Il 7,65 para: facile a dirsi, difficile a spararsi?

 

Il calibro 7,65 parabellum appartiene di diritto alla storia delle pistole semiautomatiche, essendo uno dei calibri più antichi: fu, infatti, messo a punto nel 1898 e adottato a livello militare già nel 1900 (dalla Svizzera), con la pistola Luger. Anche se la diffusione del 9×19 mm parabellum, di poco successiva, ridimensionò rapidamente il potenziale di crescita del 7,65 para, in veste militare ebbe comunque una sua propria vita specialmente nei primi anni del secolo, ma tutto sommato fino alla metà degli anni Trenta (ricordiamo, in tempi differenti, adozioni da parte della Finlandia, della Bulgaria, del Portogallo), ma anche una notevole diffusione sul mercato civile fino al 1945. Fu in particolare in Italia, però, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del XX secolo, che visse una vera e propria seconda giovinezza, risultando camerato in un buon numero di pistole semiautomatiche di moderna generazione, stante il divieto (tuttora vigente) di acquisto di armi corte in 9 mm parabellum e stante il fatto che il 9×21 ancora non era stato inventato. Era, insomma, il calibro con il quale era possibile detenere e impiegare al tiro le moderne semiautomatiche (bifilari e non) di “grosso” calibro, derivate appunto direttamente da quelle in 9×19. Con l’introduzione sul mercato del 9×21, a metà anni Ottanta, il 7,65 para cadde rapidamente nell’oblio, ma ancor oggi nelle raccolte di armi in possesso degli appassionati nostrani ve n’è un buon numero, e ancora molti ogni tanto apprezzano portare al poligono queste armi, mettendo a frutto le grandi doti di precisione intrinseca di questo calibro e la sua dolcezza allo sparo. Qui si pone un primo problema: la reperibilità di munizioni. Fino a un paio di anni or sono, in pratica le uniche aziende che producevano ancora questo calibro erano la Fiocchi, in versione blindata di 93 grani, e la Lcm con palla blindata di 93 grani o ramata di 95. Da alcuni mesi si è a essa affiancata anche il gruppo Ruag, che propone una cartuccia di alta qualità realizzata in Svizzera (nello stabilimento di Thun della holding) sempre con palla blindata del peso di 92 grani. Al di là del costo (legittimamente) più elevato di queste munizioni rispetto a un calibro di maggior diffusione come il 9×21, c’è anche da considerare il fatto che i caricamenti blindati non sono consentiti nei Tsn con agibilità di prima categoria. Quindi, sia per una questione economica, sia per una questione normativa, può essere utile rivolgersi alla ricarica domestica, magari con palle ramate o in piombo nudo. E qui… iniziano i problemi! Infatti, pochi altri calibri, per pistola o per carabina, si trascinano dietro la nomea di “calibro ostico” e “difficile” nella ricarica domestica. Cerchiamo di capire come mai e di dare alcuni consigli pratici per porvi rimedio.

Partiamo dalla base
Uno degli aspetti basilari quando si inizia a ricaricare qualsiasi calibro è che è necessario disporre… dei bossoli da ricaricare! L’affermazione può sembrare banale, in realtà lo è molto meno di quanto sembri. I più, infatti, sono propensi a prendere i bossoli del 9×21, dei quali c’è normale disponibilità sulle linee di tiro, e passarli nel die per trasformarli in 7,65 para: in effetti quando iniziarono a diffondersi le prime semiauto in 9×21, si faceva esattamente il contrario, cioè si prendevano i 7,65 para (dei quali c’era buona disponibilità in giro) e si passavano nel die, “sbottigliandoli” e tirandoli cilindrici. Ricavare il 7,65 para dal 9×21 può andare bene per molte semiauto, ma non per tutte. Chi ha una semiauto in 7,65 para con camera particolarmente stretta, si accorgerà infatti che il 9×21 non è idoneo all’uso, principalmente perché il colletto dei bossoli 9×21 ha uno spessore compreso tra 0,30 e 0,35 mm, laddove il 7,65 para è invece compreso tra 0,20 e 0,25 mm. Quindi, questo spessore impedisce la corretta cameratura. Bisognerebbe tornirli uno per uno, assottigliando il colletto, operazione tutto sommato non necessaria considerando che sia Fiocchi, sia Prvi Partizan commercializzano bossoli “nativi” in questo calibro e che la loro durata è di un numero di cicli di ricarica quasi infinito.

Il secondo elemento di base per ricaricare una cartuccia sono ovviamente i die, cioè le matrici da avvitare alla pressa. Altra cosa banale… e altro problema che si presenta! I die, per questo calibro, a seconda dell’azienda produttrice, possono essere in set di due matrici (una per la ricalibratura e svasatura, l’altra per l’inserimento palla e crimpaggio), come Rcbs, oppure in set di tre (una per la ricalibratura, una per la svasatura ed eventuale inserimento polvere contestuale, la terza per inserimento palla e crimpaggio), come Lee. Volendo c’è la possibilità di acquistare un ulteriore die che è il factory crimp, destinato (come per tutti gli altri calibri a collo di bottiglia) a realizzare una crimpatura “dura” a segmenti sulla bocca del bossolo. Detta così è di una banalità sconcertante: si regola il die ricalibratore in modo che appoggi contro lo shell holder, si mettono i bossoli nella pressa e via di ricarica. Salvo poi scoprire (non sempre, per fortuna, ma qualche volta sì) che con la propria amata Luger o la propria beniamina Sig P210, si verificano incomplete chiusure e l’arma non spara. Eppure, la procedura è stata eseguita correttamente! Ma allora?

Allora, c’è una insidia in più: come è noto il 7,65 parabellum ha avuto produzione e diffusione quasi principalmente in Europa, ma i produttori di materiale per la ricarica sono principalmente statunitensi. Nel nuovo mondo, il 7,65 para si chiama .30 Luger e per esso sono stati fissati ben precisi limiti dimensionali secondo lo standard colà vigente, cioè il Saami (Sporting arms and ammunition manufacturer’s institute). In Europa, invece, il calibro si chiama 7,65 parabellum e le sue dimensioni sono fissate dalla Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili). 7,65 para e .30 luger sono praticamente identici, ma non esattamente identici. In particolare, a sballare i conti c’è il dato relativo alla lunghezza del tratto cilindrico del bossolo (quindi la parte inferiore del medesimo), che a norma Cip è pari a un massimo di 15,58 mm, mentre a norma Saami è pari a 15,89 mm. Questo per quanto riguarda le dimensioni massime della cartuccia, mentre per le dimensioni minime della camera di scoppio, le due dimensioni sono rispettivamente 15,52 e 15,81. Insomma, “ballano” tre decimi di millimetro, il che per alcune tipologie di arma possono anche essere trascurabili, per altre invece no. Se si è verificato un rigonfiamento del bossolo allo sparo, con leggero avanzamento della spalla, il die può non essere in grado di riportare la spalla indietro alla giusta misura e, quindi, quel bossolo potrebbe non camerare correttamente una volta ricaricato e riportato al poligono.

La terza e ultima insidia è costituita dal bossolo in quanto tale: il 7,65 parabellum, come avviene per altri calibri “antichi” per pistola semiautomatica (7,65 Borchardt, 7,63 Mauser e così via) è a collo di bottiglia, diversamente dalla maggior parte dei calibri moderni per pistola (salve ovviamente eccezioni, come il .357 Sig, il .400 Cor-bon eccetera). In alcuni casi e con alcune marche di bossoli (Fiocchi principalmente), può accadere che regolando il die metti palla troppo basso per quanto riguarda il crimpaggio, la forza esercitata sul colletto sia tale da provocare il collasso della spalla, che non si accartoccia verso l’interno del bossolo, bensì verso l’esterno. È chiaro che se il fenomeno è macroscopico, ci si rende conto che qualcosa non va; il problema si verifica quando il collasso è appena accennato, quindi non si nota a un esame superficiale, ma è quel tanto che basta da impedire una completa cameratura.

E le soluzioni?
Fatti salvi tutti questi aspetti critici, c’è rimedio? In realtà sì, per fortuna. Cominciando dal fondo, il primo aspetto che può essere agevolmente risolto è quello del collasso della spalla, se si osserva l’insorgenza di questo specifico problema basta svitare il die metti palla di mezzo giro o di un giro completo, diminuendo lo sforzo esercitato sul colletto del bossolo: la crimpatura sarà comunque già sufficiente allo scopo. Per verificare se il bossolo abbia o meno un accenno di collasso della spalla, basta accostare due cartucce ricaricate, la parte cilindrica del bossolo non dovrà presentare “luce” tra una cartuccia e l’altra, guardandole in controluce.

Per quanto riguarda, invece, gli altri problemi intrinseci del calibro, la prima soluzione ovviamente è quella di utilizzare bossoli “nativi” in 7,65 para (quindi non 9×21) e di tenere separati quelli che si sparano e si ricaricano con una specifica arma in quel calibro. Quindi, se si hanno per esempio una Luger e una Beretta 51, quelli che si sparano con la Beretta 51 dovranno essere sparati sempre e solo con la 51, e quelli che si sparano con la Luger si dovranno sparare sempre e solo con la Luger. Se ciò non dovesse bastare, allora si potrà effettuare la fresatura della faccia superiore dello shell holder di uno o anche due decimi, in tal modo il die potrà scendere di egual misura e abbassare la spalla in modo da eliminare eventuali problemi.

Il 7,65 parabellum è un calibro affascinante, dotato di una precisione intrinseca molto elevata, dolcissimo nelle reazioni allo sparo: può essere veramente divertente da riscoprire al poligono, con questi piccoli accorgimenti si eviterà di trasformare un piacere in una fonte di nervosismo!