Quasi dimezzati i decessi per armi da fuoco in Svizzera

L’Ufficio federale di statistica rileva un ribasso costante dei morti per arma fuoco. Dai 466 del 1998 si è scesi a 259 nel 2008. E il referendum del 13 febbraio proporrà ugualmente che i fucili militari vengano conservati negli arsenali e non più nelle case, come avviene da tempo immemorabile nel Paese oltre le Alpi.

Negli ultimi anni i decessi dovuti ad armi da fuoco sono diminuiti in modo costante in Svizzera. Dai 466 morti del 1998 si è scesi a 259 nel 2008. Stessa evoluzione per i suicidi – da 413 a 239 – mentre il numero totale delle persone che si sono tolte la vita è rimasto relativamente stabile nello stesso periodo (tra i 1.300 e i 1.400 all’anno). È quanto indica l’Ufficio federale di statistica (Ust).

Per la prima volta in vista di una votazione federale, l’Ust ha elaborato un dossier che presenta statistiche sul tema del voto, nel caso concreto l’iniziativa popolare “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”, sulla quale il popolo svizzero sarà chiamato a pronunciarsi il 13 febbraio 2011.

L’avvelenamento, che contempla anche quello assistito e i medicinali, rappresentava nel 2008 il 30% dei suicidi, contro il 17% nel 1995, stando alle cifre dell’Ust. Il secondo metodo privilegiato in Svizzera è l’impiccagione (23% nel 2008 e 27% nel 1995), seguito dalle armi da fuoco (18% e 28%) e da “altri” sistemi, che sono rimasti stabili (29%).

Le donne preferiscono nettamente far ricorso a veleni (46%) e soltanto poche (1,8%) a un’arma da sparo. Il 13% di esse sceglie l’impiccagione e il 39% altri sistemi. Tra gli uomini domina l’impiccagione (28%), poi le armi (27%), altri sistemi (23%) e l’avvelenamento (21%).