Armi e Tiro scrive agli europarlamentari

Armi e Tiro ha inviato ai 73 europarlamentari italiani una lettera aperta, nella quale ha riassunto in parole semplici l’enorme rischio per le casse dello Stato italiano nel caso in cui il progetto di direttiva europea “disarmista” fosse approvato nella sua forma attuale. Il testo integrale della lettera, che invitiamo tutti i nostri lettori e tutti gli appassionati a inviare a loro volta alla mailing list degli europarlamentari che trovate in allegato

Armi e Tiro ha inviato ai 73 europarlamentari italiani una lettera aperta, nella quale ha riassunto in parole semplici l'enorme rischio per le casse dello Stato italiano nel caso in cui il progetto di direttiva europea "disarmista" fosse approvato nella sua forma attuale. Il testo integrale della lettera, che invitiamo tutti i nostri lettori e tutti gli appassionati a inviare a loro volta alla mailing list degli europarlamentari che trovate in allegato. L'oggetto dell'e-mail dovrà essere: "Progetto di direttiva europea contro le armi ai cittadini: un costo miliardario per l'Italia, in cambio di niente? Lettera aperta agli europarlamentari italiani".

 

Lettera aperta agli europarlamentari italiani

 

Lo scorso 18 novembre la commissione europea ha presentato il progetto di direttiva 2015/0269 Cod che rappresenta, per molti versi, qualcosa di assolutamente inedito nella legislazione europea: un atto che, se approvato nella sua forma attuale, darebbe una svolta dittatoriale all’Ue, contraddicendo alla radice i suoi principi fondatori.

Il progetto di legge si propone di contrastare la minaccia terroristica rafforzando le norme di controllo sulla circolazione delle armi nel territorio dell’Europa: il principio ispiratore è assolutamente condivisibile e alcune delle misure contenute nel progetto vanno senz’altro in questa direzione, come il rafforzamento delle comunicazioni reciproche tra i Paesi membri e l’interconnessione dei database concernenti le armi possedute dai cittadini e il possesso o meno dei requisiti soggettivi per l’acquisto.

Il provvedimento, però, prevede anche (caso, ripetiamo, assolutamente unico nella storia dell’Europa e della storia Repubblicana dell’Italia) il progetto di messa al bando di determinate categorie di armi oggi ampiamente diffuse tra i cittadini europei e altrettanto ampiamente utilizzate per la caccia, lo sport e il collezionismo. Il presupposto di questa messa al bando è che tali armi “somigliano” a quelle da guerra in dotazione agli eserciti. Nella realtà, queste armi presentano profonde differenze meccaniche, tali da non consentirne la trasformazione in armi da guerra. Il progetto della Commissione europea pretenderebbe di sequestrare queste armi ai cittadini onesti, per avviarle verso una distruzione generalizzata. Allo stesso modo, si vorrebbero sequestrare anche le armi da guerra disattivate vendute ai cittadini italiani negli ultimi cinquant’anni, sempre allo scopo di distruggerle. E ciò malgrado pochi giorni fa sia stato approvato un apposito regolamento europeo che detta regole omogenee per tutti gli Stati dell’Unione, sulle operazioni tecniche da compiere per la disattivazione delle armi, al fine di considerarla “irreversibile”.

Questo provvedimento è assolutamente contrario ai principi fondanti dell’Unione europea, per diversi motivi:

1.      Sfrutta l’onda emotiva degli attentati di Parigi per defraudare i cittadini rispettosi delle leggi di oggetti di elevato valore economico, senza peraltro offrire alcun significativo miglioramento dell’effettiva sicurezza sociale: le carabine sportive “somiglianti” a quelle militari non sono mai state utilizzate per la commissione degli attentati degli ultimi anni, né hanno un ruolo significativo nei crimini comuni, perché in entrambi i casi vengono utilizzate praticamente sempre armi da guerra vere e proprie, frutto di commercio clandestino;

2.      La proposta di direttiva è stata avanzata senza eseguire alcuna valutazione sull’impatto economico che potrebbe avere sui cittadini dell’Ue: impatto che si preannuncia drammatico, perché il numero di esemplari di armi sportive “somiglianti” a quelle militari ammonta a diverse centinaia di migliaia, probabilmente milioni di esemplari, ai quali vanno aggiunti altrettanti milioni di esemplari di armi da guerra disattivate in modo irreversibile (quindi, comunque, innocue); a ciò si deve sommare il danno diretto conseguente alla chiusura delle aziende produttrici e distributrici (grossisti, armerie), con relativa perdita di migliaia di posti di lavoro. Il tutto, occorre ripeterlo, senza il benché minimo beneficio in termini di sicurezza sociale;

3.      La proposta si pone come obiettivo quello di mettere al bando alcune tipologie di armi discriminate in base a un concetto, quello di “somiglianza”, che in realtà non ha alcun significato, è assolutamente indeterminato e vago;

4.      Nel caso in cui la proposta fosse approvata, sia la carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea (articolo 17) sia la Costituzione italiana (articolo 42) prevedono l’obbligo di compensare i cittadini sottoposti a una espropriazione per ragione di pubblica utilità (perché tale sarebbe) a un equo indennizzo; considerando il numero di armi di questo tipo circolanti nell’Ue e considerando il loro valore, è facile prevedere che gli indennizzi, che ricadranno sui singoli Stati membri, raggiungano cifre a nove zeri;

5.      Il progetto si propone addirittura di intervenire sulle armi da guerra conservate nei musei, che rappresentano un patrimonio storico-tecnico dell’umanità, portando così sul suolo europeo la stessa furia iconoclasta dimostrata dai miliziani dell’Isis a Palmira.

 

Per tutti questi motivi, chiediamo agli europarlamentari italiani di opporsi al progetto di direttiva comunitaria 2015/0269 Cod, perché comporterebbe costi assolutamente non sostenibili dai singoli Stati nell’attuale congiuntura economica; perché è un progetto di stampo dittatoriale e cerca di defraudare i cittadini onesti di armi legittimamente detenute, senza incidere sulle fonti reali di approvvigionamento di criminali e terroristi; perché si propone di danneggiare irreversibilmente il nostro patrimonio storico-culturale; perché vìola gli stessi principi fondatori dell’Unione europea, principi che si ispirano ai concetti di sussidiarietà e proporzionalità.