Carl Gustafs 1894, per i cavalieri del re di Svezia

Prima carabina a ripetizione adottata dal regno di Svezia, è rimasta in servizio per oltre mezzo secolo. Esaminiamo le varianti più rare, i produttori e le quantità
Foto Matteo Galuzzi

La Svezia, come molti altri Paesi, aveva creduto nelle qualità del progetto Remington rolling block, adottando nel 1867 una versione camerata per la cartuccia rimfire calibro 12,17x42R. L’arma era eccellente sotto tutti gli aspetti, ma dopo pochi anni, con l’introduzione dei piccoli calibri e dei propellenti infumi, risultò inadeguata. Il primo espediente fu di ricamerare le armi in un calibro più moderno e teso, l’8x58R danese, dando vita alla versione 1867/89. Questa soluzione riuscì a prolungare la vita operativa del rolling block per qualche anno, ma in breve risultò evidente la necessità di disporre di un’arma a ripetizione e la carabina statunitense, diversamente dal nostro Vetterli e dal Mauser 1871, non poteva essere trasformata.
Per questo, a partire dalla fine degli anni Ottanta del XIX secolo, le autorità militari svedesi cominciarono a seguire con interesse lo sviluppo delle armi da fuoco, in cerca di una nuova arma d’ordinanza. Curiosamente, mentre nel resto dell’Europa venivano adottati fucili da cui si estrapolavano versioni moschetto per la cavalleria o il genio, in Svezia si seguì il procedimento opposto: il 7 agosto 1894 fu, infatti, adottata per prima la carabina per cavalleria, mentre solo due anni più tardi sarebbe stata approvata la versione “lunga” per la fanteria. Questo perché i reparti di cavalleria avevano ancora in dotazione la carabina Remington rolling block in 12,17 mm, mentre la fanteria poteva già disporre del più moderno 8x58R Krag. Dopo ripetuti test di valutazione, che presero in considerazione numerosi progetti, tre contendenti arrivarono in “finale”: i fucili Mauser, Krag e Mannlicher. Rispetto agli ultimi due, però, il Mauser fu ritenuto superiore, principalmente a causa del più razionale sistema di caricamento e della maggior robustezza del serbatoio.
La Mauser, tuttavia, era proprio in quel momento impegnata al massimo della capacità produttiva per soddisfare alcune robuste commesse rivolte alla Spagna e alla Turchia, quindi prima di poter produrre le prime armi dovette costruire un nuovo complesso produttivo, accanto a quelli già esistenti. Le prime 20 carabine furono testate a fuoco il 27 settembre 1895.
Il 20 ottobre 1895, però, i tecnici svedesi richiesero in aggiunta un lotto sperimentale di 185 ulteriori armi, modificate per l’impiego di munizioni a carica ridotta per il tiro indoor (kammarkarbin). Queste armi si differenziavano essenzialmente per il passo di rigatura di un giro in 430 mm invece che un giro in 200 mm e per la calciatura dipinta di nero. Il lotto richiesto fu completato il 21 dicembre 1895 e le consegne iniziarono, per concludersi con la produzione dell’ultimo dei 12.000 esemplari il 19 febbraio 1896.
Nello stesso tempo, in Svezia si lavorava per trasferire la produzione entro i confini nazionali, per evidenti considerazioni di carattere strategico. La prima carabina prodotta Alla Carl Gustafs di Eskilstuna uscì dalla fabbrica nel 1898 e la produzione fu portata avanti fino al 1918, per un totale di circa 113.000 pezzi. Minimi lotti furono, comunque, assemblati anche successivamente, fino al 1932. Le carabine furono, invece, radiate dal servizio nel corso degli anni Cinquanta.
Una prima, significativa evoluzione avvenne nel 1914, allorché fu modificato il bocchino anteriore con l’aggiunta dell’attacco per la baionetta. Quest’ultima era differente e non intercambiabile con quella dei fucili M96 per la fanteria: la marina, a sua volta, adottò nel 1915 una propria baionetta, riconoscibile a prima vista per la lama sensibilmente più lunga (500 mm invece di 332 mm). Fu trasformato praticamente il 90% delle armi, quindi è estremamente difficile trovare una carabina 1894 sprovvista di attacco per la baionetta. Oltre a questa modifica standard, esistono alcune varianti della carabina 1894, prodotte in quantitativi molto ridotti: la skolskjutningskarbin (carabina per scuola di tiro), la kammarkarbin (carabina da sala) e la karbin M/94-96 för ingenörer, fortificationen, M fl (carabina M94-96 per genio, fortezza e altri).
La skolskjutningskarbin era destinata alla riserva e fu realizzata in circa 1.000 pezzi nel 1901. Si distingue per la manetta dell’otturatore dritta e per avere le magliette per la cinghia poste sotto l’arma (invece che sul lato). La matricola è in serie separata ed è preceduta dal suffisso “S”.
La kammarkarbin, oltre ai 185 esemplari prodotti dalla Mauser, fu realizzata su scala limitatissima anche dalla Carl Gustafs. Gli esemplari di produzione svedese si riconoscono per la calciatura dipinta di nero, la matricolazione preceduta dalla lettera “K” e una speciale diottra posteriore.
Chiude la serie la carabina per il genio e l’artiglieria da fortezza, praticamente identica alla M94 standard ma con le magliette per la cinghia inferiori anziché laterali.
Un’ultima, rara variante della 1894 è caratterizzata dall’attacco per la baionetta sul lato destro, destinato a ricevere la baionetta da marina modello 1867. Si presume che solo 100 esemplari siano stati dotati di tale attacco.
Accanto a queste varianti “classiche”, abbiamo avuto modo di provare anche una strana “conversione” in calibro 7×57. Dopo le iniziali perplessità, abbiamo consultato i sacri testi e abbiamo scoperto che nel secondo dopoguerra la Madsen danese acquisì un certo numero di carabine 1894 e ne rialesò le canne in 7,62 mm Nato e in 7×57. Circa 3.000 armi camerate nel secondo calibro furono inviate all’esercito di El Salvador. A parte il differente diametro della canna, la carabina è indistinguibile da una 1894 originale, non avendo alcun tipo di marchio non svedese. La carabina utilizza la classica azione Mauser M93, antesignana della leggendaria azione M98. Rispetto a quest’ultima, ha il medesimo sistema di chiusura a due alette frontali e lo stesso estrattore a lamina non rotante durante il movimento di apertura e chiusura, ma differisce nel sistema di armamento del percussore: nell’ordinanza tedesca, infatti, il percussore si arma con il movimento di apertura dell’otturatore, mentre nell’ordinanza svedese si arma solo mandando in chiusura il cilindro (come, per intenderci, avviene nell’Enfield britannico).
La coda del percussore ha un’appendice zigrinata che consente il disarmo manuale, anche se tale procedura è da considerarsi inutile e pericolosa.
La sicura a tre posizioni è posta all’estremità posteriore dell’otturatore e può essere inserita anche a percussore disarmato. Per la rimozione dell’otturatore, basta tirare verso l’esterno il nottolino posto sul lato sinistro dell’estremità posteriore dell’azione. Il nottolino contiene anche l’espulsore a lama.
L’alimentazione è costituita dal classico serbatoio Mauser bifilare a presentazione alternata, della capacità di 5 cartucce. Il ponte posteriore di culatta ha due fresature che consentono il caricamento rapido per mezzo di piastrine di caricamento. Il fondello del serbatoio può essere smontato con la punta di una cartuccia per la manutenzione straordinaria.
Gli organi di mira sono tipici dell’epoca: mirino a lama protetto da due robuste alette laterali (integrali al bocchino), alzo a ritto con cursore tarato da 400 a 1.600 metri. Abbattendo il ritto, si scopre una tacca di mira da combattimento, esatta sulla distanza di 300 metri. Lo scatto è tipicamente militare, in due tempi, tuttavia leggeri e puliti. Risulta ottimamente sfruttabile nel tiro mirato. Gli attacchi per la cinghia sono posti sul lato sinistro e consistono in una maglietta fissata alla fascetta intermedia e in una feritoia nel calcio, attraverso la quale passa l’estremità posteriore della bretella. Quest’ultima si aggancia a una fibbia con ardiglione avvitata sul lato destro della pala del calcio per mezzo di tre viti a legno. Si tratta di una soluzione abbastanza inconsueta, raramente impiegata su altre armi militari. Per la prova pratica abbiamo potuto usufruire dell’ospitalità dell’eccellente poligono di Gardone Val Trompia, dotato di linee di tiro a 100 e 150 metri.
Data la ridotta lunghezza di canna, abbiamo preferito fermarci alla distanza di 100 metri, utilizzando sia la carabina in 6,5×55 sia quella in 7×57.
Per la prima, abbiamo utilizzato cartucce commerciali Remington con palla di 140 grs Core-lokt e munizioni militari di surplus con palla M41 di 139 grs, per la seconda abbiamo impiegato munizioni Winchester Power point di 145 grs.
In tutti i casi, la vampa di bocca è risultata perfettamente visibile anche in pieno giorno e il comportamento alla spalla è stato quantomeno vivace. Con la versione in 7×57, in particolare, il contraccolpo è decisamente fastidioso, complice anche il calciolo in ferro. Poiché la tacca di mira da combattimento è tarata a 300 metri, abbiamo mirato al bordo inferiore del bersaglio. Malgrado ciò, i colpi sono finiti nella metà superiore del barilotto e solo le munizioni Remington sono risultate “giuste” sul piano verticale.
I raggruppamenti sono più che dignitosi, con rosate di 5 colpi nell’ordine dei 50-60 mm. La tacca di mira ha una finestra a “U” ben dimensionata, che consente un proficuo tiro mirato. Il tiro istintivo, in compenso, è fortemente penalizzato dalle dimensioni minime del complesso.
Si ringrazia per la collaborazione il Tsn di Gardone Val Trompia (Bs)

​L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – settembre 2004