La polizia si spacca

Non solo la politica, ma anche la polizia sembra profondamente spaccata sull’attualissimo tema della legittima difesa con armi da fuoco da parte dei cittadini. Due segretari di sindacati di polizia hanno rilasciato dichiarazioni agli antipodi Non solo la politica, ma anche la polizia sembra profondamente spaccata sull’attualissimo tema della legittima difesa con armi da fuoco da parte dei cittadini.

La più recente dichiarazione in questo senso è quella di Daniele Tissone, segretario generale del sindacato Silp Cgil, che stigmatizza la diffusione (legale) delle armi tra i cittadini: “le armi non possono essere a disposizione di tutti perché il risultato non potrà mai essere quello di una maggiore sicurezza per il cittadino, ma solo quello di generare un enorme far west dove le vittime non saranno solo i criminali ma, anche, i cittadini innocenti. Come, purtroppo, di recente avvenuto a Budrio”. “La diffusione di armi – dice Tissone – porta solo violenza e morti. Basti pensare a quel che accade negli Stati Uniti dove, secondo le statistiche ufficiali, il rischio di essere uccisi da un’arma da fuoco è 25 volte più alto della media delle altre nazioni occidentali. Non si ragiona poi su un ulteriore fatto: in un Paese dove tutti sono armati e dove ammazzare un ladro che entra in casa o in negozio diventa legittimo, indurrebbe a far attrezzare gli stessi criminali i quali, per non ovviamente finire male, tenderebbero ad aumentare la propria potenza di fuoco. Come a divenire sempre più efferati. Ci sono studi che dimostrano questa correlazione tra alto tasso di omicidi e numero di armi in circolazione". "L'uso legittimo della forza – conclude il segretario del Silp Cgil – è nel nostro ordinamento giuridico appannaggio delle forze dell'ordine. Punto. Anziché spendere soldi pubblici, come hanno fatto recentemente le regioni Lombardia e Liguria, per difendere cittadini indagati per aver agito e spesso ucciso in eccesso colposo, si investano risorse per polizia e carabinieri, per migliorare la loro presenza sul territorio, per incrementare le assunzioni e dunque gli organici, per garantire loro mezzi e strutture adeguate. Senza considerare che chi invoca oggi misure draconiane in materia di legittima difesa sono coloro i quali che, quando sedevano al governo, ridussero, non poco, le risorse per le forze dell'ordine, dimezzando le assunzioni e imponendo un tetto stipendiale ai lavoratori in divisa”.

Di segno opposto è invece l’opinione di Gianni Tonelli (in foto), segretario nazionale del Sap: “Se decido di realizzare un disegno criminoso introducendomi di notte in altrui abitazione per rubare devo assumermi la responsabilità degli eventi che potrebbero verificarsi unicamente a causa del mio comportamento che, di per sé, è idoneo ad attentare all’altrui incolumità. Come può una ragazza o una persona anziana valutare le mie intenzioni, le mie reazioni e quanto accadrà? Come fanno a sapere se io sarò disposto a sequestrarli e torturarli per farmi dare la combinazione della cassaforte o per sapere se hanno nascosto soldi o valori in casa? E, soprattutto, come fanno a sapere come andrà a finire, cosa sono disposto a fare e se alla fine, per timore di essere stato riconosciuto, li ucciderò? Purtroppo, e qui sta l’errore concettuale dell’attuale codice penale, la valutazione sulla proporzionalità tra aggressione e difesa deve essere fatta dopo, e del senno di poi ne son pieni i fossi. Quando la ragazza è stata violentata o la persona anziana è stata picchiata, sequestrata, torturata o uccisa è troppo tardi. La valutazione, quindi, va necessariamente anticipata e la brava gente che versa nella condizione di difendersi deve modulare la propria difesa in proporzione alla pericolosità astratta che il delinquente ha determinato con coscienza e volontà. Il cuore del problema sta in questo, oggi purtroppo la legge dà il vantaggio della prima mossa al criminale e questo è inaccettabile. Uno Stato serio non può favorire i mascalzoni e svantaggiare le vittime di loro reati”.