Armi e Tiro di novembre

La copertina di Armi e Tiro di novembre è dedicata a una delle novità più interessanti del made in Italy per la caccia: la nuovissima carabina bolt-action Fabarm Iris calibro .30-06. È take-down, è multicalibro e con un prezzo amico. Più classica e dalla livrea tutta nera la carabina Winchester 70 Ultimate shadow calibro .243 Winchester

La copertina di Armi e Tiro di novembre è dedicata a una delle novità più interessanti del made in Italy per la caccia: la nuovissima carabina bolt-action Fabarm Iris calibro .30-06. È take-down, è multicalibro e con un prezzo amico. Più classica e dalla livrea tutta nera la carabina Winchester 70 Ultimate shadow calibro .243 Winchester. Per i praticanti della caccia "di penna", un sovrapposto primo prezzo, il Marocchi First calibro 12, e il semiauto turco Yildiz A71 calibro 20. È destinata alla difesa abitativa, invece, la cattivissima doppietta Stoeger Double defence calibro 12. Per i patiti delle Government, un modello marziale che si trova a proprio agio anche in poligono: è la Kimber Warrior calibro .45 acp. Per il Field target, una Pcp che viene da Oltreoceano, la Crosman Benjamin Marauder calibro 4,5 mm. La rubrica Ex ordinanza e collezione si occupa di un grande classico da tasca: le pistole Beretta calibro 6,35 mm anteguerra. E poi la fiera degli emirati Adihex, la nuova gamma di cartucce Geco per pistola, il nuovo wildcat .416x72R, i 260 anni di Sauer, la chiusura della stagione agonistica degli sport del tiro, la caccia alle quaglie e molto altro ancora. Non perdete Armi e Tiro di novembre!

 

Parliamoci, parlatevi! E occupiamoci del Banco

 

Ah, l’incomunicabilità! Noi ci avevamo provato, nel 2003, a mettere tutte le associazioni e le federazioni allo stesso tavolo. Volevamo creare un “Centro studi delle armi e del tiro” in grado di offrire un supporto scientifico in materia di comunicazione, raccolta ed elaborazione di dati e statistiche, di normative per l’intero settore armiero. Erano venuti tutti nella sede della nostra case editrice. Poi, purtroppo, l’incomunicabilità…

Così succede che, nel nostro come in altri settori, il Belpaese produce l’azione in puro stile “ordine sparso”. Le organizzazioni del settore sono spesso governate da imprenditori che non hanno materialmente il tempo né (qualche volta) l’interesse di impegnarsi allo spasimo e a tempo pieno come invece la situazione richiederebbe. Allo stesso modo le federazioni: pensano più ai successi agonistici che allo sport o al divertimento amatoriale. Non c’è, poi, unità di intenti e manca persino la pianificazione, la programmazione, obiettivi comuni da perseguire.

Insomma noi ci eravamo già proposti per collaborare, con la nostra forza giovane e innovatrice. Non abbiamo perso le speranze. Già perché, quando va bene, i risultati arrivano comunque: qualche volta fortunosamente, altre volte perché fa comodo a qualcuno. Il rischio, però, è che chi ha meno rappresentanza, chi ha meno seguito, a torto o a ragione, soccomba. Salvo colpi “di fortuna” o “di mano”, dell’ultimo minuto.

Il senatore Federico Bricolo mi aveva promesso di tenere duro sulla vicenda abolizione catalogo nazionale delle armi. Pare, anzi, che anche il ministero dell’Interno (quindi forse il ministro Roberto Maroni) abbia confermato la stessa determinazione. Politici illuminati: ad avercene! Noi ci contiamo e li aspettiamo al varco. Sapete bene che non basta: scomparso il catalogo, occorre pensare alle conseguenze. Bene, le ultime informazioni che ho raccolto qua e là tra mezze parole e dissociazioni (perché tocca di fare così) dicono che un ruolo chiave, dopo, spetterebbe al Banco nazionale di prova. Almeno si tratta di organismo tecnico e non “politico” (o peggio), come la Commissione consultiva. Il direttore Antonio Girlando è possibilista, ma non si sbilancia su questo. Si sbilancia, invece, sull’incresciosa situazione che riguarda proprio l’ente che dirige. Che da febbraio non è più ente. Le sue funzioni dovevano essere svolte dalla Camera di commercio di Brescia, per esempio con la costituzione di un’azienda speciale o altra forma organizzativa idonea. Per il “passaggio di consegne”, però, serviva un decreto congiunto del ministero dello Sviluppo economico e di quello dell’Economia e delle finanze, atteso entro 60 giorni. E mai arrivato: i 60 giorni sono diventati otto mesi… «Forse hanno considerato la durata del giorno di Urano…», commenta ironicamente Girlando. «In realtà pare che al ministero di Tremonti abbiano stoppato tutto perché ritengono che se l’ente era stato inserito tra quelli inutili un qualche motivo ci deve essere. E così noi che facciamo utili, basta vedere il bilancio da 5 milioni di euro, continuiamo a essere tra coloro che sono sospesi. Non sanno quello che fanno e, in qualche modo, ci suggeriscono di arrangiarci, perché la nostra attività deve andare avanti. Il Banco deve avere al più presto una governancedefinita e pienamente operativa. È auspicabile, ma in questo Paese oltre a essere bravi a fare errori, non si ha l’umiltà di riconoscerli e quindi correggerli: che si torni alla situazione iniziale, che in undici anni ha fatto crescere tecnicamente, economicamente e in credibilità internazionale il Banco. Rischiamo parecchio, sotto tanti aspetti, il vuoto legislativo. Non possiamo essere propositivi o critici per mancanza di collegamenti con i ministeri preposti in seno agli organismi internazionali come il Cip, non possiamo sviluppare l’attività e, anzi, perdiamo competitività con i banchi esteri. E chissà cos’altro».

L’attività rischia la paralisi? Niente più bancature di armi italiane? Non so, ma anche se a qualcuno potrebbe fare piacere, è un rischio che mi piacerebbe fosse scongiurato. Perciò parliamoci, parlatevi!