La Cina copia le tecnologie russe

Che i cinesi copino spesso e volentieri è cosa nota e risaputa, ma quando copiano le tecnologie della difesa le cose si complicano, parecchio. La preoccupazione maggiore però è quando…

Il 14 dicembre scorso Yevgeny Livadny, direttore delle “proprietà intellettuali” della Rostec (l’agenzia di stato russa preposta all’export delle tecnologie avanzate e della difesa) denuncia pubblicamente e senza mezzi termini: “Il plagio non autorizzato all’estero dei nostri sistemi, è un problema enorme. Ci sono stati 500 di questi casi negli scorsi 17 anni. La sola Cina ha copiato motori aeronautici, aerei Sukhoi, sistemi di difesa aerea missilistica compresi Manpads portatili e anche il sistema a medio raggio Pantsir.”

Sarà anche vero, anzi è certamente così, ma questa lagnanza non ha impedito alla Russia di diventare, ed essere tuttora, il principale e più importante fornitore di tecnologie militari alla Cina: fonti indipendenti affermano che tra il 2014 e il 2018, il 70% delle armi importate dalla Cina provenivano dalla Russia. La Cina è certamente un cliente “birichino”, ma… da trattare coi guanti bianchi. Che dire poi della vendita ai cinesi di armi e tecnologie sofisticate come sei sistemi antiaerei S-400 e 24 aerei da combattimento Su-35? Operazione che nel 2015 fruttò ai russi qualcosa come 5 miliardi di dollari… Diciamo pure che il furto delle tecnologie o più elegantemente, il reverse engineering, è stato messo in debito conto dai russi? Sinceramente, la denuncia di Livadny è di difficile interpretazione: un avviso a qualcuno oltre la Cina? Che alzeranno i prezzi quando intuiscono che qualcuno ordina pochi pezzi per poi fare reverse engineering? Togliersi un sassolino (magari un macigno) dalla scarpa?

Queste domande magari rimarranno senza risposta ma di certo, possiamo viceversa interrogarci sui rapporti commerciali e strategici con la Cina: quelli con gli Stati Uniti come con l’Europa (anche noi abbiamo dato un certo contributo strategico…).

Domandarci anche e analizzando alcuni casi “campione”, se i cinesi sono solo capaci a copiare, quando sfruttano parzialmente certe tecnologie, quando fondono diverse tecnologie, quando invece innovano o realizzano produzioni originali. Si, sono anche capaci di progettare e realizzare in autonomia: una sorpresa? Per qualcuno si. Quale o quali strategie si celano nel modo di agire dei cinesi? Hanno un “tallone di Achille”? Qual è il loro stato dell’arte?

Per comodità esemplificativa, guardiamo il settore aeronautico cinese. Sono in piedi diverse collaborazioni con l’occidente e produzioni su licenza tranquillamente rispettate quindi, non è che “copiano tutto”: gli elicotteri Harbin Z-9 sono copie su licenza dell’Eurocopter Dauphin, il Changhe Z-8 copia su licenza del Sa321Ja Super Frelon francese, il Changhe Z-11 è copia su licenza dell’Eurocopter As350, gli Harbin Ec-120 e Z-15/Ec-175 sono stati sviluppati congiuntamente con la Eurocopter. Questo non ha però impedito ai cinesi, di derivare poi autonomamente delle versioni militari. Non solo: i caccia bombardieri Xi’an Jh-7 utilizzano motori Ws-9 Qinling che sono copie su licenza dei Rolls-Royce Spey.
Restando nel campo dell’ala rotante, una realizzazione cinese che diede scandalo e venne tacciata dagli americani (e non solo) di essere copia illegittima del Sikorsky Uh-60 Black Hawk, è l’elicottero Harbin Z-20 (nella foto sotto, comparato col Blackhawk).

Che la cellula sia simile è innegabile ma non è identica (abbiamo cerchiato in rosso le diversità più evidenti): ha distinte caratteristiche costruttive ed innovazioni. Innanzitutto l’Harbin Z-20 è un penta-pala mente l’Uh-60 è un quadri-pala, monta motori nazionali ed anche leggermente più potenti, ha avanzati comandi fly by wire e l’Uh-60 no, collegamento satellitare integrato (BeiDou), avionica e componentistica nazionale. Possono anche essersi ispirati alla cellula, ma costruzione e gli upgrade dimostrano che sanno fare da soli: quando vogliono.

Vediamo il caso citato dai russi, il plagio dei caccia Sukhoi Su-27: in origine un accordo coi russi del 1998 del valore di 2,5 miliardi di dollari (noccioline?), accordo che prevedeva l’assemblaggio in Cina e con parti russe, di 200 caccia da superiorità aerea Sukhoi Su 27Sk ribattezzati Shenyang J-11 (nella foto di apertura). Secondo i russi, l’accordo si interrompe nel 2004 dopo la produzione dei primi 100 esemplari: i cinesi si producono da soli la variante J-11B multiruolo, modificando, migliorando e introducendo nella cellula materiali diversi tra cui, compositi; non solo, li integrano con radar, avionica e missili di produzione nazionale. Le ragioni della “rottura” vengono spiegate dai cinesi col fatto che la componentistica russa sarebbe specifica per un solo ruolo e ormai obsoleta, non più in grado di soddisfare le specifiche richieste dalla difesa cinese. Gli originali motori russi Saturn Al-31 verranno sostituiti con gli Shenyang Ws-10 (a loro volta “ispirati” ai motori franco-americani Cfm-56…). Altro velivolo “contestato” è il successivo Shenyang J-15 caccia imbarcato per le porta aerei cinesi, a sua volta realizzato su base del Sukhoi Su-33 studiando un prototipo di questo acquistato dall’Ucraina nel 2001.

A complicare le cose vi è poi il caccia multi-ruolo Shenyang J-16: ufficialmente basato sulla cellula del J-11, ma con modifiche ispirate al Sukhoi Su-30Mkk acquistato in precedenza e in buon numero, dalla Russia. Teniamo anche presente che questi ultimi caccia cinesi… sono dotati di radar Aesa (Active electronically scanned array) e sistemi opto elettronici Irst (Infrared search and track): vanto e superiorità delle tecnologie occidentali. Copiati o meno, anche loro ci sono arrivati.

In questi casi, come si sono comportati i cinesi? Realizzando su licenza, ma subito dopo in grado di migliorare autonomamente le cellule come la componentistica con soluzioni locali, declinano e fondono soluzioni diverse in una struttura: imparano in fretta e migliorano od elaborano quanto in loro possesso per i loro scopi.

E quando non copiano? È il controverso caso del Chengdu J-20 (per i cinesi “Drago possente” nella foto sopra), caccia bimotore di quinta generazione e con caratteristiche stealth. Già nel 2009 arrivarono le prime esplicite accuse: secondo informazioni del Pentagono, alcuni piani del Lockheed Martin F-35 Lightning II sarebbero stati hackerati da “qualcuno” in Cina e questi piani, avrebbero aiutato i cinesi nello sviluppo del J-20. Sarà anche così, ma il J-20 di fatto, mostra aerodinamica e cellula ben diversa sia dall’F-35 che dall’F-22 Raptor. Ancora oggi tra l’altro, non si è certi sulla sua reale destinazione d’uso: chi lo definisce come caccia da superiorità aerea e chi come “caccia con capacità di strike profondo”, in realtà potrebbe essere tutte e due, stante il fatto che il lo stealth cinese è accreditato di una autonomia di volo ben superiore a tutti e due i caccia americani…

Non solo, è dotato oltre di radar Aesa e di sei sistemi opto elettronici di ricerca e designazione distribuiti (Distributed aperture system) con copertura a 360° che, grazie alla “fusione sensoristica” che combina le informazioni radar con le immagini infrarosse, conferisce al pilota una superiore consapevolezza della situazione. Senza dimenticare sistemi di comunicazione con Data link con altri vettori aerei, l’avionica del cockpit allo stato dell’arte ed il pilota dotato di casco con Hmd- Helmet-mounted display il tutto, con una velocità di punta del J-20 stimata in Mach 2+.

Certo, non ha per esempio e rispetto l’F-22 Raptor scarichi schermati e questo, da un punto di vista della traccia infrarossa, lo vede al momento inferiore nei confronti del jet americano ma, è in grado di utilizzare sia i missili Pl-15 con gittata di 300 chilometri che i Pl-21 (400 chilometri). Gittate stimate dall’intelligence occidentale e praticamente, doppie rispetto a quelle dei missili Aim-120 Amraam americani o dei Meteor europei: potranno anche essere gittate toppo ottimistiche o sovrastimate ma di fatto, negli Usa sono recentemente partiti due urgenti programmi per nuovi missili con gittate simili o possibilmente superiori, ai missili aria-aria cinesi (e russi…).

Nel dubbio o per lasciare nel dubbio gli altri, i cinesi stanno sviluppando un secondo caccia di quinta generazione, bimotore e stealth: lo Shenyang FC-31 (foto sotto). Questo si, in qualche modo somigliante all’F-35 ma… bimotore.

In tutto questo è ravvisabile una strategia cinese (chiara forse solo adesso?): copie su licenza quando conviene a loro e stando ai patti; copie su licenza sino a quando non hanno acquisito o maturato una minima esperienza per arrivare, possibilmente, a migliorare la piattaforma; quando le tecnologie nazionali lo consentono, le implementano immediatamente sulle piattaforme; farsi esperienza anche a scapito degli altri che, non tanto ingenuamente acconsentono al trasferimento di tecnologie anche sensibili (ben sapendo che laggiù, le “proprietà intellettuali” sono, diciamo, poco tutelate?); sviluppare nel più breve tempo possibile una autonomia progettuale. E per sviluppare queste capacità nazionali, hanno attuato e secondo i loro piani, tutto quanto elencato sopra: ne più, ne meno. La Cina, non è forse la nazione che ha dato i natali a Sun Tzu?

Non dimentichiamo poi, l’incredibile potenziale umano come risorsa particolare della Cina: quanti laureati “scientifici” sforna quella nazione, annualmente? Nel 2016, 4,7 milioni contro i 568.000 degli Stati Uniti. Non solo: quanti studenti cinesi (tutti di alto profilo ed impegno impeccabile) vi sono nelle università straniere nel mondo e, strategicamente, nei poli di eccellenza? Il problema dunque, non è se i cinesi copiano… ma quando smetteranno di farlo.

Sun Tzu disse: “Soltanto coloro che calcolano molto vinceranno. Coloro che calcolano poco non vinceranno e tanto meno vinceranno coloro che non calcolano affatto.”