Rwm: la riconversione verso il surreale

L’ultima utopia dei disarmisti è trasformarla in caseificio, intanto i lavoratori sono ormai quasi tutti a casa. Sempre più fosco il futuro per la Rwm, l’azienda sarda che esportava missili in Arabia saudita

Ripulirsi, pubblicamente, la coscienza è tutto sommato facile, come già avevamo sottolineato in tempi non sospetti, ormai oltre un anno fa. Come ha fatto, per esempio, il governo italiano nel giugno 2019, prevedendo una moratoria per la vendita di strumenti bellici all’Arabia saudita, che era il principale cliente della filiale di Domusnovas della Rwm, azienda specializzata appunto nella produzione militare per la Difesa. La spinta al Governo Conte è arrivata in particolare dalle associazioni cattoliche e pacifiste riunite nel Comitato riconversione Rwm di Iglesias, che hanno fortemente voluto il fermo a qualsiasi tipo di produzione bellica sull’isola. Il che, intendiamoci, è assolutamente legittimo, così come legittimo, anzi doveroso, è stato da parte del governo interrompere il flusso di armi verso l’Arabia saudita, che in quel momento era impegnata a contribuire al conflitto in Yemen. Va anche ricordato, comunque, che la Rwm produceva ed esportava nel rispetto della normativa vigente in materia di export militare e che, pochi giorni dopo il provvedimento del governo, ha ovviamente adempiuto a quanto prescritto.

Da allora, però, gli unici a pagare il conto delle scelte ideologiche del pacifismo e delle scelte strategiche del governo, sono state le famiglie dei lavoratori dell’azienda, che sono passati dalle 460 unità ai 150 di oggi, la maggior parte dei quali, peraltro, in Cassa integrazione.

Le associazioni pacifiste propongono al ministro per lo sviluppo economico Stefano Patuanelli un incontro per una utopistica e alquanto inverosimile riconversione della fabbrica in “un polo caseario regionale da attuare attraverso le risorse del Recovery fund”, spinte dal fatto che la moratoria all’esportazione verso l’Arabia saudita ha una durata di 18 mesi, la cui scadenza è ormai prossima. Con l’ulteriore obiettivo, grazie a questo polo caseario di rilevanza regionale, di “di svincolare il misero prezzo del latte ovino dalla filiera del solo pecorino romano”. Il fatto che finora tutti i tentativi industriali di riconversione dell’area dalla tradizionale attività estrattiva siano finiti in polvere, non turba evidentemente in alcun modo la prospettiva di questo progetto.

La realtà purtroppo è un tantino meno semplice di come si voglia far sembrare: il Sulcis è, evidentemente, una zona della Sardegna che risulta poco attrattiva nei confronti degli investimenti industriali: circa 30 mila sono i cittadini disoccupati della zona, specialmente dopo il declino ormai svariati anni fa dell’attività estrattiva delle miniere e dell’industria metallurgica e chimica, che sarebbe dovuta essere la riconversione dell’attività mineraria. Tutto spazzato via dai costi di produzione e dal calo del prezzo dei metalli (e del latte… e dei formaggi…).

Le possibilità di trasformare in caseificio un’industria ad alto livello di specializzazione della Difesa sono efficacemente riassunte da Emanuele Madeddu, segretario della Filctem Cgil: “Non credo che i conflitti nel mondo possano terminare con il blocco delle licenze. Non possiamo pensare, come propone l’associazione Sardegna pulita, di convertire macchinari che producono armamenti in un centro caseario, oppure di insegnare ai dipendenti come fare protesi ortopediche. L’unica riconversione alla quale guardare è quella di rimanere nel settore della Difesa”.

Rwm ha, per l’appunto, chiesto aiuto al Governo per acquisire nuove commesse sul mercato interno, chiedendo unitamente ai sindacati e alla Regione Sardegna un tavolo interministeriale “per trovare soluzioni di lungo periodo per dare stabilità lavorativa, nell’ipotesi che le licenze di esportazione non vengano ripristinate”.

Riteniamo giusto che chi si è ripulito la coscienza sulla pelle dei lavoratori della Rwm, provveda per davvero e in tempi rapidi a fornire alternative concrete, e non utopistiche, per salvaguardare la vita e la dignità di queste persone. Governo, se ci sei batti un colpo.