Quando il poliziotto teme la sua stessa pistola

Il sito de La Repubblica ha pubblicato il racconto di Riccardo Gazzaniga, un poliziotto (e scrittore) ligure che ha espresso una serie di impressioni a dir poco sorprendenti sul rapporto con la sua arma di servizio

Il sito de La Repubblica ha pubblicato il racconto di Riccardo Gazzaniga, un poliziotto (e scrittore) ligure che ha espresso una serie di impressioni a dir poco sorprendenti sul rapporto con la sua arma di servizio. L'articolo, dal titolo emblematico "Quella micidiale Beretta che non porto più con me" (e ti pareva che ci fosse la parola "micidiale", altrimenti che articolo sulle armi sarebbe?), spiega i motivi della scelta di Gazzaniga, dopo un periodo iniziale "di prova", di non portare più la propria arma d'ordinanza con sé quando è fuori servizio. "Oggi la prendo solo per lavorare o in situazioni particolari, ma non vedo l'ora di riporla in una cassetta di sicurezza". Ma se fuori servizio vedi un reato grave e non hai la pistola dietro? "Prendo il telefono – grande arma – chiamo i miei colleghi, che hanno armi e dotazioni adeguate a intervenire. Poi uso un'altra arma, la penna, e segno le informazioni utili. Basta una targa o un dato fisico, per arrivare a una persona, senza travestirsi da ispettore Callaghan". Ma se entri in banca e c' è una rapina a mano armata? "La pistola non mi servirebbe a nulla. Non potrei mai ingaggiare una sparatoria al chiuso, con il rischio di coinvolgere persone inermi. E poi non avete idea di quanti rimbalzi può fare un proiettile prima di fermarsi da qualche parte". Ma se vengono i ladri a casa? "In qualsiasi abitazione puoi trovare oggetti per difenderti, senza utilizzare un'arma letale, magari di notte, magari al buio. Con il rischio di colpire un parente o uno disarmato o uno che scappa: per la legge italiana un uomo che fugge, anche armato, non rappresenta più una minaccia. Sparandogli, si risponde di omicidio". Ma potresti mirare alle gambe! "Nelle gambe ci sono punti vitali e poi certe imprese le fanno solo gli attori. Già può essere complicato centrare una sagoma in qualsiasi punto a dieci metri di distanza, a quindici diventa arduo. Figurarsi colpire lo spazio ristretto di una gamba. Per non parlare di tiro in corsa o da una macchina, pura fantascienza. Insomma, nella grande maggioranza dei casi utilizzare una pistola contro una persona è l'anticamera di enormi problemi, errori, tragedie".

La posizione di Gazzaniga è del tutto legittima, ci mancherebbe. Ci permettiamo solo alcune considerazioni, così, per amore di discussione.

1. Quando si osserva un reato grave e non si ha la possibilità di intervenire perché si è scelto di girare disarmati, se quando finalmente sopraggiungono i colleghi ci è già abbondantemente scappato il morto, la responsabilità (almeno) morale di chi è?

2. Se la pistola non servirebbe a nulla nell'ipotesi di una rapina in banca, perché "non potrei mai ingaggiare una sparatoria al chiuso", lo stesso discorso sarà a questo punto valido anche quando si trova in servizio. Ma allora, a che pro munirsi di allarmi per chiamare la polizia? Basterebbe una telefonata una volta che i rapinatori siano comodamente usciti dalla banca.

3. Se è vero che in qualsiasi abitazione puoi trovare oggetti per difenderti, senza utilizzare un'arma letale, è anche vero che sempre più spesso i ladri sono essi stessi, per primi, muniti di armi da fuoco. Quindi l'alternativa è non reagire, farsi derubare, seviziare e uccidere senza fiatare?