatori bifilari a presentazione alternata a norma Stanag per M16. Una volta, quindi, che si è costretti a rinunciare all’alimentazione a nastro per la commercializzazione sul mercato civile, resta pur sempre disponibile “l’altra via”, senza necessità di introdurre anomalie estetiche e meccaniche.

La Minimi militare si è ritrovata in servizio, nel corso della propria lunga storia operativa, con una molteplicità di fornimenti, che prevedono calciatura tubolare in acciaio oppure in polimero tipo M240, astine anteriori in lamiera e polimero o solo lamiera, con o senza copricanna: la configurazione scelta per la commercializzazione di questa Mg556 prevede le soluzioni tipiche della versione classica Fn, quindi con calciatura in tubolare d’acciaio e astina in lamiera e polimerica senza copricanna superiore. Esteticamente è anche una delle nostre preferite, ma questi sono gusti personali. L’unica differenza rispetto alla M249 classica è a prima vista rappresentata dal rompifiamma, a quattro rebbi e piuttosto allungato, comunque molto piacevolmente aggressivo e perfettamente integrato dal punto di vista estetico. Rispetto alla M249 classica in servizio fino ai primi anni Duemila, si è scelto anche di equipaggiare questa Mg556 della slitta Picatinny solidale al coperchio superiore, che ha fatto la propria comparsa ormai da alcuni anni con l’Us army e che consente di integrare le mire metalliche convenzionali con ottiche di puntamento o, più facilmente, collimatori olografici tipo Acog. Altra differenza che si nota a prima vista è la presa di gas sprovvista della valvola a due posizioni (impiego normale e in condizioni critiche) che normalmente è posta all’estremità anteriore.

Come si fa a “ridurre” in semiauto una mitragliatrice? Per quanto riguarda la Minimi, si è operato su due distinti fronti: da un lato si è passati dall’iniziare il ciclo di sparo a otturatore aperto, a un sistema convenzionale a otturatore chiuso, con percussione a cane interno. Nell’arma originale, arretrando la manetta di armamento il portaotturatore viene agganciato dal gruppo di scatto e mantenuto in apertura, in questo modo si agevola la ventilazione dell’anima della canna e si evitano le autoaccensioni a canna calda, perché la cartuccia non viene camerata se non nel momento effettivo dello sparo. Premendo il grilletto è quindi tutto il complesso otturatore-portaotturatore che viene liberato e fatto scattare in avanti, sfilando una cartuccia dal nastro o dal caricatore (a seconda dei casi), camerandola e quindi facendo partire automaticamente il colpo. Nella versione civile, invece, arretrando la manetta di armamento l’otturatore si apre ma poi, rilasciandola, scatta in chiusura, camerando la cartuccia. Il gruppo di scatto è dotato di un cane interno che si abbatte premendo il grilletto, determinando la partenza del colpo. Con questa soluzione si sono ottenuti due risultati: il primo è che, ovviamente, risulta pressoché impossibile con questa conformazione meccanica ripristinare il tiro a raffica; in secondo luogo, nel tiro semiautomatico non c’è il ritardo e lo spostamento avvertibile delle masse tipico di un’arma funzionante a otturatore aperto, con conseguente superiore precisione intrinseca. Il secondo fronte della “civilizzazione” ha comportato l’eliminazione fin dalla costruzione dei leverismi e dei ganci preposti alla ritenzione e al trascinamento del nastro. È stato rimosso anche il piolo attuatore sul portaotturatore. In compenso è stato mantenuto sia il vassoio di alimentazione porta nastro, sia il coperchio incernierato, a favore della massima fedeltà di riproduzione. A proposito di fedeltà, anche la canna (lunga 18,3 pollici, con anima cromata e passo di rigatura a sei principi di un giro in 7 pollici, come da specifiche militari), ha mantenuto la possibilità di sgancio rapido, tipica dell’arma militare: ovviamente in un’arma semiautomatica non è praticamente possibile raggiungere le temperature che nell’arma militare richiedono la sostituzione con una canna fredda, per consentire la prosecuzione del tiro, ma è semplicemente bellissimo per l’appassionato riscontrare che la leva a sgancio rapido funziona proprio come l’originale. Solo, non essendo stato previsto un hold open, per rimuovere la canna è necessario tenere arretrato l’otturatore manualmente, cosa che sull’originale non è previsto. Comunque, l’operazione è del tutto agevole, una volta presa la mano.

Sulla sommità della canna è presente la maniglia orientabile che, oltre a consentire la presa per la sostituzione senza scottarsi (nell’originale a raffica), essendo situata in prossimità del baricentro è utile anche per il trasporto dell’arma, cosa che si apprezza moltissimo anche con la replica, visto che se è vero, come è vero, che il peso è inferiore di qualche cosa rispetto alla controparte marziale (forse proprio a causa dell’assenza dei meccanismi per l’alimentazione a nastro), stiamo però parlando pur sempre di quasi sette chilogrammi di acciaio!

L’arma ha funzionamento semiautomatico a recupero di gas: quando parte il colpo, l’otturatore è saldamente vincolato al prolungamento della culatta della canna, grazie a due alette frontali di bloccaggio, che si inseriscono nelle corrispondenti sedi presenti appunto nella barrel extension: parte dei gas di sparo viene spillata attraverso un foro nella canna e convogliata nel sottostante cilindro, a spingere il pistone solidale al portaotturatore. Quest’ultimo comincia quindi ad arretrare e, tramite un profilo a camme, prima costringe l’otturatore a ruotare, disimpegnando le alette di chiusura dai recessi nella culatta, poi lo trascina con sé, estraendo ed espellendo il bossolo. Nella parte posteriore del portaotturatore è posta la molla di recupero, parzialmente investita anche dentro la calciatura, la sua distensione riporta in avanti il complesso, l’otturatore quindi sfila una cartuccia dal caricatore e la camera, ripristinando infine il bloccaggio. Il caricatore è inserito in un bocchettone collocato circa a “ore 8” rispetto all’asse longitudinale, l’espulsione dei bossoli avviene invece all’incirca a “ore 4” (per evitare interferenze con la struttura di trascinamento del nastro e con il pistone di presa gas), la finestra di espulsione è protetta da un coperchio a molla che funge anche da deflettore. La manetta di armamento, posta sul lato destro, è dotata di un dente che spinge il portaotturatore e scorre in una apposita scanalatura laterale. Per evitare che fango, sabbia o altri inquinanti possano entrare nel meccanismo, la scanalatura è protetta da un apposito sportello scorrevole a ghigliottina in senso verticale, spinto verso il basso da apposite molle a filo. Tanto si riscontra nell’originale militare, tanto si può ammirare anche nella replica. Un altro “schermo” nei confronti dei corpi estranei è previsto per il bocchettone del caricatore: si tratta di un ulteriore coperchio a molla che occlude il bocchettone, questo accorgimento serve ovviamente in modo maggiore nell’arma militare quando è alimentata a nastro, ma è un preziosismo gradito anche sulla replica civile. Gradito ma anche necessario, perché lo sportellino fa anche da dente di ritegno del caricatore Stanag. A tal fine nella parte superiore c’è una linguetta, solidale allo sportello, che serve per determinare lo sgancio del caricatore. Quando (sull’arma militare) si impiega il nastro e il coperchio è in posizione di chiusura, la linguetta funge da guida per il nastro medesimo, mentre quando è in uso il caricatore, la linguetta assume una posizione tale da impedire l’avanzamento di un eventuale nastro che fosse inserito simultaneamente, evitando una doppia alimentazione.

La molla di recupero è realizzata a treccia, a massima garanzia di conservazione delle proprietà elastiche sia dopo reiterati cicli di funzionamento, sia in presenza di temperature elevate.

Lo smontaggio è improntato alla massima praticità: sfilando dal lato destro i due perni alla base della calciatura (perni che restano prigionieri, non si possono quindi smarrire), si può disgiungere la calciatura medesima con l’asta guidamolla e la molla di recupero. Si può quindi sfilare il gruppo di scatto-impugnatura, che è semplicemente trattenuto all’estremità anteriore tramite un incastro, e sfilare infine il portaotturatore con l’otturatore. La canna si smonta azionando la leva posta sul lato sinistro, appena dietro l’anello della maniglia: si ruota la leva e si sfila in avanti, facilmente. Ovviamente se l’otturatore è in chiusura non è possibile smontarla, bisogna arretrare l’otturatore.

Le mire riproducono l’originale militare e prevedono un mirino a palo protetto da tunnel, regolabile in elevazione, al quale fa riscontro una diottra montata su un supporto che funge anche da alette di protezione. Sul supporto sono presenti due ghiere, quella posteriore consente la regolazione del punto di impatto in elevazione dai 200 ai 1.200 metri, quella anteriore serve per eventuali regolazioni in brandeggio. Per quantificare lo spostamento in brandeggio, alla base della diottra è presente un’asta con estremità a “V” alla quale fa riscontro una scala graduata sulla base del supporto. Per le regolazioni più grossolane in senso laterale, è possibile traslare il supporto del mirino, innestato a coda di rondine sul gruppo presa gas e fermato con una vite. Come anticipato, sulla sommità del coperchio è presente anche una lunga slitta Picatinny per l’eventuale installazione di organi di mira ausiliari, le immagini operative evidenziano in molti casi l’impiego di collimatori a punto rosso.

Lo scatto è un monostadio piuttosto pulito, anche se la corsa è discretamente lunga, il peso di sgancio è di circa 2.500 grammi.

Abbiamo svolto la prova a fuoco sulla distanza di 100 metri, in appoggio anteriore su bipiede, utilizzando un misto di munizioni commerciali con palla di 55 grani Fmj (Fiocchi e Sellier & Bellot) e con palla Jhp di 50 grani sempre della Fiocchi. Va detto anzitutto che quando si interviene su una meccanica concepita per iniziare il ciclo di sparo a otturatore aperto, trasformandola in modo da iniziare il ciclo a otturatore chiuso, se non si agisce nel modo corretto si rischia di rovinare tutto: la presenza del cane aggiuntivo (con relativa molla) comporta infatti una diversa risposta delle masse mobili e, specialmente su armi con chiusura a massa, possono verificarsi aperture anticipate o, al contrario, inceppamenti e necessità di utilizzare munizionamento speciale con prestazioni superiori. L’arma oggetto della nostra prova ha funzionato come un violino con tutte le cartucce della prova, evidenziando che le modifiche meccaniche e concettuali sono state realizzate utilizzando il cervello. L’espulsione è molto vigorosa a 45 gradi verso il basso, rimbalzando sul bancone (o sul pavimento se si spara da sdraiati) i bossoli vengono proiettati in avanti, fino anche a quattro metri dall’origine del tiro. Per quanto riguarda le prestazioni, occorre premettere che la diottra è montata sul coperchio e che il coperchio ha un leggero lasco rispetto alla propria sede, poiché però è presente anche una molla di contrasto, questo lasco viene azzerato e, di conseguenza, l’eventuale errore determinato da questa tolleranza risulta inesistente. A 100 metri, il miglior risultato l’abbiamo ottenuto con le Sellier & Bellot e riteniamo che possa essere considerato del tutto paragonabile a quello ottenibile con un Ar15 di fascia alta, sempre ovviamente con le mire metalliche, con canna di 16 o 18 pollici. Occorre considerare anche che, visto il passo di rigatura, con palle di 62, 69 o addirittura 77 grani è lecito attendersi risultati ancora superiori in termini di rosata.

Merita un approfondimento anche l’aspetto più prettamente “muscolare” della prova, costituito cioè dalle imponenti dimensioni dell’arma e dal relativo peso: se siete abituati a gestire carabinette tipo Ar con canna di 16 pollici, 14,5 pollici o giù di lì, provare la Minimi è come passare dalla guida di una Fiat 500 a quella di un carro armato Leopard. Ed è… bellissimo! Nel tiro in appoggio il rinculo si scarica in modo perfettamente rettilineo ed è ovviamente dolcissimo, ma ci siamo anche presi la soddisfazione di imbracciare l’arma proprio come un normale Ar, in piedi, e sparare grandinate di 29 colpi, con cadenza inesorabile e una stabilità granitica dell’arma. È una esperienza che ogni vero appassionato dovrebbe provare almeno una volta nella vita! Per aumentare il comfort di tiro, specialmente da sdraiati, sopra il calciolo è presente uno spallaccio ripiegabile in filo d’acciaio, che consente una miglior stabilità del calcio sulla spalla.

L’articolo completo su Armi e Tiro di dicembre 2019

Produttore: Astra arms, astra-arms.ch

Distributore: Prima armi, via San Paolo 10, 10060 Pinasca (To), tel. 0121.32.14.22, primarmi.it

Modello: Mg556

Tipo: carabina semiautomatica

Calibro: .223 Remington

Funzionamento: recupero di gas, otturatore rotante

Alimentazione: caricatore Stanag bifilare

Numero colpi: 29

Canna: lunga 18,3 pollici (465 mm), con rompifiamma, anima cromata, rigatura a 6 principi con passo di 1:7”

Lunghezza totale: 1.060 mm

Percussione: cane interno

Scatto: diretto, monostadio, peso di sgancio 2.500 grammi circa

Sicura: manuale a traversino

Mire: mirino a palo regolabile in elevazione, diottra regolabile in elevazione e derivazione, slitta Picatinny sul coperchio per l’installazione di ottiche di puntamento

Materiali: acciaio al carbonio, impugnatura e astinain polimero

Finiture: fosfatazione grigio antracite

Peso: 6.850 grammi

Qualifica: arma sportiva

Prezzo: 4.899 euro, Iva inclusa