H&K P2000, la prova distruttiva

Abbiamo provato a distruggere l'arma tedesca: schiacciata sotto uno pneumatico, fatta sparare con canna otturata e cariche forzate, lasciata riposare in acqua di mare. Il test ha del sorprendente

Testo e foto di Luca Brigatti

La Heckler & Koch P2000 calibro 9×21 è stata sviluppata all’inizio del nuovo millennio per impieghi militari e di polizia
, affiancandosi alla più vecchia e collaudata polimerica dell’azienda tedesca, il modello Usp.
Da quest’ultimo è stata mutuata la chiusura geometrica a corto rinculo tipo Browning modificato e la percussione a cane esterno, mentre la catena di scatto ha seguito una “linea evolutiva” differente: la versione V3 ha uno scatto tradizionale, in Singola e Doppia azione, mentre le versioni V1 e V2 hanno uno scatto denominato Cda (Combat defence action), caratterizzato da un sistema a Doppia azione nel quale il cane, anche se apparentemente in posizione di riposo, viene prearmato dall’arretramento del carrello, analogamente al sistema Lda della Para Ordnance.
Le due versioni si differenziano per il peso di scatto, pari a circa 2.000 grammi per la versione V1 e circa 3.300 grammi per la versione V2. Quest’ ultima è stata adottata dalla polizia tedesca, mentre il Ksk (Kampfschwimmerkompanie, reparto antiterrorismo tedesco) ha optato per la versione V1.
Sembra che le adozioni da parte di questi reparti siano state determinate dall’eccezionale resistenza ai maltrattamenti dimostrata dalla P2000: abbiamo deciso di verificare con mano, sottoponendo un esemplare nuovo di zecca (versione V3), messoci a disposizione dalla H&K tramite l’importatore Bignami, a ogni genere di “sevizie”.

​La P2000 funziona sul principio del corto rinculo di canna: allo sparo, canna e carrello sono vincolati per un breve tratto, grazie al contrasto tra la porzione anteriore della finestra di espulsione e la superficie a spigoli vivi della camera di cartuccia. All’interno del fusto è presente un blocchetto in acciaio che, contrastando con un piano inclinato nella parte inferiore della camera di cartuccia, forza quest’ultima ad abbassarsi dopo un breve tratto, svincolando il carrello. L’ otturatore prosegue, quindi, la sua corsa, estraendo ed espellendo il bossolo vuoto. Intorno alla molla di recupero è posto un buffer in nylon che ha lo scopo di assorbire l’urto di fondo corsa del carrello: la conseguente distensione della molla fa prelevare al carrello un colpo dal caricatore, introducendolo in canna.
L'arma è priva di sicure manuali, l’unico dispositivo di sicurezza è costituito dalla sicura automatica al percussore.
Accanto al cane è, poi, posto un pulsante che consente l’abbattimento in sicurezza sulla prima monta. Il pulsante di sgancio del caricatore, ambidestro, è posto alla base del ponticello, in posizione profondamente incassata.

La prova completa dell’arma è stata pubblicata su Armi e Tiro – novembre 2002

Prima di iniziare le “torture” e per valutare le eventuali variazioni di precisione nel corso del tempo abbiamo effettuato una serie di prove di rosata. Abbiamo utilizzato munizionamento commerciale Fiocchi con palla di 123 grs tipo Fmc Leadless, che ha sviluppato una velocità media alla bocca di 307,4 m/sec con una deviazione standard di 3,2. Successivamente siamo passati alle Geco con palla Fmj di 124 grani (325,6 m/sec con Sd di 2,8), infine abbiamo provato le Winchester con palla di 124 grani Fmj, che hanno sviluppato ben 328 m/sec, con una Sd di 4,8. Abbiamo optato per munizionamento solo blindato in quanto la pistola è nata principalmente per utilizzo militare e law enforcement e solo secondariamente per il tiro a segno: inoltre, la canna poligonale non digerisce con facilità palle in piombo eccessivamente morbide.
Terminata la sessione di tiro abbiamo iniziato il nostro test con una delle prove meno punitive: abbiamo buttato la pistola e un caricatore pieno di munizioni dentro un secchio colmo d’acqua, poi l’abbiamo presa dal secchio, caricata e abbiamo sparato mezzo caricatore, l’abbiamo immersa nuovamente in acqua e abbiamo finito di sparare il caricatore. L’operazione è stata ripetuta numerose volte e sempre senza il minimo problema: non si sono verificati inceppamenti e la canna non ha sofferto dalla presenza di acqua al suo interno.
Terminata la prova, senza asciugare la pistola, siamo passati alla prova di schiacciamento: abbiamo posizionato la pistola su un pavimento di cemento e ci siamo passati sopra con la ruota anteriore di un Fiat Doblò, prima a marcia avanti e poi in retromarcia. La pistola ha emesso una serie di scricchiolii, che abbiamo successivamente spiegato come il suono prodotto dall’abrasione delle leve dell’hold open e del carrello contro il pavimento di cemento ruvido. Non soddisfatti, abbiamo ripetuto la prova con un Land Rover pesante più di due tonnellate e abbiamo posizionato la pistola sotto la ruota anteriore. Anche in questo caso abbiamo effettuato il doppio passaggio ed è stata un’agonia: il castello in polimeri si è incurvato con una serie di scricchiolii ma, una volta terminata la prova, ha ripreso la sua forma consueta. Abbiamo verificato lo stato dell’arma, cercando la presenza di eventuali fratture o crepe, specialmente nella zona di unione tra il carrello e il castello. Unici danni, una serie di abrasioni dovute al contatto tra pavimento e acciaio, sul carrello e soprattutto sulle leve dell’hold open (presenti su entrambi i lati dell’arma). Gli altri comandi non hanno subito danni, in quanto la leva di sgancio del caricatore è protetta dal ponticello del grilletto su entrambi i lati mentre la leva abbatticane è posizionata nella zona posteriore dell’arma, a fianco del cane. Comunque, prima di passare a ulteriori test, per sicurezza abbiamo provato a sparare un paio di caricatori, giusto per verificare che tutto andasse bene. Anche in questo caso, la pistola non ha avuto esitazioni.

​La pistola, ancora umida dalla prova di immersione, è stata messa in un congelatore a pozzetto a quaranta gradi sotto zero, dove è stata lasciata per due giorni. Quando siamo tornati a prenderla era inglobata dalla brina del congelatore e abbiamo faticato parecchio per rimuoverla. Sbloccato il carrello dalle formazioni di ghiaccio abbiamo sparato un caricatore per verificare la resistenza al congelamento dei polimeri: anche in questo caso non abbiamo avuto problemi, il ghiaccio è sublimato (è passato dallo stato solido a quello gassoso) dal carrello e dalla canna, mentre sull’ impugnatura e all’interno dell’otturatore si è semplicemente sciolto.
Dopo queste prove soft siamo passati al test più impegnativo in termini di tempo, la prova di resistenza alla ruggine a seguito di immersione in acqua salata. Abbiamo prelevato circa quattro litri di acqua marina dal golfo del Tigullio e vi abbiamo immerso la pistola, dimenticandola in cima a un armadio.
Dopo una settimana, abbiamo eseguito una prima verifica dello stato dell’arma e con grande sorpresa abbiamo scoperto che all’interno del contenitore, a seguito dell’innalzamento della temperatura e grazie alla presenza di microrganismi, si è formato un denso strato di mucillagine. Dopo venti giorni abbiamo estratto la pistola dal contenitore: le alghe e i microrganismi avevano reso l’acqua totalmente opaca e la pistola era appena visibile. A colpo d’occhio, appena estratta, la P2000 era ricoperta da una sottile pellicola color rosso mattone, depositata uniformemente sia sulle parti in acciaio, sia sui polimeri. In realtà non si è formata ruggine, solo qualche spina di secondaria importanza e il punto di ancoraggio del grilletto al castello ha iniziato a fiorire.
La prova più evidente è nei punti graffiati dalla prova di schiacciamento: qui il metallo, non più protetto dai trattamenti anticorrosione e antigraffio, non si è arrugginito. Un passaggio con un filo d’olio avrebbe riportato la pistola alle condizioni ottimali, cosa che comunque ci siamo guardati bene dal fare.
Dopo alcuni giorni ci siamo recati al balipedio Fiocchi per i test di sparo e abbiamo verificato lo stato della pistola: le varie parti meccaniche interne dell’arma si erano grippate a causa dell’immersione in acqua salata. Abbiamo faticato non poco a rimuovere il caricatore, sbloccare il cane e azionare il grilletto. Il cane, anche se armato manualmente, non riusciva più ad agganciare il dente di scatto e il disconnettore non ritornava in posizione. Per ripristinare il funzionamento abbiamo dovuto spruzzare qualche goccia d’olio e in un attimo la pistola è ritornata “in forma”.

Grazie alla collaborazione della Fiocchi, abbiamo potuto eseguire prove accurate in situazioni davvero limite. In particolare, abbiamo voluto verificare la robustezza della pistola allo sparo di cariche molto superiori al normale, pertanto abbiamo realizzato una serie di cartucce calibro 9×21 con palla blindata di 123 grani tipo Full metal jacket caricate con 7 grani di Winchester 231 e innesco Cci small pistol magnum (i manuali riportano come dose massima 4,5 grani di polvere). Le cartucce, prima di essere utilizzate nella pistola sono state provate in canna manometrica e hanno sviluppato una velocità media di 436,4 metri al secondo con una pressione media di 4.323,6 bar e un picco massimo di 4.772 bar. Tanto per capire, le norme Cip prevedono, per il 9×21, pressioni normali di esercizio di 2.350 bar, con una pressione massima ammessa di 2.703 bar. Le cartucce per la prova forzata al Banco hanno, invece, una pressione di 3.055 bar.
Abbiamo montato la pistola su un Ransom Rest e, a distanza di sicurezza, abbiamo azionato il grilletto con un bastone. Il boato è stato notevole e ci ha fatto temere il peggio, ma dopo un esame superficiale abbiamo notato che la pistola era integra. Rincuorati, abbiamo proseguito nella nostra prova, sparando altri dodici colpi “forzati” (un caricatore). Al termine della sessione, la pistola non ha mostrato il minimo cedimento e, stranamente, anche i bossoli hanno mostrato segni di pressione nella norma, denunciando solo un moderato appiattimento dell’innesco.
Abbiamo, quindi, deciso di fare un’ulteriore tentativo: abbiamo caricato una cartuccia senza polvere ma con l’innesco, l’abbiamo inserita in camera di scoppio e abbiamo sparato. La palla si è piantata nelle righe ma non è avanzata a sufficienza per consentire l’inserimento di un’ulteriore cartuccia in camera di scoppio, pertanto con un tondino e una mazzetta abbiamo spinto la palla più all’interno, arrivando a una distanza di 28,77 mm dall’imbocco della camera di scoppio, distanza appena sufficiente per permettere l’inserimento di un’ulteriore cartuccia carica. Abbiamo misurato il diametro della canna in corrispondenza della palla piantata in camera di scoppio, rilevando 13,84 mm. Abbiamo rimontato la canna sull’arma e abbiamo inserito una cartuccia commerciale Fiocchi con palla di 123 grani Fmj: la palla è arrivata a sfiorare la prima palla piantata in canna, sempre di 123 grani e di tipo Fmj. Abbiamo tirato il grilletto aiutandoci con il nostro bastone e la pistola ha sparato fuori entrambi i proiettili. Uno dei due è andato a colpire la barriera protettiva posta a un metro dall’arma, vuol dire che ha abbandonato la canna ormai deformato, con una traiettoria a dir poco erratica.
Abbiamo smontato la pistola e abbiamo nuovamente misurato la canna, che risultava di 13,86 mm, appena due centesimi di millimetro di differenza rispetto alla prima misurazione. L’arma all’ispezione visiva non presentava il minimo segno di cedimento. Si tratta di una cosa a dir poco eccezionale, in quanto sparare una cartuccia con la canna occlusa porta quasi sempre alla formazione di un’oliva e, talvolta, allo scoppio vero e proprio.
Soddisfatti e stupefatti, abbiamo fatto l’ultima prova, ovvero l’uso dell’arma sott’acqua. Abbiamo riempito un caricatore e abbiamo immerso la pistola in una vasca destinata al drenaggio dei proiettili, sparando una ventina di colpi. I problemi, più che dalla pistola, sono derivati dalla densità dell’acqua: la P2000 ha riarmato con fatica, di conseguenza il bossolo non veniva espulso correttamente. Inoltre, la massa dell’acqua rallentava sensibilmente la corsa del cane e del percussore, il che si è tradotto in percussioni appena accennate. Dopo tre o quattro colpi sott’acqua bisognava togliere la pistola dall’acqua, drenarla e svuotare la sede del percussore sparando una serie di colpi a vuoto, quindi si poteva riprendere la prova. Vale la pena osservare che, nonostante la pistola fosse sott’acqua, si è prodotta comunque una visibile vampa alla bocca.

Terminata la prova di tiro presso il balipedio della Fiocchi ci siamo recati in una cava adibita a campo di tiro e qui abbiamo sottoposto la pistola a un’ulteriore serie di test. Per prima cosa abbiamo sotterrato la pistola carica sotto un mucchio di sabbia, l’abbiamo prelevata senza pulirla o rimuovere la sabbia e abbiamo svuotato il caricatore: la pistola non ha avuto la minima esitazione e ha sparato tutti i colpi senza inceppamenti o malfunzionamenti.
Siamo quindi passati alla prova del fango: abbiamo seppellito la pistola sotto un mucchio di melma densa e grumosa, l’abbiamo ripresa e abbiamo sparato. Durante la fase di espulsione, i grumi di fango presenti nella parte superiore del castello sono entrati all'interno della finestra di espulsione e hanno inceppato l’arma. Abbiamo riarmato, espellendo la cartuccia infangata e abbiamo inserito un nuovo colpo in canna: questa volta siamo riusciti a sparare due colpi consecutivi, ma il fango, penetrando all’interno della P2000 durante il ciclo di funzionamento, l’ha bloccata a tal punto che il carrello non è più riuscito ad andare in chiusura. Siamo stati costretti, quindi, a sciacquare la pistola nell’acquitrino accanto ai depositi di fango: abbiamo reinserito i colpi nel caricatore, abbiamo rimesso una cartuccia in canna e abbiamo ripreso a sparare. Il fango, reso nettamente più liquido dal “bagno”, non ha più creato problemi e la pistola ha svuotato l’intero caricatore. L’unico malfunzionamento si è verificato con l’ultimo colpo, il fango e la sporcizia hanno bloccato la leva dell’hold open che non ha bloccato il carrello in apertura.
Dopo tutte queste “fatiche”, ancora non appagati, senza pulire la pistola l’abbiamo rimessa nuovamente a bagno nell’acqua salata per altri cinque giorni. Quest’ultimo bagno ha assestato il colpo finale alla finitura, già duramente provata dalla sabbia e dal fango. La pistola ha iniziato ad assomigliare a un blocco di ruggine e, nel timore che si bloccasse definitivamente, abbiamo preferito rimuoverla dall’acqua lasciandola comunque asciugare da sola, in modo da evidenziare i punti dove la ruggine aveva intaccato la pistola.
Una volta asciutta, la P2000 faceva impressione: la ruggine era presente su tutta la superficie, in particolar modo sul lato sinistro (che non appoggiava sul fondo del contenitore), inoltre tutte le parti mobili sono risultate bloccate. Per far arretrare il carrello abbiamo dovuto usare un martello in gomma, colpendo sia la volata della canna sia la parte superiore della camera di scoppio, in modo da far abbassare la canna e sbloccare la chiusura. La rimozione del caricatore ha richiesto l’ausilio di un cacciavite e mentre il cane, il pulsante abbatticane e il percussore non hanno risentito del minimo problema, il grilletto faticava a ritornare in posizione di sparo.

​Insomma un vero rottame a prima vista, ma è bastata una spruzzata di olio per ripristinare alla perfezione il funzionamento. In alcune parti (in particolar modo sul caricatore) la finitura anticorrosione si è sfogliata, ma il metallo sottostante non ha fatto a tempo a essere aggredito dall’ossidazione. Insomma, nonostante l’apparenza la pistola era ancora in condizioni di funzionare, anche se non si poteva più definire “come nuova”.
Ripristinati i meccanismi dell’arma abbiamo ripetuto il test a fuoco iniziale con le cartucce commerciali. Le Fiocchi 123 grs Leadless hanno sviluppato una velocità media alla bocca di 306,2 metri al secondo con una deviazione standard di 7,2 metri al secondo, le Geco Fmj di 124 grani hanno invece sviluppato 318,6 metri al secondo con una deviazione standard di 3,8 metri al secondo, le Winchester 124 grani Fmj sono scese a 311,4 metri al secondo, con una deviazione standard di 7,8 metri al secondo.
Analizzando i dati e comparandoli con i risultati ottenuti nella prova iniziale della pistola si può chiaramente constatare una generale perdita di velocità e un aumento sensibile della deviazione standard.
Ciò può essere dovuto sia a uno stress eccessivo della canna, con conseguente dilatazione interna, sia alla sporcizia presente in canna, che non ha certo influito positivamente.
In ogni caso, si tratta di dati interessanti dal punto di vista sperimentale, ma assolutamente inavvertibili dal punto di vista pratico. A 15 metri, la miglior rosata di cinque colpi (eseguita con cartucce Winchester 124 grs Fmj) misurava 65 mm, con i primi tre colpi concentrati in 15 mm: valori perfettamente in linea con quelli espressi dall’arma nuova.
L’accumulo di sporcizia e ossidazione ha impedito, in alcuni casi, la completa chiusura dell’arma e, quindi, per sparare è stato necessario dare un colpo con il palmo della mano all’estremità posteriore del carrello.
Dopo tutto questo, è rimasto un problema: come ripulire le superfici dall’ossidazione. Anche in questa fase, abbiamo optato per una soluzione drastica, smontando l’arma in tutte le sue parti e “dimenticando” il tutto dentro un tumbler per 24 ore. Risultato, le parti sono tornate come nuove, soltanto la fosfatazione è risultata un po’ sbiadita e le parti in plastica hanno ricevuto una colorazione verdastra per il contatto con la graniglia (peraltro facile da eliminare, con una semplice spazzolatura).
Le parti maggiormente aggredite dalla corrosione, alla fine, sono risultate mirino, tacca di mira e caricatore, trattate in modo differente rispetto al resto dell’arma.
A parte questo, la P2000 ha dimostrato di saper sopportare egregiamente il più rude trattamento militare, confermando l’elevato livello qualitativo da sempre orgoglio di Heckler & Koch.

L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – gennaio 2005

Produttore: Heckler & Koch Jagd und Sportwaffen GmbH, Postfach 1329, D-78722 Oberndorf, Germania, www.heckler-koch.de
Importatore: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 04.71.80.30.00, fax 04.71.81.08.99, www.bignami.it Modello: P2000
Tipo: pistola semiautomatica
Destinazione d’uso: difesa personale Calibro: 9×21
Funzionamento: chiusura geometrica a canna oscillante sistema Browning modificato
Canna: lunga 92 mm, con rigatura poligonale ad andamento destrorso
Percussione: cane esterno, percussore inerziale
Scatto: Azione mista
Alimentazione: caricatore prismatico bifilare a singola presentazione
Numero colpi: 13
Mire: tacca di mira e mirino a lama innestati a coda di rondine e regolabili in derivazione
Sicure: automatica al percussore; dispositivo abbatticane
Lunghezza totale: 178 mm
Altezza: 128 mm
Spessore: 34 mm
Linea di mira: 140 mm
Peso: 700 grammi
Materiali: carrello in acciaio, castello realizzato in polimeri rinforzati con fibra di vetro e inserti in acciaio nei punti d’attrito
Finitura: fosfatazione nera opaca con trattamento anti graffio, castello in polimeri di colore nero
Numero del Catalogo nazionale: 13.395 (arma comune)