Uno scritto della Lega antivivisezionista (Leal), che dalla sigla non capiamo cosa centri con animali selvatici e gestione, se la prende con il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, proprio in tema di gestione degli animali selvatici. Al di là del guazzabuglio di indicazioni in ordine sparso, su alcuni punti, e uno in particolare, ha proprio inciampato, facendo più male dell’abbattimento della stessa orsa Amarena: ostinandosi, cioè, a vedere “orsacchiotti” da accudire nei paesi, e non animali veramente selvatici. La soluzione proposta per coniugare il benessere animale con le attività umane sono i corridoi ecologici: peccato che questi ultimi non siano gonfiabili istallabili in un paio di ore. Banalmente, quando una strada entra in una galleria, la montagna o collina sovrastante è proprio questo: un corridoio ecologico che gli animali sono liberi di attraversare. Ma chi conosce la fauna sa bene che passano dove e quando vogliono loro, non conoscono passaggi pedonali, attraversano e basta. Altra scivolata è leggere che “…non siamo la specie eletta che crediamo di essere, non siamo una specie superiore alle altre…” Vorremmo far capire che invece siamo proprio questo. Aldilà dei danni che facciamo con la nostra specie, parallelamente abbiamo evoluto la vita e il mondo. Gli orsi sono rimasi orsi, con tutti i loro meriti. Noi abbiamo costruito una vita possibile a miliardi di nostri simili. E proprio perché superiori, siamo giunti a comprendere che ogni altro essere va salvaguardato e curato. Il peggio però è buttare in pasto al pubblico che il Parco, chiamano Ente Pubblico, “…deve saper tutelare la sottospecie del marsicano nel modo adeguato”, tra l’altro “GUARDANDO CON OCCHIO BENEVOLO chi contribuisce alla sopravvivenza dei cuccioli (anziché denigrare)”. Il riferimento, tutt’altro che velato, è nei confronti di chi li nutre di nascosto. Questa affermazione è più pericolosa del fucile con cui è stata ammazzata Amarena. Tutti gli enti che si occupano di conservazione faunistica, compreso il Parco d’Abruzzo, si dissanguano nel cercare di far capire di non alimentare mai gli animali selvatici, perché i danni che questa pratica può causare sono incalcolabili e irreversibili. Questa dell’alimentazione maniacale umana, che scaturisce dall’idea che gli animali non ce la fanno da soli, non è salvaguardia della Natura. È comportamento da gattari seriali, con tutto il rispetto per i gatti. Che generano poi gli orsi che ritornano nei paesi.
Questo stesso malcostume ha fatto nascere quell’esercito di pecore travestite da cervi, ormai persi, ecologicamente parlando, che mendicano nei paesi del Parco d’Abruzzo. E qui sì che il Parco dovrebbe intervenire duramente, perché le sole raccomandazioni non bastano più. Infatti dopo soli 2 giorni che avevamo scritto sul pericolo relativo alla troppa confidenza delle persone nei confronti di questi animali, a Scanno, nei pressi dell’omonimo lago, un cervo maschio ha caricato un gruppo di turisti troppo confidenti. Intervenuti i Carabinieri forestali, il cervo li ha trattati nella stessa maniera. Ed è andata bene che nessuno si è fatto davvero male. Solo fortuna, visto che non ci voleva una grande fantasia per prevederlo. Lo stesso sindaco, Giovanni Mastrogiovanni, sta valutando un’ordinanza per applicare distanze di sicurezza. Sempre dopo l’accaduto? E siccome ora il sindaco parla di tutelare i cittadini, ma anche l’animale, potremmo suggerirgli di cominciare a proibire l’avvicinamento e il nutrimento di questi animali. Visti i davanzali con cibo sempre disponibile. E nel frattempo applicare nei loro confronti una forte dissuasione. Non dicono sempre che la casa di questi animali è il bosco? Bene, rimandiamoceli.