Una sola “canna” non è sufficiente a negare il porto d’armi

Con sentenza n. 10.232 del 21 novembre 2022, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dell’avvocatura generale dello Stato contro la sentenza del Tar della Toscana, che aveva annullato il provvedimento di una prefettura, la quale aveva rigettato l’istanza di rinnovo del porto di pistola per difesa personale per una guardia giurata, con contestuale provvedimento di divieto di detenzione armi ex art. 39 Tulps.

Alla base del rigetto del porto d’armi da parte della questura il fatto che, tre anni prima, il cittadino era stato sorpreso a consumare uno spinello e, per questo, era stato destinatario di un semplice “invito a non far più uso di sostanze stupefacenti, ex art. 75, comma 14, Dpr 309/90.

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dell’Avvocatura dello Stato, dando quindi ragione alla Gpg, con la motivazione che “la norma regolamentare di cui all’art. 2.5, del D.M 28 aprile 1998 afferma espressamente che, al fine dell’autorizzazione per il porto d’arma, “non deve riscontrarsi dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope o da alcool” e aggiunge che “costituisce altresì causa di non idoneità l’assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l’abuso di alcool e/o psicofarmaci”. A ben vedere, la norma citata correla, innanzitutto, la mancanza di requisiti psicofisici per il porto delle armi ad un accertamento di “dipendenza” dell’istante da sostanza stupefacenti, che presuppone accertamenti fattuali e sanitari circa un bisogno continuativo di assunzione di quelle sostanze. È pur vero che la seconda parte della norma in esame amplia lo spettro della inidoneità del soggetto, passando dalla “dipendenza” alla “assunzione occasionale” di sostanze stupefacenti. Questa seconda previsione non richiede, dunque, una vera dipendenza e, quindi, un uso continuativo delle sostanze stupefacenti, consentendo di denegare il titolo autorizzatorio anche in presenza di un uso saltuario delle stesse. Tuttavia, ritiene il Collegio che anche la occasionalità debba fondarsi, ragionevolmente e in modo proporzionato, su un giudizio prognostico di inaffidabilità del soggetto in ordine all’uso dell’arma, che unicamente giustifica i provvedimenti di diniego e di revoca del porto d’arma, alla luce di un’interpretazione non meramente aderente al dato letterale, ma che tenga conto della ratio della normativa in materia di armi. E non risulta ragionevole e proporzionato ritenere sufficiente a integrare un tale giudizio l’episodio unico ed isolato, risalente nel tempo, non connotato da gravità, che il Prefetto di -OMISSIS- ha posto alla base delle proprie determinazioni sfavorevoli all’appellante, peraltro in assenza di altri elementi sintomatici di inaffidabilità, che consentano di corroborare la tesi prospettata dall’amministrazione”.