Uno sgambetto “politico”?

La bozza di recepimento sottoposta ieri al voto del consiglio dei ministri conteneva alcune "trappole" ben precise. Ma chi è l'artefice? E perché lo avrebbe fatto? In attesa di poter consultare il documento effettivamente approvato dal consiglio dei ministri ieri sera, che costituisce il recepimento della direttiva 2017/853, si pongono alcuni interrogativi sulla bozza circolata ieri pomeriggio, la quale conteneva almeno un paio di enunciazioni particolarmente "strane" rispetto a quello che è stato l'iter delle commissioni parlamentari. La prima di queste enunciazioni fa riferimento alla procedura per consentire il "collaudo" delle armi detenute in licenza di collezione, la quale nella bozza da noi consultata consentirebbe di testare tali armi "con cadenza non superiore a 6 mesi" (ma questo tutto sommato potrebbe anche essere una soluzione di compromesso accettabile) ma, udite udite, con lo sparo di "un numero di colpi non superiore a 62". Ora, al di là del fatto che anche una persona che conosca molto superficialmente il settore armiero arriva da solo a capire che le confezioni di cartucce contengono generalmente "cifre tonde" di munizioni (generalmente 50 per i calibri per pistola, 20 o 50 per i calibri per carabina), risulta difficile capire come sia stato possibile pensare a un numero, 62, che è divisibile in pratica solo per 1, 2 e per se stesso (o giusto per 31…). La nuova formulazione dell'articolo 7, relativa al potere da parte di questori o prefetti di limitare il numero massimo di cartucce acquistabili nel periodo di validità del porto d'armi, risulterebbe la seguente: "Nel permesso di porto d'armi e nel nulla osta all'acquisto di cui all'articolo 55, terzo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , è indicato il numero massimo di munizioni di cui è consentito l'acquisto nel periodo di validità del titolo. La misura ha durata annuale ed è rinnovabile. Non sono computate le munizioni acquistate presso i poligoni delle sezioni dell'Unione italiana tiro a segno, immediatamente utilizzate negli stessi poligoni".

Da quanto esposto risulta evidente che da una facoltà di limitazione attribuita all'autorità di Ps, per situazioni specifiche di ordine pubblico da motivare adeguatamente, si sarebbe passati in pratica a un vero e proprio automatismo, in base al quale questori e prefetti avrebbero "l'obbligo" di inserire un limite al numero di munizioni acquistabili. Una formulazione siffatta, però, al di là delle evidenti (e ingiustificabili) penalizzazioni che avrebbe per la pratica del tiro agonistico in Italia (in particolar modo per quelle specialità che si praticano nei campi di tiro privati), avrebbe anche un ulteriore "difetto", cioè quello di contrastare con le libertà individuali garantite dalla Costituzione. Le quali libertà possono in certi casi subire una limitazione ma, appunto, questa limitazione deve necessariamente essere circoscritta a eventi ben precisi (quali, appunto, particolari situazioni di ordine pubblico). Come mai si è arrivati a queste formulazioni? E a chi giova tutto ciò? La risposta non è facile, ma risulta difficile attribuire quanto accaduto a semplice "distrazione", specialmente considerando il livello di chi materialmente ha dovuto mettere a punto la bozza definitiva. È più facile che sia stato l'ennesimo "sgambetto", di matrice evidentemente politica, volto ad alienare alla Lega l'appoggio del mondo degli appassionati d'armi. Occorre, però, dire che i deputati e senatori leghisti da noi interpellati in queste ore hanno assicurato che si stanno già impegnando in prima persona per trovare rimedio a questi eventuali danni. Di certo c'è, comunque, che "qualcuno" non ha evidentemente vigilato proprio nel momento più cruciale…