Fidc, l’esperto contesta l’Ispra sulla siccità

Franco Nobile, dirigente della Fidc, già presidente dell’Unione nazionale cacciatori cinghialai, ha espresso un autorevole parere sul documento recentemente emanato dall’Ispra sul clima

Il professor Franco Nobile, classe 1931, è uno dei più noti oncologi del nostro Paese; presidente della Lega tumori senese dal 1970, è impegnato in Italia e all’estero in ricerche e progetti per la prevenzioni e lo screening delle fonti di rischio in commissioni ministeriali e internazionali. Per la sua lunga ed eclettica carriera medica, e in particolare per le sue ricerche sui rischi dell’uranio impoverito nei Balcani, nel 2004 è stato insignito della Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Malgrado i numerosi e intensi impegni professionali, Franco Nobile non ha mai trascurato la sua passione per la caccia e la natura. Dirigente della Fidc, già presidente dell’Unione nazionale cacciatori cinghialai, ha espresso un autorevole parere sul documento recentemente emanato dall’Ispra sul clima (clicca sull’allegato per leggerlo), che la Federcaccia ha reso pubblico.

 

Il parere di Nobile
Le conseguenze negative dell’inclemenza climatica rappresentata soprattutto dalla siccità hanno avuto una distribuzione diversa sul territorio nazionale. Per esempio non vale per zone alpine, prealpine, appenniniche e zone montane e pedemontane in genere, più soggette a precipitazioni; zone rivierasche fluviali, lacustri, palustri e della rete idrica artificiale a loro collegata, comprese le colture irrigue; interventi di gestione faunistica riguardanti il fabbisogno idrico della fauna sia nelle zone protette che negli Atc.

Mancano i riscontri epidemiologici, suffragati dai relativi esami di laboratorio sull’attuale (supposto) stato di disidratazione della fauna selvatica, la stessa che peraltro vive in condizioni anche più siccitose in tutta la fascia nordafricana: dagli ungulati a lepri, fagiani pernici, quaglie, acquatici alberganti nell’aridissimo Sahel.

Si osserva quindi una grave sottovalutazione scientifica, biologicamente arbitraria, delle potenzialità di resistenza degli organismi animali alla disidratazione nonché delle loro capacità di adattamento e dei meccanismi evolutivi e di selezione naturale, accompagnata da drammatizzazione (emotiva?) dell’attuale contingenza climatica (“condizioni climatiche estreme”). Aumento di mortalità della fauna (dove, quando e quanti?). La superficie naturale interessata dagli incendi è quantitativamente irrilevante rispetto all’estensione degli habitat boschivi.

Le misure proposte sono strumentali, irrazionali e ingiustificate. Perché non allenare i cani? Che bevono a casa loro e devono essere allenati e addestrati, indipendentemente dal fare carniere? Perché vietare dalla caccia di appostamento per evitare massicci prelievi sui luoghi di abbeverata che sono già vietati per legge?

Caccia alla stanziale: arbitrario il ricorso a restrizioni del calendario a scopo precauzionale e non per motivazioni verificate sui diversi Atc. Ridicole e anacronistiche le limitazioni ai prelievi della fauna acquatica… solitamente assente dove l’acqua non c’è. Sarebbe come proibire la pesca nei corsi d’acqua in secca.

Non si tiene conto inoltre: dei prelievi dell’agriturismo venatorio, risorsa economica sui terreni marginali; dei prelievi sulle specie migratorie.

Conclusione: illazioni arbitrarie, teoriche, ai limiti dell’emotività animalista, non suffragate da riscontri scientifici e soprattutto da verifiche sul territorio… secondo il consolidato comportamento dei pareri trasmessi per corrispondenza!  Conclusione finale: la solita turlupinatura di antica memoria. Invece di proporre serie, anche se costose, misure di risanamento ambientale, compreso il potenziamento idrico preventivo, si può risolvere tutto, subito e per sempre… chiudendo la caccia!