Questura di Bergamo: ma cosa sta succedendo?

Secondo numerose segnalazioni che ci sono pervenute, la questura di Bergamo avrebbe di punto in bianco assunto una curiosa interpretazione sulle munizioni per carabina in determinati calibri. Quale?

Come se già non bastasse una normativa a dir poco farraginosa in materia di armi, a complicare le cose ci pensano le singole questure che, ormai sembra un’abitudine diffusa, non possono apparentemente esimersi dal creare dal nulla prassi e interpretazioni innovative, fantasiose e comunque non rispondenti alla norma.

In questo caso, diversi appassionati ci stanno riferendo (anche sui Social) in queste ore che la questura di Bergamo, in modo del tutto indipendente e arbitrario rispetto alla prassi di tutte le altre questure d’Italia, avrebbe iniziato a obbligare coloro i quali vanno a rinnovare la denuncia armi (per acquisti o vendite), di denunciare calibri come il .223 Remington o il 7,62×39 nel limite massimo di 200 cartucce, anziché quello normale di 1.500 cartucce, in quanto (sempre secondo quanto riferito dagli appassionati) tali cartucce sarebbero “comuni” e non “da caccia”. Sempre secondo gli appassionati che si sono rivolti a noi, la questura avrebbe giustificato tale nuova prassi con una fantomatica circolare ministeriale, risultata però allo stato attuale ignota a tutte le altre questure del Centro-Nord Italia che abbiamo consultato.

È opportuno ricordare che il limite sulla detenzione di munizioni è stabilito dall’articolo 97 del regolamento di esecuzione al Tulps, il quale lo fissa a 200 cartucce per pistola o rivoltella e 1.500 cartucce per fucile da caccia. Cosa siano le cartucce “per fucile da caccia” è stabilito invece dall’articolo 13 della legge 157/92: “L’attività venatoria è consentita con l’uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40”, e ancora “Per armi da caccia di cui al comma 1 dell’articolo 13 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, s’intendono, tra i fucili ad anima rigata, le carabine con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica, qualora siano in essi camerabili cartucce in calibro 5,6 millimetri con bossolo a vuoto di altezza uguale o superiore a millimetri 40, nonche’ i fucili e le carabine ad anima rigata dalle medesime caratteristiche tecnico-funzionali che utilizzano cartucce di calibro superiore a millimetri 5,6, anche se il bossolo a vuoto e’ di altezza inferiore a millimetri 40”.

Ne consegue che sia il .223 Remington, sia il 7,62×39, sono cartucce per fucile da caccia, e decine, se non centinaia, sono le armi a ripetizione manuale o semiautomatiche classificate dal Banco di prova, che rientrano tra le armi da caccia, in quanto non ricadenti nella categoria B9. E questo al di là del fatto che l’arma o le armi detenute dal singolo cittadino in quel calibro, siano o meno “da caccia”, in quanto anche se il cittadino in questione detenesse anche solo armi sportive, le munizioni sarebbero comunque “per fucile da caccia”. Questa è la norma e, soprattutto, questo è il significato che pacificamente tutte le questure italiane finora hanno attribuito alla norma, senza particolari problemi interpretativi di sorta. Almeno, fino a oggi. Non si comprende, quindi, in base a quale fondamento giuridico la questura di Bergamo abbia ritenuto di assumere questa iniziativa, per parte nostra possiamo solo suggerire agli appassionati che, nel momento in cui la questura dovesse chiedere loro una qualsiasi condotta difforme dal consueto, se lo facciano disporre per iscritto, con la firma del funzionario preposto. Occorre anche ricordare agli appassionati che la denuncia delle armi non è una istanza che si rivolge alla questura, bensì una mera presa d’atto. Di conseguenza la questura non può imporre al cittadino di modificarla (qualora ritenga che contenga informazioni contra legem potrà prendere tutte le iniziative del caso, assumendosene però la relativa responsabilità).