Maullu e Mauro contro la direttiva

Il senatore Mario Mauro, europarlamentare per tre legislature ed ex ministro della Difesa: “Non è colpendo la cultura di responsabilità sociale di chi detiene legalmente un’arma che si combatte il terrorismo”. L’europarlamentare Stefano Maullu: “Questa non è una norma che tuteli gli onesti, ma solo i criminali”.

Restiamo in attesa di conoscere a quali fonti si sia ispirata l’onorevole Lara Comi per le sue considerazioni molto avventate sulla proposta di riforma che resta purtroppo “disarmista” e liberticida della Direttiva europea sulle armi, siamo naturalmente disponibili a ospitare eventuali sue integrazioni.

Nel frattempo registriamo una nota invece puntuale del senatore Mario Mauro di Popolari per l'Italia (a destra nella foto), già parlamentare europeo per tre mandati e ministro della Difesa del governo Letta: "La direttiva armi parte da esigenze giuste, ma fondandosi su premesse sbagliate arriva a conclusioni addirittura controproducenti. Non è colpendo la cultura di responsabilità sociale di chi detiene legalmente un'arma che si combatte il terrorismo".

Molto critico l’europarlamentare di Forza Italia, Stefano Maullu, che considera anche possibili ripercussioni economiche sulla produzione nazionale: Questo provvedimento è l'opposto di tutto quanto sostenuto dal Centro-Destra negli ultimi vent'anni in tema di armi, diritti individuali e sicurezza delle persone. Tutte queste restrizioni sono punitive per i legittimi detentori e assolutamente ininfluenti: negli ultimi dieci attentati in Europa, non sono mai state utilizzate armi italiane. Eppure le nostre esportazioni, nel 2015, sono calate ancora. E dopo questa norma le ripercussioni saranno notevoli. Come si può credere, dunque, che questa direttiva possa colpire  i terroristi quando le vere armi da guerra, quelle usate più spesso negli ultimi dieci anni, si trovano a poche centinaia di euro in tutta l'area balcanica e persino sul mercato nero qui in Italia? I criminali non vengono coinvolti, i legali detentori, invece, verranno veramente danneggiati: chi pratica il tiro sportivo sarà costretto a tesserarsi, sottostando a requisiti e costi vessatori e non necessari ai semplici appassionati. Chi vuole detenere una replica per manifestazioni storiche dovrà fare il porto d'armi. Chi vorrà difendersi in casa avrà sempre meno colpi a disposizione per farlo. Questa non è una norma che tuteli gli onesti, ma solo i criminali".

E ancora: L'obbligo di punzonatura sarà un disastro economico. Ogni centomila unità la sola punzonatura farà salire i costi di 200.000 euro. A cui vanno aggiunti i costi per il software per 80 mila euro e 120.000 di management. Costringendo, per ogni 100.000 pezzi, a un aggravio di 600.000 euro. Questi rincari ci metteranno fuori mercato, facendo soffrire uno dei settori più dinamici della nostra economia”. “La Direttiva Armi avrebbe dovuto – queste sono le esatte parole di Juncker – difenderci dal terrorismo, rendere l'Europa più sicura e proteggere la libertà dei cittadini. No, no e no. Non ci difende dal terrorismo, perché i terroristi non usano armi prodotte nei nostri paesi, addirittura ormai arrivano a non utilizzare più armi, ma camion pesanti, bombe, oppure armi bianche, come avvenuto a Bruxelles. I terroristi cercano armi sul deep web, quello sì un universo parallelo e critico da monitorare senza indugi: altrimenti è come cercare di usare in modo scoordinato una clava mentre i terroristi usano i droni. Non aumenta la sicurezza, perché colpisce solo i legali possessori, cioè persone attentamente controllate, che hanno dovuto dimostrare di avere i requisiti per poter detenere le armi. E non rende più libero nessuno addirittura costringere chi fa rievocazioni storiche di battaglie Rinascimentali a prendere il porto d'armi. No, i fucili a pietra focaia non possono essere usati per compiere stragi. Per questo, in ossequio a vent'anni di coerente azione politica nelle istituzioni volta sempre a difendere la libertà degli individui di poter detenere legalmente armi, io non condivido questa direttiva. La libertà di una nazione si misura su quanto i cittadini non sono vessati e impotenti nel potersi difendere. E la serietà di chi governa dalla capacità di non prendere decisioni liberticide e ideologiche sull'onda delle reazioni emotive, come quella scatenata dai fatti di Parigi”.