.300 Winchester short magnum

I produttori di munizioni statunitensi, dopo una pausa durata più di tre decenni, hanno finalmente ripreso lo sviluppo di calibri ad alte prestazioni per carabine bolt-action, con una nuova classe di cartucce magnum “corte” che permette di costruire armi di peso ridotto e migliore maneggevolezza, senza significative rinunce in termini di potenza e radenza delle traiettorie. La Winchester è stata protagonista di questo rinnovamento, presentando nel 2001 una nuova ser… I produttori di munizioni statunitensi, dopo una pausa durata più di tre decenni, hanno finalmente ripreso lo sviluppo di calibri ad alte prestazioni per carabine bolt-action, con una nuova classe di cartucce magnum “corte” che permette di costruire armi di peso ridotto e migliore maneggevolezza, senza significative rinunce in termini di potenza e radenza delle traiettorie. La Winchester è stata protagonista di questo rinnovamento, presentando nel 2001 una nuova serie di cartucce denominate Winchester short magnum, caratterizzate da un bossolo notevolmente corto (solo 53 mm, contro i 66 del .300 Winchester magnum) ma, in compenso, decisamente più “panciuto” dei consueti magnum belted. Le nuove cartucce Wsm (disponibili, per il momento, in calibro .300, 7 mm e .270) hanno la spalla molto pronunciata e una lunghezza massima compatibile con quella dei serbatoi delle carabine ad azione corta prodotte dai principali costruttori. Grazie a queste proporzioni, la .300 Wsm ha una capacità interna molto maggiore della .308 Winchester (che ha, grosso modo, la stessa lunghezza dei calibri Wsm) e appena inferiore a quella del lungo bossolo del .300 Winchester magnum. Un altro punto di svolta rispetto al passato è che, finalmente, i tecnici Winchester hanno abbandonato la configurazione cinturata del bossolo, derivata dai gloriosi calibri belted della Holland & Holland. Questa è indubbiamente un’ottima scelta visto che il cinturino di rinforzo, nella maggioranza dei calibri magnum attuali, non ha una reale giustificazione tecnica. Originariamente, era stato adottato nei calibri Holland & Holland perché i calibri che si andavano sviluppando avevano bossoli con una spalla troppo “sfuggente” per garantire un headspace corretto. Questo, però, ha comportato lo spostamento della battuta del bossolo dalla spalla al fondello, cioè allo spigolo anteriore del collarino: in tal modo, tra la palla e il punto di contatto con la camera, c’è l’intero spazio del bossolo, che agisce come un diapason sotto sparo creando vibrazioni che fanno sì che la palla si impegni nella rigatura con un angolo ogni volta leggermente differente. Questa caratteristica può essere minimizzata realizzando camere di scoppio con tolleranze particolarmente ristrette, ma non potrà mai essere eliminata del tutto. Come ogni calibro rimless a collo di bottiglia, invece, il .300 Wsm va in battuta sulla spalla: la superficie di contatto, innanzi tutto, è molto superiore a quella offerta dal bordino del belt delle munizioni cinturate. Inoltre, la distanza tra la palla e il punto di appoggio in camera è data, in questo caso, dalla sola lunghezza del colletto, con evidenti, benefiche conseguenze per la costanza di posizionamento del proiettile all’inizio della rigatura. Dalle prime prove, pare che la precisione intrinseca dimostrata dai nuovi Wsm sia ragguardevole, come in genere è prevedibile in presenza di una colonna di polvere corta e larga. In effetti, i Wsm hanno un’impostazione dimensionale paragonabile alle .22 Ppc e 6 mm Ppc, cartucce che in fatto di precisione sono ormai punti di riferimento al di sopra di ogni critica. In quanto a velocità e potenza, la Winchester per le proprie cartucce dichiara caratteristiche sovrapponibili all’ormai classico .300 Winchester magnum e, quindi, notevolmente superiori a quelle del .308 Winchester. In realtà, le prestazioni del Wsm sono necessariamente inferiori a quelle del .300 Winchester magnum utilizzando palle di peso superiore ai 180 grani, perché i proiettili più lunghi, affondando considerevolmente nel bossolo, ne riducono sostanzialmente il volume interno. Per mettere il nuovo Wsm in grado di affrontare anche la selvaggina nordamericana più “pesante” (orsi, alci e mammiferi similari) alla pari con i magnum lunghi, la Winchester ha adottato palle di 180 grani di qualità elevata, a espansione controllata e con un’ eccellente saldatura del nucleo alla blindatura. In questo modo è garantita una penetrazione adeguata anche nelle prede più grandi, senza ricorrere a palle di peso superiore a 200 grani (e senza rendere il rinculo inaccettabile). La nuova cartuccia .300 Wsm è stata rapidamente affiancata da due altri calibri allestiti sullo stesso bossolo, il .270 Wsm (di prestazioni simili al .270 Weatherby magnum) e il 7 mm Wsm (anche questo paragonabile al più noto 7 mm Remington magnum). Il bossolo Wsm è suscettibile di ulteriori variazioni sul tema quindi, se il mercato lo richiederà, è possibile che i tecnici della Winchester prevedano lo sviluppo di ulteriori calibri su questi bossoli, per completare la gamma con munizioni magnum corte dai 6 mm ai più grandi .338, .358 e oltre. Per il momento, le cartucce Wsm sono camerate nelle carabine Winchester serie 70 e in alcuni modelli della serie A-bolt Browning, tutte ovviamente su meccanica ad azione corta. L’offerta è, comunque, destinata ad allargarsi: nell’ultimo salone Iwa di Norimberga, per esempio, abbiamo già potuto osservare la prima carabina semiautomatica in .300 Wsm, la Browning Bar evolve, che ha ribadito la grande vitalità di questo progetto. La Remington ha, invece, preferito seguire una propria strada, presentando due versioni accorciate delle nuove 7mm e .300 Ultra magnum, denominate 7 mm Short action ultra magnum e .300 Short action ultra magnum, per il momento riservate ai fucili leggeri della serie Seven magnum. La Lazzeroni, invece, già da tempo propone una sua linea di proprietary cartridge per le sue carabine ad azione corta. Non è certamente la prima volta che le grandi industrie americane tentano la via delle cartucce ad alta intensità per carabine ad azione corta: anzi, il tentativo di ridurre peso e ingombro delle armi da caccia è sempre stata una costante per i produttori statunitensi. L’enorme mercato nordamericano è particolarmente sensibile all’offerta di carabine facilmente trasportabili, leggere e maneggevoli, anche perché nel nuovo continente prevale una tecnica di caccia agli ungulati di maggior movimento rispetto alle tradizioni dell’Europa centrale. A metà degli anni Cinquanta, la Winchester propose un’interessante cartuccia “corta e larga”, il .284 Winchester, seguita dopo qualche anno da due corti magnum belted della Remington, il 6,5 mm e il .350 Remington magnum. Questi tentativi ebbero scarso successo, in parte per errori di valutazione dei progettisti (per esempio, la Remington propose i due magnum in carabine leggere, ma ne penalizzò esageratamente le prestazioni montando canne troppo corte), in parte per le difficoltà di alimentazione (problema che, a volte, affliggeva anche la .284 Winchester, ma prevalentemente i Remington a causa del bossolo belted) ma, soprattutto, per lo scarso rendimento di queste cartucce corte con palle pesanti. La lunghezza ridotta dei caricatori ha reso inoltre necessario affondare eccessivamente il proiettile nel bossolo, limitando la capacità di polvere e, quindi, la potenza. Questo era un serio handicap quando si dovevano affrontare prede al limite delle capacità del calibro, non esistendo all’epoca cartucce commerciali caricate con proiettili di alta qualità, con un buon equilibrio tra espansione e conservazione del peso originario. La propensione dei proiettili dell’epoca a subire il distacco del nucleo di piombo dalla blindatura (fenomeno che può pregiudicare la penetrazione della palla e, quindi, il buon esito del colpo) obbligava a ricorrere a palle pesanti e robuste, che per espandere opportunamente dovevano essere spinte a velocità impossibili per una cartuccia corta. Questo fu probabilmente uno dei fattori decisivi dell’insuccesso di questi pur interessanti esperimenti, oggi superato grazie alle tecniche di ancoraggio del nucleo della palla alla blindatura che permettono di affrontare i maggiori ungulati nordamericani anche con proiettili di peso più ridotto, purché di alta qualità. Ecco, allora, acquisire un senso il divario di tempo intercorso tra lo sviluppo della vecchia .350 Remington magnum e le nuove Wsm e Short action ultra magnum: l’idea c’era ed era valida ma, come spesso accade, fu messa in pratica per la prima volta quando i tempi non erano maturi. In questi decenni, però, sono stati fatti passi notevoli sia nel campo dello sviluppo dei proiettili espansivi, sia nel campo dello studio dei propellenti e, quindi, è possibile che queste creazioni originali riescano nell’intento di fornire la massima potenza nel minimo spazio, con la prospettiva di mandare addirittura in pensione “mostri sacri” come il .300 Winchester magnum o il 7 mm Remington magnum. Solo il tempo, e il mercato, diranno se ci troviamo di fronte a un vero e proprio “uovo di Colombo” o solo a un originale esperimento destinato a cadere nell’oblio. Calibro Lunghezza bossolo (mm) Lunghezza cartuccia (mm) Diametro (mm) Capacità (Cm3) .308 Winchester 51 73 11,9 3,6 .300 Wsm 53,2 71 13,5 5,2 .300 Winchester magnum 66,3 84,8 12,9 5,6 Cartuccia Peso palla (grs) V0 (m/sec) E0 (joule) E0 (kgm) .308 Winchester 150 860 3.594 366 .300 Wsm 150 1.005 4.909 500 .300 Winchester magnum 150 990 4.763 486 .308 Winchester 180 800 3.732 380 .300 Wsm 180 905 4.777 487 .300 Winchester magnum 180 905 4.777 487 7 mm-08 140 870 3.433 350 7 mm Wsm 140 980 4.356 444 7 mm Remington magnum 140 990 4.446 453 7 mm-08 150 840 3.429 349 7 mm Wsm 150 970 4.573 466 7 mm Remington magnum 150 970 4.573 466 7 mm-08 160 810 3.401 347 7 mm Wsm 160 915 4.340 442 7 mm Remington magnum 160 930 4.484 457 L’articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro di aprile 2002