Omessa custodia: il pericolo di abuso delle armi deve essere dimostrato

Il Tar del Lazio ha pronunciato una interessante sentenza (n. 08474 del 15 luglio 2021) incentrata sul concetto di affidabilità o inaffidabilità del cittadino in presenza di una denuncia per omessa custodia di armi, presentata in una circostanza molto particolare. La questura di Roma ha infatti disposto la revoca del porto di pistola per difesa personale e del porto di fucile per Tiro a volo concessi a suo tempo a un cittadino, perché quest’ultimo aveva lasciato incustodito un borsello contenente la pistola (carica) nello spogliatoio di uno studio radiologico, in occasione di una risonanza magnetica.

Il ricorrente, tra i motivi addotti per motivare il ricorso al Tar, aveva in particolare spiegato che si era recato nello studio medico per effettuare la risonanza magnetica, lasciando il borsello con gli effetti personali nello spogliatoio della sala raggi, spogliatoio peraltro visibile dall’interno della stessa sala raggi. A seguito di alcune complicazioni sorte per effetto del mezzo di contrasto usato per la risonanza, il cittadino necessitava di alcuni minuti per riprendersi da uno stato confusionale, in questo intervallo di tempo gli operatori sanitari rinvenivano il borsello e, constatata la presenza della pistola, avvisavano le forze dell’ordine, sopraggiunte proprio nel momento in cui, passato il momento di disorientamento, il paziente chiedeva di accedere allo spogliatoio per recuperare il borsello. I carabinieri, all’accaduto, sporgevano denuncia per omessa custodia, in seguito alla quale la questura disponeva il ritiro delle licenze per inaffidabilità del titolare.

Al riguardo i giudici hanno osservato che “Al riguardo, l’istante sostiene che, durante l’esame radiologico, essendo stato utilizzato un c.d. “mezzo di contrasto”, ha accusato un malore che ha reso necessario l’intervento della moglie in quanto, una volta terminato il controllo, si trovava in un evidente stato confusionale. Ora, una tale situazione, confermata in una dichiarazione scritta dalla moglie del ricorrente, seppure non risulti dagli atti redatti dai militari dei Carabinieri, in ogni caso, non risulta smentita in questa sede, sebbene l’amministrazione resistente sia stata onerata dalla Sezione di fornire una dettagliata relazione sui fatti di causa. Del resto, non può dirsi inverosimile la ricostruzione operata dal ricorrente in quanto costituisce fatto notorio che l’utilizzo dei c.d. “mezzi di contrasto” possa determinare reazioni allergiche tali da indurre il soggetto in uno stato confusionale; da ciò risulta verosimile che l’istante sia stato quindi accompagnato dalla consorte al di fuori della stanza dove si svolgono gli esami radiologici e che, successivamente, una volta superato lo stato confusionale, il ricorrente abbia chiesto di recuperare gli effetti personali lasciati nello spogliatoio. Peraltro, negli atti redatti dai militari dei Carabinieri, oltre al fatto di essere interventi alle ore 15.30, null’altro aggiungono con riferimento alla esatta dinamica dei fatti, se non la circostanza di essere stati allertati dal personale dello studio radiologico. Ciò precisato in punto di fatto, ritiene il Collegio che, alla luce di quanto emerge dalla documentazione depositata in giudizio, non può essere ritenuta inverosimile la ricostruzione operata dalla parte ricorrente e, pertanto, la valutazione in punto di responsabilità e quindi di affidabilità dell’istante non può prescindere dalla considerazione di tali circostanze. Peraltro, nel provvedimento impugnato, nessuna valutazione viene svolta sulla personalità del soggetto e, in particolare, sui seguenti aspetti ovvero: che il ricorrente è professionista, abilitato all’esercizio della professione medica; che è titolare di licenza di porto d’armi sin dal 2009 e che, fino all’evento del 13 gennaio 2020, non è mai stato segnalato in relazione ad ipotesi di non corretto uso delle armi; che svolge l’attività di giudice arbitro nelle gare di tiro a volo. Ora, come esposto in precedenza, il pericolo di abuso delle armi deve essere comprovato e richiede comunque un’adeguata valutazione non solo del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto interessato, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità. Nel caso di specie, alla luce proprio di una valutazione complessiva della personalità del soggetto interessato, non risulta giustificabile un giudizio – anche solo prognostico – sulla sopravvenuta inaffidabilità in quanto, dalla stessa ricostruzione del fatto (non apparsa inverosimile), non può farsi derivare che la omessa custodia dell’arma sia dipesa da una cosciente volontà, anche solo colposa, dell’istante in quanto non può escludersi che sia invece dipesa da un momento – passeggero – di alterazione psico-fisica non autodeterminata. A ciò deve però aggiungersi che l’amministrazione resistente non ha altresì tenuto in alcun conto la “storia personale” del soggetto interessato il quale, oltre ad un essere un professionista abilitato alla professione medica, non risulta essere mai stato segnalato da quando è titolare della licenza di porto d’armi (ovvero dal 2009) e, anzi, non si può escludere che, proprio per la sua affidabilità, sia stato nominato giudice arbitro nell’ambito delle gare di tiro a volo”.

Per questo motivo i giudici hanno accolto il ricorso, annullando il provvedimento di ritiro delle licenze di porto d’armi.

 

Per leggere la sentenza in forma integrale, CLICCA sull’allegato qui sotto

Tar omessa custodia