Francia: dopo l’attentato, corsa alla… libera vendita

Dopo le drammatiche decapitazioni di Notre Dame, la cittadinanza francese si scopre da un lato insicura, e corre a comprare gli strumenti di autodifesa di libera vendita; dall’altra, si manifesta cinica, con fenomeni di pessimo gusto

La minaccia terroristica, in particolare di matrice islamica, si evidenzia rivolta soprattutto ai “soft target”, ovvero in pratica nei confronti dei comuni cittadini disarmati e inermi nei confronti della violenza estremistica. Ne è la prova provata l’ultimo episodio drammatico verificatosi nei pressi della chiesa di Notre Dame di Nizza, in Francia, dove un tunisino ventunenne ha decapitato atrocemente tre persone.

La percezione da parte delle persone è evidentemente quella che la polizia non possa arrivare a proteggere chiunque e dovunque, quindi si corre ai ripari come si può. La normativa francese in materia di armi è oggi piuttosto restrittiva, in particolar modo dopo il recepimento della direttiva europea 2017/853, ottenere quindi armi da fuoco letali in modo legale non è facilissimo e soprattutto richiede tempi burocratici piuttosto lunghi, complici anche i rallentamenti conseguenti al lockdown. Ed ecco dunque la cittadinanza impaurita rivolgersi alle ultime, e uniche, cose rimaste a disposizione, cioè gli strumenti di libera vendita: le armerie francesi registrano infatti un incremento delle vendite in particolar modo per quanto riguarda i coltelli e le cosiddette “pistolet d’alarme”, equivalenti alle nostre scacciacani ma che, oltre al rumore dello sparo e all’effetto deterrente della somiglianza a un’arma da fuoco vera, in Francia possono legalmente utilizzare anche cartucce caricate con prodotti irritanti come il capsicum. Questo tipo di strumenti costituisce, tuttavia, una soluzione ben misera rispetto a un fanatico invasato con (evidentemente…) pratica nell’uso dei coltelli e degli altri strumenti da taglio in lavori di macelleria, con in più la beffa del rischio di essere sanzionati nel momento in cui si viene pizzicati a girare fuori dalla propria abitazione con una di queste “pistolet d’alarme” addosso.

La normativa francese consente, infatti, il solo trasporto di tali strumenti, scarichi e chiusi nella loro valigetta.

Appare evidente la beffa di uno Stato che da un lato si dimostra impreparato (e come potrebbe essere altrimenti?) a gestire una minaccia terroristica del tutto destrutturata e asimmetrica, costituita da “lupi solitari” o sedicenti tali capaci di organizzare atti criminali e colpire in completa autonomia; dall’altro, però, lo stesso Stato impedisce ai cittadini una effettiva ed efficace tutela della propria incolumità, non solo con le armi da fuoco convenzionali ma anche con strumenti a ridotta offensività e sicuramente non letali. È un tema fondamentale, trasversale in tutto il mondo occidentale (con particolare riferimento all’Europa), che richiederà indubbiamente una riflessione approfondita da parte dei reggitori della cosa pubblica, prima che la scia di morti diventi un mare nel quale affogare la nostra stessa civiltà.

Oltre all’acquisto di strumenti non letali di autodifesa, si è parimenti registrato lo sviluppo di fenomeni di pessimo gusto, perpetrati in gran parte da giovani e adolescenti, che scatenano il panico mettendosi a gridare “Allah Akbar” sui mezzi pubblici o nelle piazze affollate. Uno di questi incoscienti, che ha dato sfogo a questa iniziativa inqualificabile poche ore dopo l’attentato, è stato pesantemente sanzionato dalla magistratura ma non mancano gli emulatori.