Moschetto ’91 cavalleria Moschettieri del duce

Il corpo dei moschettieri del duce fu istituito l’11 febbraio 1923, in seno alla Mvsn (Milizia volontaria sicurezza nazionale), costituita a sua volta il primo febbraio dello stesso anno. Sembra che il nome del reparto derivasse da quello di una squadra di azione fascista, “la moschettiera”, i cui appartenenti costituirono il primo nucleo di questo reparto. Se, ufficialmente, la milizia era incorporata nelle forze armate, in realtà costituiva il braccio armato … [

] Il corpo dei moschettieri del duce fu istituito l’11 febbraio 1923, in seno alla Mvsn (Milizia volontaria sicurezza nazionale), costituita a sua volta il primo febbraio dello stesso anno. Sembra che il nome del reparto derivasse da quello di una squadra di azione fascista, “la moschettiera”, i cui appartenenti costituirono il primo nucleo di questo reparto. Se, ufficialmente, la milizia era incorporata nelle forze armate, in realtà costituiva il braccio armato del partito fascista, incaricato fra le altre cose del mantenimento dell’ordine interno. La costituzione di questa unità faceva parte di una serie di atti posti in essere dal nuovo capo del governo, Benito Mussolini, volti a rendere sempre più personalistica la gestione del potere esecutivo. In quest’ottica, il corpo dei moschettieri del duce aveva una funzione prettamente ornamentale: doveva, infatti, svolgere funzioni analoghe a quelle svolte dai corazzieri del re. Si trattava, quindi, di un reparto preposto alla guardia d’onore durante le sedute del gran consiglio del fascismo e a funzioni di rappresentanza connesse alle apparizioni pubbliche del Duce. Inizialmente composto da una trentina di uomini (tutti ufficiali, provenienti dall’esercito, dalla marina o dall’ aviazione), il corpo dei moschettieri raggiunse la consistenza di 180 uomini nel 1937, per arrivare al massimo dell’organico, 200 uomini, in occasione della visita di Adolf Hitler in Italia nel 1938. Allo scoppio della guerra, i moschettieri (che continuavano a essere incorporati nei reparti di provenienza, vestendo l’uniforme nera solo in occasione delle esercitazioni o dei servizi d’ onore descritti) chiesero e ottennero di essere inviati a combattere in zona operazioni, distinguendosi su tutti i fronti. Il reparto fu sciolto definitivamente con l’armistizio, nel 1943. Un corpo con compiti così specifici doveva necessariamente avere uniforme e armamento che ne distinguesse gli appartenenti non solo da qualsiasi altro soldato, ma anche dagli altri membri della milizia. I colori predominanti nell’ uniforme erano il nero e l’argento: anche il fucile, quindi, doveva rispettare questi canoni cromatici. L’arma prescelta fu il moschetto 1891 per cavalleria, probabilmente perché aveva la baionetta fissata permanentemente all’arma. Essendo i moschettieri dotati di pugnale (arma simboleggiante l’ardimento e, quindi, fascista per eccellenza), infatti, sarebbe stato poco estetico appendere alla cintura anche il fodero della sciabola baionetta del fucile o del moschetto per truppe speciali. Dal punto di vista meccanico, non ci sono differenze rispetto a un normale ‘91 cavalleria: le differenze, che rendono questo modello così pregiato, sono tutte a carico della finitura. [

] A sinistra: il cartiglio riportato sulla culatta dell’arma. A fianco: sulla faccia della culatta è riportato il simbolo che indica trattarsi di arma selezionata per il tiro: due fucili incrociati. [

] L’esemplare che abbiamo potuto esaminare (uno dei pochissimi rimasti), custodito nelle collezioni del museo della guerra di Rovereto (Tn), è stato fabbricato dall’arsenale militare di Gardone Val Trompia (Bs) nel 1935. La calciatura è di colore nero. Si è sentito da più parti affermare che fosse realizzata in ebano, ma questo esemplare è dotato di un normale calcio in faggio, dipinto di nero. Canna, culatta e baionetta conservano la brunitura originale, mentre calciolo, otturatore, maglietta posteriore della cinghia, bocchino e serbatoio sono cromati a spessore. Per conferire un’ulteriore caratterizzazione, sulla sommità della culatta è riportato in filo cromato un fascio littorio, con la parola “Dux” disposta a semicerchio. A scanso di equivoci, è opportuno precisare che l’arma proviene direttamente dall’arsenale di Terni e che, quindi, è estremamente difficile che si sia di fronte a un “pasticcio” realizzato da qualche truffatore. Sul lato sinistro della camera di cartuccia, al centro di una delle sfaccettature, è impresso il marchio che identifica l’arma come un esemplare selezionato per tiratore scelto. Trattandosi di un’arma di élite, è possibile che tutti i fucili destinati ai moschettieri fossero selezionati, ma essendo questo il primo fucile di questo tipo che possiamo esaminare dal vivo tutte le ipotesi sono ancora aperte. Lo stato di conservazione è, naturalmente, eccellente: non si nota alcun segno di usura, tanto nelle superfici esterne quanto nella rigatura, che sembra non aver sparato un colpo. D’altronde, un’arma di rappresentanza ben difficilmente sarà stata utilizzata praticamente: dopo essere stati brevemente portati a “presentat-arm” dai moschettieri, si può ritenere che questi fucili abbiano passato la maggior parte della loro vita in rastrelliera. Considerata la notevole distanza di tempo tra la fabbricazione del moschetto esaminato e la fondazione del corpo dei moschettieri del duce, si può prevedere che le armi occorrenti all’equipaggiamento del reparto siano state allestite parallelamente all’aumento dell’organico nel corso degli anni. Per questo motivo, è possibile ipotizzare che queste esecuzioni speciali fossero addirittura eseguite ad personam, visto oltretutto che il singolo moschettiere era responsabile del proprio equipaggiamento anche nei periodi in cui non ne faceva uso. Il che, comunque, non muta il fatto che, insieme al moschetto 1891 per guardie del re e ai ’91 cavalleria allestiti per la scorta personale di Amedeo d’Aosta, ci si trovi di fronte a una delle varianti più rare in assoluto del fucile che ha servito, in pace e in guerra, tre generazioni di italiani. [

] Particolare delle parti cromate. A sinistra il serbatoio, a fianco il calciolo e la maglietta per la cinghia. Il pulsante di sgancio della piastrina, davanti al grilletto, è brunito. [

] L’articolo lo trovate su Armi e Tiro di gennaio 2002 Produttore: arsenale militare di Gardone Val Trompia (Bs) Modello: moschetto 1891 (da cavalleria) Tipo: carabina a ripetizione ordinaria con otturatore girevole-scorrevole Calibro: 6,5×52 mm Alimentazione: serbatoio fisso Mannlicher alimentato a piastrina Numero colpi: sei Mire: mirino a lama regolabile in derivazione, alzo regolabile in elevazione da 300 a 1.500 metri Lunghezza canna: 441 mm Lunghezza totale: 919 mm Peso: 3.000 grammi Numero del Catalogo nazionale: 4.950 (arma da caccia)