Sentenza sull’aria compressa di modesta capacità

La corte di Cassazione si è occupata delle armi ad aria compressa di modesta capacità offensiva

La corte di Cassazione si è occupata delle armi ad aria compressa di modesta capacità offensiva, assolvendo un soggetto dall’accusa di detenzione abusiva di armi per aver detenuto senza denuncia una carabina Diana ad aria compressa di potenza inferiore ai 7,5 joule. Ecco il testo della sentenza: [

] Cassazione – sezione prima penale – sentenza 17 giugno – 14 settembre 2005, n. 33670 [

] Con sentenza del 15 novembre 2004 la Corte d’appello di Firenze, tra l’altro e per quanto qui interessa, conferma la sentenza emessa dal tribunale di Livorno il 15 novembre 2002 con la quale C.R. era stato condannato per detenzione illegale di una carabina Diana priva di numero di matricola. Osservava la Corte territoriale che, anche se dalla perizia balistica disposta nel giudizio di appello era risultato che la carabina aveva una potenza cinetica inferiore a 7,5 joule, tuttavia essa era ancora inserita nel Catalogo delle armi comuni da sparo, era efficiente e aveva potenza lesiva. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, sull’assunto che , ai sensi dell’articolo 11 della legge 526/99, che ha modificato il terzo comma dell’articolo 2 della legge 110/75, le pistole e le carabine ad aria o a gas compressi non sono più considerate armi comuni da sparo, né armi proprie, ma strumenti dei quali sono consentiti liberamente la detenzione e il porto per lo svolgimento di attività sportive, con l’ulteriore conseguenza dell’inapplicabilità dell’articolo 23 della legge 110/75, difettando il presupposto per qualificare come arma l’oggetto in sequestro. Il ricorso è fondato. La legge 526/99, recante disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee, al fine (espressamente enunciato nel terzo comma dell’articolo 11) “di pervenire a un più adeguato livello di armonizzazione della normativa nazionale a quella vigente negli altri Paesi comunitari” ha innovato (secondo comma dello stesso articolo 11) la disciplina in tema di armi cosiddette “da bersaglio da sala” o a emissione di gas o ad aria o a gas compressi, escludendole dalla categoria delle armi comuni da sparo se i proiettili erogano un’energia cinetica inferiore a 7,5 joule. Il successivo regolamento, contenuto nel Dm 362/01, all’articolo 1 recita che le armi aventi le anzidette caratteristiche hanno modesta capacità offensiva, non assimilabile alle armi comuni da sparo. Mentre, poi, la loro produzione e importazione sono subordinate alla verifica di conformità, per la quale è prevista una particolare procedura (articolo 2 dello stesso Dm), la detenzione (articolo 8) non comporta l’obbligo di denuncia previsto dall’articolo 38 rd 773/31 e non è sottoposta ai limiti stabiliti per le armi comuni da sparo dall’articolo 10 seso comma della legge 110/75; il porto, infine, non è sottoposto ad autorizzazione dell’autorità di pubblica sicurezza (articolo 9). Posto, dunque, che è positivamente determinato il regime legale vigente per le armi ad aria compressa capaci di erogare un’energia cinetica non superiore a 7,5 joule la decisione adottata dalla corte territoriale e le argomentazioni che la sorreggono sono inficiate da evidenti errori di diritto. Avendo, infatti, il legislatore con norme di univoco, tassativo tenore ridisegnato l’ambito delle armi comuni da sparo, liberalizzando la detenzione e il porto di quelle escluse da tale categoria, definite “armi con modesta capacità offensiva”, l’indagine giudiziale deve limitarsi all’accertamento della potenzialità dell’arma al limite indicato nell’articolo 2, terzo comma, della legge 110/75, nel testo riformato dall’articolo 11, secondo comma della legge 526/99. con specifico riferimento al caso in esame, deve rilevarsi che, da una parte, il ritardo nell’aggiornamento del catalogo delle armi comuni da sparo è una situazione di fatto contra legem e, perciò, inidonea a determinare qualsiasi effetto giuridico e, dall’altra parte, il laconico riferimento alla “potenza lesiva” dell’arma in sequestro, oltre a essere assolutamente generico, è inconducente ai fini della decisione, poiché la modesta capacità offensiva dell’arma è presunta per legge in modo assoluto e, quindi, non è ammessa la prova contraria. Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio dovendo pronunciarsi nei confronti del ricorrente sentenza assolutoria con la formula indicata in dispositivo.

PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sono previsti dalla legge come reato.