Violenza bestiale contro la psichiatra: quale sicurezza per i sanitari?

È stato identificato in Gianluca Paul Seung, 35enne italiano residente a Torre del Lago, l’aggressore di Barbara Capovani, responsabile del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Pisa, che l’ha ridotta in fin di vita con una violenza bestiale. L’autore del gesto risulta, secondo quanto reso noto dal vicequestore aggiunto capo della Squadra Mobile di Pisa Fabrizio Valerio Nocita, indagato più volte per reati violenti, anche di carattere sessuale, con evasioni da precedenti misure cautelari. Inoltre, sempre secondo Nocita, “il soggetto su Facebook ha più volte espresso la sua avversità alla psichiatria, anche citando diversi professionisti, tra cui la dottoressa Capovani”.

Sta di fatto che un soggetto di questo genere è riuscito a introdursi indisturbato nelle 24 ore precedenti all’aggressione, nella struttura sanitaria, chiedendo delle dottoressa ed evidentemente informandosi sui suoi spostamenti. Il giorno dopo, sempre indisturbato, è tornato e ha perpetrato il proprio disegno omicida, che risulta attentamente pianificato, visto che a quanto sembra l’autore del gesto si era portato dietro un cambio di abiti e addirittura di scarpe, per confondere le telecamere e gli eventuali testimoni. Quanto accaduto evidenzia un grave problema di sicurezza in ambito ospedaliero e, ancor più, in ambito delle strutture di prevenzione psichiatrica. Riprendiamo, a questo proposito, un post che Giovanna Bellini, criminologa, neurologa, responsabile dei presidi sanitari del carcere de Le Sughere di Livorno e di Gorgona, ha pubblicato sul proprio profilo Facebook, che sintetizza efficacemente le numerose criticità per il personale medico in questi ultimi anni.

“Il tentato omicidio della collega psichiatra Barbara Capovani, responsabile della spdc del Santa Chiara, che ha raggelato tutti i medici di Pisa e l’intera città, ci impone di continuare a chiedere con forza soluzioni, prevenzione . Nei primi mesi del 2023, sono decine le aggressioni subite dal personale sanitario in orario e luogo di lavoro e, sebbene con alcune differenze loco-regionali, questo rimane un fenomeno trasversale nazionale.

Aver eliminato i presidi della Polizia di Stato dai pronto soccorso ha reso gli ospedali sicuramente luoghi meno sicuri, e l’affidamento dei controlli alla polizia privata ha messo in difficoltà questi corpi di guardie giurate, che hanno competenze limitate e, talora, impiegate più per attività di portierato che per ordine e sicurezza.

La rabbia che esplode nei pronto soccorso o nelle corsie è la cartina al tornasole di un disagio socio economico crescente, del post pandemia, associato a un incremento di circolazione di sostanze psicoattive sintetiche, che abbassano il controllo degli impulsi, in un corto circuito che viene attivato dalla frustrazione di lunghe liste di attesa, dal personale sanitario allo stremo, e, non ultimo, da una comunicazione talora non etica che ha trasformato, durante la lotta alla pandemia, il medico da eroe a carnefice.

Questa tendenza da caccia alle streghe la si vede anche da alcuni commenti sui social, come nel caso tragico della collega psichiatra che, ieri a Pisa, è rimasta vittima di una aggressione barbara e criminale.

Dall’inizio del 2023 l’associazione “nessuno tocchi Ippocrate” ha registrato un incremento degli attacchi a medici ed infermieri che in alcune città ha toccato più del 50% rispetto al 2022.

Sono anni che i rappresentanti di medici ed infermieri, in particolare di strutture più a rischio, chiedono, non solo maggiori tutele per il personale, ma anche un ampliamento di organico, più spazi, più attrezzature per fronteggiare un flusso continuo di pazienti, provenienti da una realtà sociale che cambia più velocemente della capacità programmatica dei piani istituzionali, comunali o nazionali, per la prevenzione in ambito di sicurezza.

Appare chiaro che, chi dovrebbe progettare piani per la tutela anche a livello locale, dimentica che ciò che avviene nella società si riflette in modo esponenziale in luoghi critici, carichi di frustrazione e stressogeni, come gli ospedali, le scuole o le carceri. Ecco che a Pisa, a fronte di una buona densità di telecamere, sebbene non legate alla intelligenza artificiale, attualmente presenti nel centro storico, luoghi critici come l’spdc, non solo non hanno una valida sorveglianza di forze di polizia, statale o privata, ma neppure una adeguata copertura di telecamere, essenziali almeno per una prevenzione secondaria o terziaria.

Eppure i dati ci sono; l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie ha infatti consegnato dati che dimostrano che lavorare in area emergenza urgenza, o critici, come un reparto di psichiatria, aumenta di due-tre volte il rischio di aggressioni rispetto lavorare in area medica: quindi, alla luce di queste evidenze, come si pensa di procedere? Va messa in atto quella sinergia, che mi auspico venga attuata sul nostro territorio, comunale così come a livello nazionale, tra chi deve monitorare la sicurezza sui territori e chi la deve monitorare nelle Aziende Sanitarie”.