Usa: la giudice Barrett terrorizza gli anti-armi

La nomina, decisa da Trump, della giudice conservatrice Amy Coney Barrett alla corte suprema potrebbe aprire scenari importanti per la tutela dei diritti dei legali possessori d’armi. E i disarmisti tremano

La morte del giudice Ruth Bader Ginsburg ha lasciato vacante un seggio alla corte suprema degli Stati Uniti, il massimo organo giurisdizionale che, per eccellenza, contribuisce con le proprie decisioni a fissare i precedenti giurisprudenziali che le corti di grado inferiore sono vincolate a osservare, in qualsiasi materia.

La nomina da parte del presidente Donald Trump della giudice Amy Coney Barrett in sostituzione di Ginsburg, non contribuisce soltanto a spostare l’ago della bilancia della corte suprema ancora più a destra di un grado (la giudice è cattolica e conservatrice), ma apre uno scenario importante su molti temi caldi degli ultimi anni, quali la legislazione in materia di aborto e, naturalmente, anche in materia di armi. La giudice ha, infatti, fama di elevate capacità professionali ma, in particolare, di sposare filosoficamente una lettura più ortodossa e letterale della carta costituzionale a stelle e strisce che, per quanto riguarda il secondo emendamento, potrebbe portare a importanti aperture per i legali detentori di armi. La giudice ha peraltro già espresso le proprie idee motivando il proprio voto contrario su una sentenza emessa dalla corte d’appello del settimo circuito (caso Kanter contro Barr): nella sua dettagliata relazione, la Barrett ha espresso la convinzione che il divieto di possedere armi da parte di persone con precedenti penali (in questo caso per frode postale) costituisca una violazione del secondo emendamento nel momento in cui il precedente penale non sia relativo a reati di pericolosità personale e sociale. Le associazioni disarmiste sono ovviamente allarmate e hanno dichiarato che l’elezione della Barrett porterebbe i passi in avanti compiuti sul controllo delle armi, indietro di decenni. Per questo motivo, premono sui senatori perché la nomina presidenziale non sia ratificata. La motivazione non è difficile da comprendere: essendo la carica di giudice della corte suprema, una carica vitalizia, anche nel momento in cui il presidente Trump dovesse perdere le prossime elezioni la corte sarebbe “presidiata” da una maggioranza conservatrice anche per i vent’anni successivi, con inevitabili ripercussioni su tutti i principali temi cari all’ala progressista: dai diritti Lgbt al controllo, appunto, delle armi.