Smith & Wesson 460 Xvr, un lampo nel buio

Il calibro di questo revolver, classificato come sportivo, è in grado di sfiorare i 700 m/sec. Ben studiata la suddivisione dei pesi, nonostante la canna lunga 12 pollici. Fondamentali le guancette Hogue, per gestire il rinculo

Di Alain Della Savia, foto Matteo Galuzzi

Dopo il successo del .500 S.&W., la Casa di Springfield ci ha preso gusto e ha creato un altro “mostro” in grado di battere tutti i record delle concorrenti. Mancava, in effetti, qualcosa in pure stile americano: il calibro .45.
È nato così lo studio del calibro .460 che solo di nome porta quella misura, ma, di fatto, altro non è che una rivisitazione, con tanto di vitamine, del .454 Casull e del suo predecessore .45 long Colt: il .460 impiega, infatti, palle di .451-.452 millesimi di pollice di diametro, le stesse impiegate negli altri .45.
Il bossolo, però, è rinforzato e allungato a 45 millimetri e, a differenza del Casull, impiega un innesco large rifle.
Il grande interesse che ha suscitato questa cartuccia è, in parte, legato all’abbondante disponibilità di palle già esistenti che offrivano varietà di scelta sia nel profilo sia nel peso. Una volta creato il .500 S.&W. magnum, impiegato su revolver con telaio “X”, il passo successivo è stato più facile, in quanto il tamburo poteva ospitare qualcosa di più lungo del .500, senza superare i 58 millimetri di lunghezza massima.
Ecco spiegata la nascita del primo revolver S.&W. 460 Xvr magnum che doveva, però, avere un unico obiettivo: battere tutti i record di velocità ottenuti con revolver o pistole di serie.
L’obiettivo è stato raggiunto, anche se con qualche difficoltà. Inizialmente, la Smith & Wesson ha dovuto richiamare un certo numero di esemplari, per problemi legati alla resistenza degli acciai. Ciò, però, non ha impedito che il modello 460 Xvr fosse premiato nel 2005 dalla Shooting industry academy of excellence come “arma dell’anno”. Superate le difficoltà, ora il potente 460 Xvr è in grado di sopportare più di 4.400 atmosfere (4.444 bar), grazie anche alla consistente “polpa“ che separa ognuna delle cinque camere del tamburo.
L’esemplare da noi testato ha una lunghezza di canna di 12 pollici (305 mm), senza camere di compensazione. Il modello 460 Xvr, dal punto di vista estetico, presenta qualche differenza dal modello in .500 S.&W., ma vale la pena di iniziare a parlare delle prestazioni e della risposta che questa nuova cartuccia offre e che merita maggiore attenzione.

La nostra prova a fuoco si è limitata all’impiego di un solo tipo di munizione commerciale, la Sst di 200 grani della Hornady, che si è rivelata eccezionale. La Super shock tip è dotata di una palla Fmj scavata anteriormente, ma corredata di una punta in polimero che ottimizza il coefficiente balistico del proiettile e ne sposta il centro di gravità verso la parte posteriore. Questo profilo aumenta la stabilità in volo e rende possibile una gittata più ampia.
Il disegno nasce da uno studio della Hornady per migliorare sia il coefficiente balistico sia l’effetto terminale. Sulla confezione è riportata la velocità misurata in canna manometrica: 2.200 piedi al secondo.
Per avere un’idea di quella che è l’energia sviluppata, basti pensare che un .308 Winchester con palla Soft point di 200 grani, caricato con 40 grani di Vihtavuori N150, raggiunge, all’incirca, la stessa velocità, vale a dire 2.250 piedi al secondo, il che equivale a superare la soglia dei 300 chilogrammetri di energia. Dal punto di vista dell’energia non è certo l’arma corta più potente, perché il .500 S.&W. con la palla di 350 grani regala, circa, 90 chilogrammetri in più alla bocca, ma dal punto di vista della velocità, al momento, risultava la più performante mai creata. Soltanto le cartucce francesi che montavano le palle Thv (Trés haute vitesse), in particolare nel .357 magnum, erano riuscite a fare di meglio (oltre 2.500 ft/sec), ma a prezzo di un’energia ridottissima, visto l’ esiguo peso (45 grs) e la conseguente perdita di stabilità e velocità a distanze anche brevi.
Notevole, invece, la traiettoria balistica di questa munizione: il grafico della parabola del .460, con la Hornady Sst di 200 grani, incrocia lo zero a 150 yard e scende di 160 millimetri a 200 yard. Una palla leggera (si fa per dire) di 300 grani del .500 S.&W. a 200 yard cala del doppio. Il .460 dimostra, quindi, di avere una traiettoria estremamente tesa.
Abbiamo posizionato il bersaglio a 25 metri, abbiamo preparato un rest e un sacchetto di sabbia per appoggiare arma e mani. Non nascondiamo che una certa preoccupazione, mista a curiosità, era presente prima del test: le premesse su energia e velocità dichiarate erano di tutto rispetto.
Una volta puntata l’arma sul bersaglio, abbiamo constatato che lo spesso mirino, posto a circa un metro di distanza dall’occhio (tra braccia stese e i 450 millimetri di lunghezza del revolver), sembrava ridurre la sua figura e adeguarsi alle proporzioni della tacca di mira.
Dopo aver scattato in bianco un paio di colpi in Singola azione e un paio in Doppia, abbiamo inserito in una camera del tamburo la prima cartuccia e abbiamo optato per il tiro in Singola azione, che si è rivelata degna delle migliori realizzazioni del Performance center. Non si hanno dubbi su quando il cane si separa dal dente del grilletto e, quindi, sapevamo benissimo che, superata una certa soglia, nella fase di trazione del grilletto, avremmo avuto la risposta.
Quello che ricordiamo è una luce accecante, accompagnata da uno spostamento d’aria tale da evocare vecchi filmati di test nucleari. Nonostante tutte queste sensazioni, il rinculo non è così punitivo come si potrebbe pensare. Il .454 Casull e il .500 S.&W. ci hanno dato l’impressione di non essere così lontani come risposta. Pur non essendo dotato di compensatore, il 460 Xvr con canna lunga 12 pollici mitiga la violenza di questo super magnum, che si impenna discretamente, ma che si controlla anche grazie alle guancette Hogue Sorbothane in morbida gomma, che danno al palmo della mano una risposta accettabile anche dopo una scatola di 20 munizioni. Non osiamo pensare, però, all’effetto della versione in tre pollici.

Abbiamo sparato altri due colpi nelle stesse condizioni e una volta richiamato il bersaglio, abbiamo notato con sorpresa il risultato: i tre colpi sparati, spostati a “ore 2”, formavano quasi un buco unico, del diametro di 17 millimetri, circa.
Abbiamo, allora, spostato il tiro a 50 metri e aggiustato le mire, anche se non sufficientemente. I tre colpi sparati alla seconda distanza hanno allargato di un solo centimetro la rosata, posizionata sempre a “ore 2”. Dopo un ulteriore ritocco alle mire, abbiamo allungato a 100 metri, ultima distanza disponibile nel tunnel, il nostro bersaglio. La luce non favorevole e i congegni poco visibili hanno aperto la rosata a 170 millimetri, dimostrando ancora una volta una coerenza con gli altri raggruppamenti. Siamo certi che con un’ottica adeguata la precisione intrinseca dell’arma può regalare soddisfazioni notevoli a distanze anche superiori. Un bel connubio quello di velocità e precisione, elementi che non sempre vanno d’accordo. Ma la risposta dell’arma è data anche da altre componenti: il passo di rigatura praticato permette di aumentare gradatamente la velocità di rotazione del proiettile e, inoltre, il tipo di rigatura consente alla palla di impegnare completamente i solchi prima che inizi lo spin di rotazione, evitando così la sua deformazione e riducendo l’effetto torcente.
Alla fine della prova, abbiamo avvertito sulla mano forte un leggero indolenzimento, più o meno simile a quello lasciato da una carica massima di un .44 magnum sparato con canna di due pollici e mezzo. Ma quello che ci è rimasto più impresso è lo spostamento d’aria che ci ha investito di polvere, di calore e di luce. Un’esperienza imperdibile per gli amanti delle sensazioni forti. I bossoli escono leggermente segnati nelle pareti esterne, ma innesco e fondello risultano nella norma e l’interno del bossolo appare pulito, senza residui e non annerito. Lo stesso vale per le camere del tamburo che indicano una combustione perfetta della polvere.
Grazie anche a una lucidatura interna impeccabile, i gas della deflagrazione riducono le possibilità di erosione della canna. Lo scudo di rinculo è stato rinforzato, in particolare la porzione su cui alloggia il percussore che, quindi, non è imperniato al cane, ma vincolato al telaio.

​La meccanica non ha subito modifiche dalla produzione di serie. La sicura automatica è comandata dal grilletto, il quale solo se azionato consente al cane di urtare il percussore. L’altra sicura è manuale ed è relegata al piccolo chiavistello posto sopra alla slitta zigrinata, che serve ad aprire il tamburo.
Ruotato il chiavistello con l’apposita chiavetta, questa sicura permette di bloccare lo scatto e impedirne l’uso a estranei. Azionando il grilletto si capisce subito che mani esperte sono intervenute sul sistema di scatto, veramente ottimo: il peso è adeguato al tipo di arma e si aggira intorno ai 1.700 grammi per la Singola azione e 4.500 per la Doppia.
Come per il .500 S.&W. le guancette in gomma della Hogue si sono rivelate ancora una volta ottime per assorbire il rinculo del potente .460. La vite posizionata alla base può essere sostituita con una vita dotata di attacco per la cinghia, fornita in dotazione, della Uncle Mike’s. L’altra estremità della cinghia si aggancia alla slitta Picatinny posta sulla parte inferiore della canna.
La slitta superiore serve per il montaggio dell’ottica e lo riteniamo un passo indispensabile per migliorare la precisione per le distanze superiori a 100 metri. La slitta inferiore, oltre al gancio per la cinghia (in Italia, lo ricordiamo, la caccia è vietata con questo tipo di arma), ha lo scopo di agganciare un eventuale bipiede, molto utile per il tiro di estrema precisione. E quest’ultimo obiettivo, secondo noi, è il motivo per cui un appassionato, se escludiamo i collezionisti, si può avvicinare a questo tipo di revolver che può camerare, oltre al .460, anche il .454 Casull e il .45 long Colt, vale a dire tre calibri in uno.
La versatilità, se così si può dire, del .460 non deve, però, trarre in inganno il tiratore che ha provato sinora calibri anemici: consigliamo, infatti, un suo utilizzo ai neofiti soltanto se accompagnati da qualcuno che ha un po’ di esperienza.
Il telaio X è di notevoli dimensioni e il suo tamburo ha misure veramente generose, con una lunghezza di 2,3 pollici e un diametro di 1,92. Soltanto l’impugnatura rimane di proporzioni adeguate alle mani di taglia media. Come per tutti i revolver dotati di canna molto lunga, le proporzioni difficilmente rimangono accettabili dal punta di vista estetico. Ciò nonostante, le tre porzioni del revolver, telaio, manicotto e canna, così disegnate, dimostrano un tentativo di aggraziarne il profilo, reso più grossolano da un mirino dalle notevoli dimensioni, che può essere rimosso facilmente se si intende montare un’ottica, in quanto è avvitato al vivo di volata come una specie di robusta fascetta.
Il peso complessivo è di poco inferiore ai 2.300 grammi, ma, tutto sommato, le distribuzioni dei pesi sono ben studiate e il revolver si maneggia con facilità, avendo buona parte del peso vicino all’impugnatura.

La tacca di mira è quella tradizionale dei revolver di ultima generazione, con foglia a U regolabile micrometricamente in altezza e in derivazione. Non tradizionale, invece, la chiusura che, come nel .500 S.&W. adotta una sferetta spinta da una molla, incernierata nella parte anteriore del giogo e non sull’estremità dell’ asta di espulsione. Questo sistema è stato inserito per ridurre ogni possibilità di torsione dell’asta, caratteristica riscontrabile già nei calibri magnum di vecchia generazione.
Lo Smith & Wesson .460 Xrv è venduto in una borsa nera in Cordura, con all’esterno la scritta Performance center. All’interno, i manuali con qualche pagina in più dedicata all’X-frame, la cinghia Uncle Mike’s con i suoi attacchi e la garanzia.
Negli Stati Uniti, quest’arma è utilizzata molto nella caccia ai cervi, alle antilopi e agli alci, che sembra essere il passatempo prediletto di una buona parte dei detentori del revolverone, mettendo in evidenza l’elevato stopping power di questo calibro. Una parte più interessata alle prestazioni di tipo non terminale si è sbizzarrita con ricariche che risultano ben equilibrate, non sempre esasperate, ma attente soprattutto alla precisione, segno di una particolare conoscenza delle leggi che regolano la chimica e la fisica dei super magnum.
Per finire, una minoranza ritiene che sia il calibro ottimale per la difesa domestica. Su questa scelta sospendiamo il giudizio…

L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – luglio 2007

Costruttore: Smith & Wesson, 2100 Roosevelt avenue, po box 2208 Springfield, MA 01102-2208, Stati Uniti, tel. 00.18.00.33.10.852, fax 00.14.13.74.73.317
Importatore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 04.71.80.30.00, fax 04.71.81.08.99, www.bignami.it, email@bignami.it
Modello: 460 Xvr Performance center
Tipo: pistola a rotazione
Calibro: .460 S.&W.
Impiego specifico: tiro alla silhouette metallica
Numero colpi: 5
Meccanica: telaio chiuso con tamburo basculante sul lato sinistro e ruotante in senso antiorario
Scatto: Azione mista Percussione: mediante cane esterno e percussore inerziale
Sicura: automatica al percussore, automatica al cane (a tamburo aperto l’arma non può scattare, a cane armato non si può aprire il tamburo)
Canna: lunga 305 mm (12”)
Lunghezza totale: 457,2 mm
Mire: tacca di mira micrometrica nera, regolabile in altezza e derivazione; mirino avvitato sulla canna
Materiali: acciaio inox, guancette Hogue in gomma
Finiture: telaio lucido, manicotto opaco
Peso arma: 2.270 grammi
Numero catalogo nazionale: 16.475 (arma sportiva)