Spray antiaggressione: non è illecito anche se manca l’etichettatura

Con sentenza n. 15083 del 21 aprile 2021 (udienza il 10 febbraio), la I sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso di una cittadina che era stata condannata in primo grado e in appello per porto abusivo d’arma per la quale non è prevista licenza (art. 699 cp, secondo comma), per essere stata trovata in possesso di una bomboletta di spray al capsicum, sprovvista delle indicazioni sull’involucro relative alla quantità del principio attivo e alle indicazioni d’uso in italiano.

La corte ha osservato che “con il ricorso in esame, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 699, comma secondo, cod. pen., la cui verifica appariva indispensabile ai fini della formulazione del giudizio di responsabilità penale espresso nei confronti della ricorrente per il reato ascrittole al capo 2 della rubrica.

Tanto premesso, deve rilevarsi che l’assunto difensivo, relativo all’erroneo inquadramento della fattispecie ascritta all’imputata (omissis) al capo 2 ex art. 699, comma secondo, cod. pen. e all’inoffensività della relativa condotta illecita, che discendevano dall’incongrua valutazione delle effettive potenzialità lesive delle bombolette spray controversa – sequestrata dentro uno zainetto, posizionato nel sedile posteriore dell’autovettura con cui l’imputata (…omissis…) appare fondato, limitatamente alla censura relativa alla configurazione del reato contestato.

Si consideri, in proposito, che la detenzione di bombolette spray contenenti sostanze urticanti a base di oleoresin capsicum è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 699 cod. pen. – ascritta a (omissis) al capo 2, a seguito della riqualificazione effettuata dalla Corte di appello di Milano -, laddove tali strumenti di autodifesa non rispettino le caratteristiche stabilite dall’art. 1 D.M. 12 maggio 2011 n. 103, che individua le condizioni in presenza delle quali è possibile sanzionare la loro detenzione ai sensi dell’art. 2, comma 3, legge 18 aprile 1975, n. 110. La regolamentazione normativa di tali strumenti si è resa necessaria in ragione del fatto che l’oleoresin capsicum è una sostanza naturale le cui proprietà vasodilatatorie, proprie della capsaicina, provocando l’irritazione delle mucose e degli occhi degli esseri umani, vengono utilizzate per finalità di autodifesa della persona, disciplinate in modo estremamente diversificato nei Paesi europei.

Con l’introduzione del D.M. 203 del 2011, dunque, il Ministero dell’Interno, nella consapevolezza della diversificazione normativa riscontrabile nelle legislazioni del continente europeo, ha ritenuto necessario individuare le condizioni in presenza delle quali uno strumento di autodifesa, fondato sull’impiego nebulizzante di oleoresin capsicum, può presentare caratteristiche di offensività tali da costituire un pericolo per la pubblica incolumità. In questo modo, il Ministero dell’Interno ha individuato le condizioni per potere ritenere uno strumento di autodifesa fondato sull’impiego di capsaicina – non riconducibile né alle armi da guerra o tipo guerra né alle armi comuni da sparo – pericoloso per la pubblica incolumità.

Queste connotazioni di offensività – che, al contrario di quanto eccepito dalla difesa della ricorrente, non sono censurabili laddove concretamente accertate, assumendo rilievo penale ex art. 699 cod. pen. – sono espressamente previste dall’art. 1, comma 1, D.M. n. 203 del 2011, a tenore del quale gli strumenti di autodifesa di cui all’art. 2, comma 3, legge n. 110 del 1975, n. 110, in grado di nebulizzare una miscela irritante a base di oleoresin capsicum, possono detenersi legittimamente a condizione che presentino le seguenti caratteristiche: «a) contenere una miscela non superiore a 20 ml; b) contenere una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10 per cento, con una concentrazione massima di capsaicina e capsaicinoidi totali pari al 2,5 per cento; c) la miscela erogata dal prodotto non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici; d) essere sigillati all’atto della vendita e muniti di un sistema di sicurezza contro l’attivazione accidentale; e) avere una gittata utile non superiore a tre metri».

In questa cornice normativa, deve rilevarsi che solo in presenza delle connotazioni di offensività previste dal combinato disposto degli artt. 2, comma 3, legge n. 110 del 1975 e 1 D.M. n. 203 del 2011, che non appaiono concretamente accertate nel caso di specie, la detenzione delle bombolette spray può essere ritenuta illecita, ai sensi dell’art. 699 cod. pen., conformemente al seguente principio di diritto: «Integra la contravvenzione di porto abusivo di armi, di cui all’art. 699 cod. pen., il porto in luogo pubblico di una bomboletta contenente “spray” urticante a base di “oleoresin capsicunn” che non rispetti le caratteristiche stabilite dal decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 103» (Sez. 1, n. 14807 del 07/01/2016, Delnnastro, Rv. 267284-01; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 3116 del 24/10/2011, dep. 2012, Cantieri, Rv. 251825-01).

Tenuto conto di questi parametri normativi, non può rilevare, in senso sfavorevole a (omissis), la circostanza che la bomboletta spray della cui detenzione di controverte, secondo quanto contestato al capo 2, risultava «priva di indicazioni sulla quantità del principio attivo e di indicazioni in lingua italiana», non concretizzando tale omissione ex se una violazione dell’art. 699 cod. pen. L’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’art. 2 D.M. n. 203 del 2011, infatti, non concretizza alcuna violazione dell’art. 699 cod. pen., per la cui configurazione, come detto, occorre fare applicazione del combinato disposto degli artt. 2, comma 3, legge n. 110 del 1975 e 1, comma 1, D.M. n. 203 del 2011, che prefigura una condotta illecita ancorata alle caratteristiche di offensività degli strumenti di autodifesa fondati sull’uso di capsaicina – su cui si imponeva un accertamento giurisdizionale da parte dei Giudici di merito milanesi, non riscontrabile nel caso in esame -, rispetto alle quali l’omissione delle prescrizioni di cui all’art. 2 dello stesso decreto appare priva di rilevanza penale.

Né è dubitabile che l’illiceità della detenzione di bombolette contenenti spray urticante a base di oleoresin capsicum è subordinata alla verifica giurisdizionale delle connotazioni di offensività di tali strumenti di autodifesa, che prescinde dall’osservanza delle prescrizioni contenute nell’art. 2 D.M. n. 203 del 2011”.

In sostanza, i giudici hanno rilevato che la mancanza, sulla bomboletta, delle indicazioni prescritte dall’articolo 2 del decreto del 2011 che ha fissato i limiti per le bombolette al capsicum di libera vendita, non è sufficiente a considerare la bomboletta quale “arma”, bensì è necessario verificare che essa, in concreto, abbia caratteristiche tecniche superiori ai limiti previsti dal decreto medesimo.