Caso di Napoli: le reazioni istituzionali

Alcuni esponenti politici e portavoce di associazioni hanno commentato la rapina di Napoli finita in tragedia e il conseguente delirio scatenatosi al pronto soccorso

Formalizzata l’accusa di omicidio volontario per il carabiniere che due giorni fa ha sparato, uccidendolo, a un giovane rapinatore a Napoli. Dai primi, provvisori riscontri sembra tuttavia che i colpi che hanno attinto il giovane siano stati sparati tutti di fronte e non alle spalle, come riferito dai parenti. Sia la rapina in sé, finita tragicamente, sia il successivo delirio di follia che ha portato alla devastazione del pronto soccorso nel quale il giovane era stato portato in fin di vita, sono stati commentati sia da esponenti politici, sia da portavoce istituzionali, come per esempio Valter Mazzetti, segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato: “Quanto accaduto e Napoli, fra rapine, ospedali devastati e sparatorie contro la caserma dell’ Arma, descrive uno scenario impensabile in un Paese moderno che voglia dirsi civile. Dove delinquenti armati sono giunti con l’indescrivibile arroganza di una criminalità fuori controllo”.

Matteo Salvini, segretario della Lega, ha dichiarato: “Quando muore un ragazzo è sempre un dramma, ma nessuno può attaccare un carabiniere che, aggredito, ha reagito per difendere la sua vita e la sua fidanzata. Solidarietà a medici e infermieri del pronto soccorso”. Secondo il parere di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, “le forze dell’ordine non sono sufficienti, ci vuole l’esercito e una legge speciale”.

Anche Mara Carfagna, vicepresidente della camera, ha osservato che “la situazione dell’ ordine pubblico a Napoli è fuori controllo. Troppi ragazzi senza speranza e prospettive cadono nelle mani della criminalità”. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca del Pd, ha chiesto un posto di polizia all’ospedale Pellegrini.

Scende ancor più nel dettaglio Giuseppe Alviti, leader dell’associazione nazionale guardie giurate: “è da tempo ormai che affermiamo che Napoli ormai è diventata una città in piena guerra sociale dove l’unica fonte di controllo dovrebbe essere la dura repressione e questa si attua con uomini e mezzi dello Stato, dando ampi poteri di azione in questi casi limite. È gravissimo che in una situazione di massima allerta sociale per il Coronavirus, alla presenza di già pochi presidi di pronto soccorso, ne viene eliminato di fatto uno per una tragedia, sì, ma che non deve comportare la devastazione di un bene pubblico di primo soccorso. Quindi, anche se non si vogliono rafforzare le unità di guardie particolari giurate con poteri come le forze dell’ordine, bisogna blindare ogni ospedale con i militari, questa è l’ unica risposta efficace per ripristinare la legalità”.

Si sofferma sull’aspetto tecnico, senza mezzi termini, l’ex pm anticamorra di Napoli Luigi Bobbio, oggi giudice del tribunale civile di Nocera Inferiore, un passato da senatore e da sindaco a Castellammare di Stabia: “Lasciamo che la Procura di Napoli faccia il suo lavoro. Non posso però non rilevare che per il carabiniere non tira una bella aria. E allora mi sia consentita una valutazione di scenario. Se il giovane e coraggioso militare, che ne sia o meno giuridicamente responsabile, verrà indagato, processato e condannato per omicidio volontario del rapinatore a mano armata quindicenne, ebbene allora costui avrà comunque raggiunto il suo scopo e compiuto la sua mira criminale: aggredire, sopraffare, annichilire e distruggere un giovane bravo e perbene, il suo esatto opposto. Sarà comunque il male che prevale sul bene. E allora la domanda legittima è la seguente: se in tutte le Nazioni, civili e non, del mondo il poliziotto che avesse compiuto la medesima azione del nostro figlio carabiniere, verrebbe scriminato ed encomiato perché le armi a tutte le polizie del mondo vengono date per questo, per fermare i criminali violenti armati, e se i tutori dell’ordine in Italia invece devono essere indagati, processati e condannati per averle usate, perché continuare ad avere forze di polizia armate? Il problema è, peraltro, a questo punto, di evidente natura normativa, aggravato dall’interpretazione giudiziaria delle leggi, nel contesto di un coacervo di norme che, con l’usuale chiesastica ipocrisia normativa italica, pongono ostacoli e vincoli di ogni tipo all’uso delle armi da parte di polizia e carabinieri al punto che io, al loro posto, l’arma di ordinanza farei sempre in modo di dimenticarmela a casa, pur di non trovarmi costretto a usarla”.

E allora la questione è proprio questa: o si cambia radicalmente il panorama normativo rendendo in fatto e in diritto sostanzialmente libero l’uso delle armi in condizioni come quella creatasi a Napoli, oppure, per tutelare la vita e l’avvenire dei nostri uomini e donne in divisa, è molto meglio disarmarli subito”, conclude.