Armi bianche: fino in Cassazione per aver traslocato la cucina!

Come già abbiamo osservato in altre circostanze, la normativa in materia di armi vigente in Italia si presta in modo particolare alla discrezionalità di applicazione da parte di forze dell’ordine e magistrati. In particolare, è sul discrimine tra le armi bianche e i cosiddetti strumenti da punta e da taglio atti a offendere che sembra consumarsi, spesso, un vero e proprio arbitrio sulle spalle del malcapitato di turno, al grido di “glielo spieghi al giudice”. In questo caso, a finire nel tritacarne giudiziario è stato un uomo, accusato di porto abusivo d’arma (art. 699 cp) perché con la moglie stava traslocando le proprie masserizie verso una nuova casa e aveva con sé, tra gli altri oggetti di cucina (inclusi, ovviamente, alcuni coltelli), anche una mannaia da cucina infilata in uno zaino. I giudici condannano in appello il malcapitato, appunto, per porto abusivo di arma. Il difensore ricorre in Cassazione, la I sezione penale si pronuncia con sentenza n. 27901 del 2 marzo 2022 (pubblicata il 18 luglio), annullando senza rinvio la condanna. La lettura delle motivazioni della sentenza lascia esterrefatti per come in Italia sia possibile creare un processo capace di arrivare fino al terzo grado di giudizio, sul nulla: “Va preliminarmente rilevato come nella ricostruzione dei fatti emerga che l’imputato sia stato fermato alla stazione ferroviaria di Milano unitamente a una donna con la quale stava effettuando un trasloco verso la nuova abitazione trasportando, in diversi bagagli, masserizie varie, tra cui alcuni coltelli e la mannaia considerata quale arma ai sensi dell’art. 699 cod. pen. Al di là dei dubbi sollevati su chi effettivamente trasportasse la mannaia oggetto del processo (tra i motivi di ricorso c’era anche il fatto che il difensore osservava che la mannaia l’avesse in realtà la moglie dell’imputato…. ndr), appare pregiudiziale soffermarsi sulla questione relativa alla riconducibilità di detto utensile alla nozione di arma, ai sensi dell’art. 699 cod. pen. L’art. 704 cod. pen. dispone che “agli effetti delle disposizioni precedenti (tra cui l’art. 699 cod. pen.), per armi si intendono: 1) quelle indicate nel n. 1 del capoverso dell’articolo 585; 2) le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, e i gas asfissianti o accecanti”. È certamente da escludersi che la mannaia possa rientrare nel novero delle bombe o dei gas, mentre, facendo riferimento all’art. 585 cod. pen, è altrettanto sicuro che non si tratti di arma da sparo ovvero che la sua destinazione naturale sia l’offesa alla persona, ai sensi del n.1, trattandosi di utensile di tipo culinario (vedi in materia, Sez. 1, n.14953 del 17/03/2009, Gebril, Rv. 243917 – 01, secondo la quale “il porto ingiustificato del “machete” integra il reato di cui all’art. 4, comma secondo, L. n. 110 del 1975 e non quello previsto dall’art. 699 cod. pen., in quanto il “machete” non può essere considerato come naturalmente ed esclusivamente destinato all’offesa alla persona, trattandosi di strumento elettivamente concepito per impieghi agricoli o boschivi”). Diversamente, è possibile considerarla quale strumento atto ad offendere, di cui al n. 2 del medesimo articolo, delle quali non è vietato dalla legge il porto in modo assoluto, ma solo senza giustificato motivo. Da ciò deriva l’accoglimento ricorso, poiché già nel giudizio di primo grado, il giudice, nell’affrontare l’imputazione originariamente ascritta al capo B) relativamente al trasporto di alcuni coltelli, nel riferire della loro destinazione naturale all’uso culinario, ne ha ritenuto giustificato il porto, avendo rilevato come fosse pacificamente in corso un trasloco, così assolvendo l’imputato perché il fatto non sussiste. Allo stesso modo deve provvedersi nel presente giudizio. Dalle considerazioni esposte deriva l’accoglimento del ricorso con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste”.

Ora, ci sia consentita, nel massimo rispetto per i ruoli di ciascuno, qualche semplice domanda: è possibile che per le forze dell’ordine presenti in stazione ferroviaria, una coppia che sta trasportando le suppellettili di casa propria sia uguale a un balordo che ha il “ferro” sotto la giacca per commettere un crimine? È possibile che siano necessari 3 (tre) gradi di giudizio per stabilire nero su bianco che gli utensili da cucina non traslocano mediante teletrasporto e che il trasloco è un “giustificato motivo” per portare con sé gli utensili da cucina?
E una volta stabilito questo, chi paga le spese legali sostenute? Bisogna ancora dirsi fortunati e ringraziare perché, come al solito, “per questa volta ti è andata bene”?

Qualcosa, decisamente, non funziona.