Azioni e reazioni

Il Comitato direttiva 477 si confronta con la prima manifestazione pubblica (il Game fair) e intanto mette a punto la strategia con ministero, produttori e media

L'incontro è stato piuttosto informale e rilassato e vi hanno preso parte una trentina di persone. Ha aperto la riunione Andrea Gallinari, illustrando la presenza del Comitato al Game Fair, ospitato agli stand di Armi e Tiro, dell'armeria Frinchillucci e di All4Shooters, ma anche altre armerie presenti si sono offerte per raccogliere le firme. Proprio in merito alle difficoltà e all'impegno che ha richiesto l'organizzazione del Game Fair, ha poi illustrato la necessità di cominciare a reperire collaboratori su base volontaria, suddivisi per specifici gruppi di lavoro, in particolare la preparazione degli eventi, la gestione della comunicazione e la cura degli aspetti legali. A livello locale ha parlato nuovamente della necessità di nodi comunicativi (principalmente armerie e poligoni), lanciando l'idea di creare un osservatorio per tenere d'occhio la difformità con cui viene applicata la normativa in Italia. È stato, quindi, illustrato il piano di contrasto al ddl Granaiola, focalizzandosi sul coinvolgimento dei magistrati Edoardo Mori e Claudio Lo Curto.

Stefano Ciccardini, in risposta a chi ha "accusato" il Comitato di "fare politica", ha sottolineato come fondamentalmente non siano stati i cittadini legalmente armati a occuparsi della politica, quanto sia la politica a occuparsi di noi appassionati di armi senza che vi fossero reali necessità. Riguardo a coloro che accusano di fare propaganda in favore di singoli politici ha fatto poi notare che sono dieci anni che il sistema elettorale non permette di esprimere preferenze, essendo i parlamentari tutti nominati tramite le liste bloccate, e che il sistema appena approvato cambia di poco la situazione. Sulle accuse di condurre operazioni di "terrorismo mediatico", ha evidenziato come nel corso dell'ultima legislatura si sono succedute diverse azioni ai nostri danni, tra cui spiccano proprio il Dlgs 121/2013, il decreto anti terrorismo e quest'ultimo ddl (Granaiola-Amati) in esame. La situazione attuale è talmente avversa, a livello politico, che i produttori già diverse volte hanno tentato senza successo di far eliminare l'avviso di trasporto di armi e parti di arma tra operatori e, nonostante la semplificazione amministrativa e le indubbie ricadute positive in termini economici (sommate al loro indubbio peso contrattuale), non sono riusciti nello scopo per via delle resistenze della maggioranza e del governo.

Dal punto di vista della comunicazione è emersa la necessità di distaccarsi dall'argomento monotono e abusato della difesa, per quanto legittimo, poiché si presta a facili strumentalizzazioni. Non essendo infatti sotto attacco specificamente la facoltà di difendersi, quanto piuttosto il possesso e l'uso sportivo delle armi in sé (anche tramite il diffusissimo luogo comune del ricorso al Porto di fucile per Tiro a volo come strumento per armarsi e portare armi "aggirando" le norme), al contrario bisogna specificare che stiamo difendendo principalmente il diritto di dedicarsi a un'attività sportiva lecita e ampiamente praticata senza incidenti sia a livello ludico-dilettantistico sia agonistico, così come quella collezionistica.

È nato spontaneamente un dibattito sui comunicati di un distributore specializzato in armi B7 di provenienza russa e cinese e di altri soggetti tendenti a minimizzare i pericoli: anche in questo caso, è parso chiaro a tutti che le minacce sono serie e gli eventi recenti hanno confermato che gli allarmi non sono mai stati infondati. Così come molti si sono domandati quale sia stato il contributo di questi altri soggetti al fine di migliorare la situazione o respingere i numerosi attacchi ai nostri danni. Ciccardini ha specificato che tali soggetti dovrebbero ricordarsi che se si è riusciti a limitare i danni durante l'approvazione del Dlgs 204/2010, del Dlgs 121/2013 o se si è riusciti a fermare il dl 79/2012 è proprio grazie all'attività in parlamento delle persone messe sotto accusa. I soggetti da cui partono tali accuse dovrebbero per primi essere preoccupati dalle mosse della politica, che basa le sue azioni su isolati fatti di cronaca. È evidente comunque la necessità (e l'impegno del Comitato) di creare i presupposti per non doversi trovare ogni volta a giocare in difesa sia sotto l'aspetto mediatico sia sotto l'aspetto politico. Proprio in riferimento a tali fatti, lo stesso Ciccardini ha fatto notare come, se non risultasse all'opinione pubblica irrispettoso nei confronti dei parenti delle vittime, sarebbe addirittura per parte nostra opportuno costituirci parte civile nei procedimenti penali a carico dei colpevoli di questi atti criminali, poiché queste persone gettano discredito su tutta la categoria e generano diffidenza nelle persone. Rammarico è stato espresso per la generale mancanza di partecipazione, poiché, a parte le solite persone che lavorano per l'interesse di tutti, la maggior parte dei soggetti interessati (operatori quanto cittadini) rimangono solo spettatori e, anzi, sono sempre pronti a criticare in caso di risultati da loro giudicati "insufficienti". Riguardo alla scelta di concentrarsi sull'applicazione della Direttiva, è stato sottolineato nuovamente come dalla prossima legislatura sarà necessario portare lo scontro in ambito europeo, luogo in cui ancora ci sarà una rappresentanza non distorta da sistemi elettorali come il nostro.

Alcuni partecipanti hanno domandato se il Comitato abbia finalmente trovato un punto di convergenza o stabilito un contatto coi produttori e con le associazioni venatorie. Sulle prime è stato risposto che esse hanno interessi da tutelare differenti dai nostri e non ci sono stati riscontri o manifestazioni particolari di interesse da parte loro, pur potendosi prospettare a breve una collaborazione con i singoli produttori o importatori particolarmente colpiti dalle ultime disposizioni; sulle seconde è stato fatto notare come, pur essendo molto attive nella difesa dei diritti dei cacciatori, riguardo alle armi abbiano un atteggiamento più distaccato.

A conclusione dell'incontro, Giulio Magnani ha riferito sulla riunione svoltasi il 15 maggio al ministero dell’Interno, sottolineando l'importante apertura da parte dell'area Armi ed Esplosivi e il fatto che abbiano posto sostanzialmente tre condizioni per poter proseguire un rapporto col Comitato (alla pari con gli altri soggetti): la presentazione come soggetto giuridicamente definito, la rappresentatività a livello numerico e il mantenimento di toni pacati e posizioni ragionevoli. Nello specifico, al di là dei singoli temi affrontati, quello che è emerso durante la riunione al ministero è che il punto di vista che può offrire una rappresentanza dei cittadini è sostanzialmente differente da quello che attualmente offrono le associazioni di categoria con cui si confrontano, potendo meglio evidenziare le difficoltà pratiche che poi si traducono in continue richieste di chiarimento da parte dei singoli uffici di ps. Proprio riguardo a questo argomento, su due specifiche questioni l'apertura è arrivata al punto da richiederci l'invio di una proposta di soluzione che, se eventualmente ritenuta idonea, possa essere fatta propria dallo stesso ministero.

Ulteriore problema emerso e discusso durante l'esposizione della riunione al ministero è stato quello legato alle classificazioni operate dal Banco di prova di Gardone Val Trompia, constatando l'incapacità del Banco di risolvere questioni che la legge gli ha affidato e il fatto che il Banco, il ministero e altri soggetti stiano scaricando a vicenda le responsabilità. (Giulio Magnani)