Svizzera: politici “nervosi” in vista del referendum?

Dichiarazioni a dir poco “singolari” da parte del consiglio federale svizzero in merito al recepimento svizzero della direttiva 2017/853 fanno pensare che la politica elvetica sia un tantino “nervosetta” in vista del referendum del 19 maggio… Un membro del consiglio federale svizzero, la consigliera Karin Keller-Sutter, parlando la settimana scorsa in una conferenza stampa del provvedimento legislativo di recepimento della direttiva 2017/853, avrebbe dichiarato che “non sarebbe un patto per combattere il terrorismo” bensì “a proteggere la popolazione dall’abuso di armi, dall’impiego criminale delle armi”.
Tali dichiarazioni, considerando la prossimità del referendum per l’abrogazione della legge di recepimento (il prossimo 19 maggio), sono state stigmatizzate dalla Comunità di interessi del tiro svizzero (quel collettivo che raggruppa le associazioni di tiratori, commercianti, industriali, collezionisti eccetera, che ha promosso con successo il referendum), la quale ha parlato senza mezzi termini di affermazioni “estremamente ingannevoli”.
Dopo aver estesamente documentato il fatto che tutta la genesi della direttiva è stata giustificata all’opinione pubblica e anche agli addetti ai lavori con l’esigenza di contrasto al terrorismo, e che la proposta di referendum si basa proprio sul fatto che le restrizioni previste non hanno alcuna utilità nel contrasto al terrorismo, bensì soltanto nei confronti del commercio e del possesso legali di armi, la Cit ha osservato che “evidentemente adesso il consiglio federale inizia a temere che il popolo, conoscendo la situazione concreta, non approvi la revisione della legge sulle armi. Tale timore è ovviamente comprensibile, ma altrettanto ovviamente non giustifica la diffusione di informazioni ingannevoli. La Cit constata che il dietro front compiuto da Consiglio federale e amministrazione, passando dall’argomento della “lotta al terrorismo” a una forma generica di “prevenzione degli abusi” è assolutamente inaccettabile”.
La Cit evidenzia, comunque, che “in Svizzera, malgrado una densità straordinariamente elevata di armi da fuoco, non si registra praticamente nessun utilizzo abusivo di tali armi e quindi un inasprimento della legge sulle armi motivato dalla prevenzione degli abusi attualmente non si può giustificare nemmeno lontanamente”.
Le affermazioni della Keller-Sutter sembrano dimostrare un crescente nervosismo tra i politici del consiglio federale, i quali evidentemente si sono accorti che la cittadinanza non è intenzionata a far passare “per buono” un recepimento che comporta restrizioni a una delle attività più tradizionali della Svizzera, in cambio di niente. Solo che a questo “niente” è legata la permanenza nell’area Schengen e, di conseguenza, è facile ritenere che le autorità politiche elvetiche faranno di tutto per “caldeggiare” la promozione referendaria del provvedimento. A costo, evidentemente, di raccontare fischi per fiaschi…